Non c’è nulla di strano negli orfanotrofi in Russia. Anche qui ci sono stanze piene di bambole e trenini, animaletti di peluche per la gioia di ogni bambino. Ci sono terapisti del linguaggio e infermiere 24 ore su 24. Sembra un luogo dove la “ricetta dell’amore” funziona. Peccato che nessuno viene a conoscere questi bambini. Non ci sono visite per le adozioni nè incontri con i futuri genitori.
Sono infatti davvero pochi i piccoli adottati da coppie russe o straniere. Quelli che non ce l’hanno fatta a entrare nelle grazie di mamma e papà sparsi sull’emisfero, a 7 anni sono già considerati “troppo vecchi” per restare. E, a mo’ di pacchi, verranno spediti in un altro orfanotrofio. Riflesso dell’intrecciato sistema che, in Russia, assomiglia di più a un deposito di qualche magazzino che a un’istituzione nata per trovare una vera famiglia a chi non ce l’ha.
Il caso della donna americana che ha rispedito al mittente un bimbo russo di 7 anni, con tanto di biglietto nel quale avvisava le autorità che non lo voleva più, ha fatto il giro del mondo. Già, perché il «pacco» di nome Artem Saveliev, adottato da una single del Tennesse nel settembre scorso e rimandato indietro sette mesi più tardi, era «troppo violento e con gravi problemi psicologici e comportamentali». Il comportamento della donna è stato motivo di grande indignazione per i vertici russi e ha focalizzato l’attenzione sulla situazione delle adozioni internazionali. Ma ha finito per oscurare la questione fondamentale. E cioè che in Russia ci sono troppi orfani e troppi orfanotrofi.
Nel Paese sono registrati come orfani “ufficiali” più bambini che durante la Seconda guerra mondiale: attualmente sono 697.000 e allora, quando infuriava la distruzione, negli anni ’40, erano 678.000. Ma due terzi degli attuali «orfani» sono in realtà «orfani sociali», vale a dire i loro genitori sono ancora vivi. Lo ha dichiarato alla Duma Yelena B. Mizulina, presidente della commissione parlamentare per la famiglia, le donne e i bambini.
Due anni fa il Parlamento approvò una legge sull’assistenza agli orfani, e da allora «di quasi due volte è aumentato il numero delle restituzioni di orfani dalle famiglie adottive agli orfanotrofi». «Gli esperti – ha detto Mizulina – ritengono che ciò rappresenti uno schiaffo umanitario contro i bambini: prima i loro genitori biologici li hanno rifiutati, e poi anche quelli adottivi». Secondo la deputata, negli ultimi due anni sono stati restituiti agli orfanotrofi circa 30.000 bambini adottati. Questa situazione si è creata perché nessuno si prende cura dei genitori adottivi, non offre loro varie forme di assistenza, afferma il presidente. Inoltre, a suo parere, le tendenze negative sono in gran parte provocate dalla «commercializzazione stessa del processo di adozione degli orfani».
«Molti – afferma la deputata – adottano dei figli per ottenere beni materiali che poi in realtà non arrivano, per cui i genitori adottivi si vedono incentivati a restituire i bambini, senza preoccuparsi dei danni psicologici che infliggono loro». Una situazione dovuta al degrado sociale delle grandi città come Mosca e San Pietroburgo, dove molta gente, nelle periferie, ma non solo, vive ancora nelle “khrushchoby” (le “baracche di Khrusciov”), i casermoni costruiti in fretta negli anni ’60 del secolo scorso, oggi spesso fatiscenti o insufficientemente restaurati, a fronte dei nuovi condomini che sorgono in città o nei dintorni più attraenti.
Una tale situazione riguardante l’abuso nel settore delle adozioni, si intreccia con dati ancora più drammatici che vengono denunciati, ma con scarso successo, da vari esponenti del mondo politico e dell’assistenza umanitaria. Oltre ai dati sulle adozioni, la radio Ekho Moskvy ha dato spazio nei giorni scorsi a quelli riferiti dal commissario per i diritti dell’infanzia Pavel Astakhov: nell’ultimo anno ben 100.000 bambini sono stati vittime di violenze da parte di adulti, 2.000 bambini uccisi, 600 spariti nel nulla.
Astakhov ha proposto che nel Paese venga riorganizzato e umanizzato il sistema di mantenimento e istruzione negli internati per i bambini che hanno problemi sociali in famiglia. «Gli internati – ha lamentato il commissario – sono una forma di istituto molto chiusa, bisogna riorganizzarli, trasformarli in case-famiglia per bambini, costruite secondo il principio delle piccole famiglie. La riorganizzazione degli internati – ha aggiunto – è un nostro dovere per i bambini che vivono sotto la protezione dello Stato». E poi c’è il problema dei bambini che scappano di casa e semplicemente scompaiono. «Spariscono e non si trovano più – ammette Astakhov. E ogni anno il loro numero aumenta. Sommando i casi degli ultimi anni arriviamo a circa 600 minori spariti nel nulla. Non dobbiamo dire che sono pochi: è una cifra enorme».
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