Risiko Russia. Iran, Siria e Afghanistan: scenari della nuova guerra fredda con gli Usa

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 28 Dicembre 2012 - 15:04| Aggiornato il 24 Gennaio 2013 OLTRE 6 MESI FA
Risiko Russia. Iran, Siria e Afghanistan: Stati-chiave della nuova guerra fredda con gli Usa (la mappa è di Limes)

MOSCA* – La Russia sta rimescolando le carte della sua diplomazia in Medio Oriente, in Asia centrale e nel subcontinente indiano. Alcune relazioni privilegiate, che durano da mezzo secolo, come quelle con Siria e Iran, potrebbero soffrire la concorrenza dei legami sempre più stretti che si stanno venendo a creare fra i russi e altri Paesi dell’area, come l’Iraq o il Pakistan.

Lo sviluppo di queste relazioni dipende da una serie di fattori, come i cambiamenti politici in seguito alla Primavera araba, il riemergere dell’Iraq come uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio e l’imminente ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan.

Questa parte dell’Asia sarà anche di vitale importanza per i rapporti di forza fra la Russia e l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti. La tensione fra gli interessi diretti dei russi in Medio Oriente e i loro rapporti con gli americani sarà determinante per comprendere le future mosse di Mosca nella regione. Per capire come una tensione continua fra Russia e Usa potrebbe evolvere in una nuova guerra fredda.

Un po’ di storia. La Russia ha sempre considerato il Medio Oriente e il subcontinente indiano come una sua zona d’influenza – va ricordato il “Grande gioco” per l’egemonia sull’Asia fra l’impero russo e quello britannico. Ma il quadro delle attuali relazioni fra la Russia e l’area compresa fra il Mediterraneo e il golfo del Bengala si è definito nel periodo della Guerra Fredda. Durante il quale quell’area è stata uno dei principali scacchieri nella partita fra le due superpotenze, Urss e Usa.

Finita la Seconda guerra mondiale, l’indebolirsi dell’influenza nella regione di Gran Bretagna e Francia ha spalancato le porte all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti, che sono diventati i due attori più importanti nel teatro sub-asiatico e mediorientale. Nazioni come la Turchia e l’Iran inizialmente si collocarono sotto l’ombrello americano e furono dei Paesi-chiave nella strategia di contenimento degli Usa contro i sovietici.

Per ritagliarsi un suo spazio nella regione, l’Urss favorì e sostenne la nascita di regimi militari para-socialisti in gran parte del Medio Oriente. Successe per esempio in Egitto, in Siria, nello Yemen del sud, in Libia e in Iraq. Regimi che ricevettero da Mosca assistenza militare e finanziaria, tecnici specializzati, protezione internazionale. In cambio questi regimi fecero una scelta di campo e scelsero, fra le due superpotenze, di collocarsi sotto l’influenza dell’Unione sovietica. Mosca sostenne in maniera più o meno occulta partiti comunisti, socialisti e marxisti in molti Paesi dell’area.

Nel subcontinente indiano, i sovietici svilupparono ottime relazioni commerciali con l’India, ma il Paese diventato indipendente sotto la guida di Gandhi rimase una delle nazioni non-allineate, mentre il rivale Pakistan avvicinava di più le sue posizioni a quelle americane. Fino a quando l’Urss non decise di invadere l’Afghanistan e impegnarsi in un fallimentare conflitto durato un decennio, dal 1979 al 1989.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica (del quale la campagna afghana fu uno dei motivi), la Russia rivolse tutte le sue attenzioni alla situazione interna, lasciando campo libero agli Stati Uniti, che indubbiamente estesero la loro influenza in Asia. Ma se i russi si erano momentaneamente ritirati, la loro presenza nella regione non era certo evaporata. Non si sono mai interrotte le esportazioni di armi dalla Russia verso numerosi Paesi mediorientali e sub-asiatici, come la Libia o l’India, per fare due esempi importanti. E le basi navali dei russi in Siria non sono mai state toccate.

Sebbene fosse finita la Guerra Fredda, alla Russia serviva ancora continuare a fare “braccio di ferro” con gli americani per farsi valere nello scacchiere asiatico-mediorientale, soprattutto quando gli Stati Uniti, nei primi anni Zero, ritornarono all’uso della forza invadendo l’Afghanistan e l’Iraq, mentre i russi, sotto la guida di Vladimir Putin, erano ridiventati una potenza regionale.

Esattamente come è successo in passato, le relazioni fra la Russia e le nazioni di quest’area non sono uniformi. Le potremmo suddividere in tre categorie: quelle con i Paesi che sono importanti per i russi da un punto di vista commerciale; i Paesi che potrebbero creare problemi alla sicurezza della Russia; i Paesi che sono strategici nei rapporti di forza con gli Stati Uniti e l’Occidente.

Gli affari. La Turchia, nella regione, è il più importante partner commerciale della Russia, un rapporto alimentato dalle consistenti esportazioni di petrolio e gas russo verso la Turchia. I russi continuano anche ad esportare massicciamente armi verso l’India, l’Iran, la Siria e l’Algeria. Mosca fornisce a Iran e Siria carri anti-missile, a India e Algeria sottomarini e caccia-bombardieri.

Le minacce. I Paesi che confinano direttamente con le ex repubbliche sovietiche sono quelli che pongono i problemi più immediati di sicurezza per Mosca. In testa a tutti la Turchia, che confina con gli stati caucasici della Georgia, dell’Armenia e dell’Azerbaigian. È un membro della Nato ed è potenzialmente uno dei partecipanti al programma di scudo spaziale portato avanti dalla Nato (leggi: Stati Uniti). Russia e Turchia sono da sempre potenze rivali nell’area che va dal Caucaso all’Europa dell’Est, inclusi i Balcani, la Moldavia, l’Ucraina. Sebbene la Russia sia al momento più forte nella regione, la Turchia l’ha più volte sfidata, in particolare con il suo appoggio politico e militare all’Azerbaigian, repubblica a maggioranza musulmano-sciita. E mano mano che i turchi espanderanno la loro influenza, sarà molto difficile per loro non entrare in attrito con gli interessi russi. Il patto commerciale fra le due nazioni mitiga parzialmente la loro rivalità, ma non le preserva da possibili conflitti.

La seconda minaccia è l’Iran, che confina direttamente con le ex repubbliche sovietiche del Caucaso e dell’Asia centrale. Nonostante l’influenza dell’Iran in entrambe quelle regioni sia limitata e che la gran parte delle attenzioni di Teheran siano concentrate sul suo fronte occidentale (Iraq, Siria e Turchia), i russi guardano con preoccupazione ai legami iraniani con Paesi come il Tagikistan e l’Azerbaigian. E si aspettano che l’Iran avrà un’influenza maggiora sul confinante Afghanistan, una volta ritiratisi gli americani. Inoltre, nonostante la Russia stia aiutando l’Iran nella costruzione della centrale nucleare di Bushehr, è preoccupata quanto l’Occidente dello sviluppo del programma nucleare iraniano. Un Iran con l’atomica è uno storico rivale della Russia con l’atomica.

La terza minaccia è l’Afghanistan, confinante con le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale come il Turkmenistan, l’Uzbekistan e il Tagikistan. Preoccupa i russi l’instabilità (ormai ultratrentennale) del Paese e l’attività dei guerriglieri (talebani e non) nel teatro afghano-pakistano (Afpak), attività che potrebbe tracimare anche in Asia centrale, fino nel territorio russo. È un pericolo con il quale la Russia dovrà fare in conti, soprattutto dopo che gli americani e le forze Nato si saranno ritirati da Kabul.

In ultimo, la Russia è preoccupata dalla diffusione del radicalismo islamico in tutto il Medio Oriente, nell’Asia centrale e nel subcontinente indiano. Un assaggio lo ha sperimentato direttamente con le due guerre di Cecenia negli anni 90, mentre l’espandersi dei movimenti estremisti islamici ha minacciato di destabilizzare la Russia in altre regioni come il Tatarstan e il Bashkortostan. Fondamentale per questi gruppi ultraconservatori e islamisti attivi nell’area è stato il sostegno dell’Arabia Saudita, il che ha causato numerose tensioni fra i russi e i sauditi, tanto quanto il sostegno di Mosca ai regimi di Siria e Iran. Sebbene l’Arabia Saudita, dopo l’11 settembre, abbia ridotto molto i suoi rapporti con gli estremisti islamici (terroristi e non). Ma è una tendenza che potrebbe bruscamente invertirsi se la Russia dovesse fornire armi agli sciiti in Iraq o dovesse estendere la sua influenza in Afghanistan.

Il braccio di ferro con America e Occidente. Più strategici di quei Paesi che potrebbero minacciare la sicurezza della Russia (minacce che sono state più o meno tenute a bada nell’ultimo decennio), sono quei Paesi che i russi potrebbero usare per guadagnare forza e potere negoziale nei confronti dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti.

L’Iran è lo stato-chiave. La tensione fra Teheran e l’Occidente causata dal programma nucleare e la preoccupazione per l’ascesa dell’Iran come potenza regionale hanno dato alla Russia l’occasione di inserirsi fra i due contendenti per acquistare più peso politico. La Russia è direttamente coinvolta nel programma nucleare iraniano. Come abbiamo visto, collabora nella costruzione della centrale di Bushehr, anche se ha finito di aiutare i ricercatori iraniani nello sviluppo di armi nucleari. La Russia ha iniziato le trattative con l’Iran per vendere il sistema di difesa aerea S-300, anche se non le porterà a termine finché potrà usarle come merce di scambio con gli Stati Uniti, se gli americani continueranno nell’installazione di impianti missilistici e basi militari negli stati confinanti con la Russia, ex repubbliche sovietiche comprese.

Un altro stato strategico è la Siria. La Russia ha relazioni consolidate con Damasco, che implicano massicce esportazioni di armi. E l’unico accesso diretto dei russi nel Mediterraneo è il porto siriano di Tartus. Mosca non è stata in grado di contrastare l’intervento militare degli americani in Iraq, ma il sostegno finanziario e militare dei russi al presidente siriano Bashar al-Assad è finora il vero motivo per il quale quel regime è ancora in piedi. La Russia è stata coinvolta in tutti i negoziati più importanti sul destino della Siria e ha contatti sia col regime che con gli oppositori. La sua posizione è determinante per il futuro dei siriani.

E poi c’è l’Afghanistan. Dove è minacciata anche la principale rete dei rifornimenti al Paese, il Northern Distribution Network, che passa dal Pakistan e include la Russia e le repubbliche ex sovietiche, rete che negli anni è diventata la principale arteria logistica per le operazioni Nato in Afghanistan. Riuscire a garantire la sicurezza del Northern Distribution Network, che transita in parte sul suo suolo, ha dato e continua a dare alla Russia una carta pesante da giocare con gli Stati Uniti in uno scacchiere importante come l’Afghanistan, almeno fino a quando – nel 2014 – gli americani non se ne andranno.

*Questo articolo è in gran parte la traduzione di un report di Stratfor, una “Cia privata” con sede ad Austin (Texas) fondata da George Friedman, politologo e analista. Da notare come in tutto il report, incentrato sul Medio Oriente e sull’Asia centrale, non si nomini una sola volta al-Qaeda.