WASHINGTON – La diplomazia internazionale liquida Bashar el Assad. La Casa Bianca ha fatto sapere senza mezzi termini che “nel processo di transizione in Siria non ci può essere spazio per Assad”, che, secondo Washington, ha “ormai perso ogni credibilità”.
Gli Stati Uniti insistono a non voler coinvolgere l’Iran negli sforzi per superare la crisi siriana. Ma gli Usa, ha detto il portavoce Jay Carney, intendono continuare a collaborare con i Paesi che vogliono un futuro democratico per il popolo siriano.
Anche il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, attraverso l’inviato speciale in Siri Kofi Annan, ha annunciato che deciderà entro qualche giorno le prossime mosse per cercare di mettere fine alla violenza in Siria. Ma l’Onu appoggia il sostegno di Teheran alla transizione politica in Siria gestita dai siriani stessi.
Completamente diverso il parere, e soprattutto l’agire, della Russia. Mosca ha fatto sapere di voler rispettare il contratto che prevede la fornitura alla Siria del sistema di difesa antiaerea.
il vice direttore del Servizio federale di cooperazione militare russo, Vyacheslav Dzirkaln, ha detto che la Russia intende rispettare i contratti siglati nel 2008, anche se non ne verranno siglati di nuovi.
Eppure due giorni fa lo stesso Dzirkaln aveva detto che la Russia non avrebbe consegnato alla Siria i 40 jet militari Yak-130, come da accordo del 2011, fino a quando la situazione nel Paese arabo non si fosse risolta.
Il progetto di risoluzione sulla Siria che i Paesi occidentali intendono sottoporre al Consiglio di sicurezza dell’Onu prevede un ultimatum di 10 giorni al regime di Damasco per far cessare l’uso di armi pesanti contro le città ribelli siriane, dietro pena di sanzioni. Il Consiglio dovrebbe riunirsi nei prossimi giorni, presumibilmente prima della scadenza, il 20 luglio, della missione Onu (Unmis).
Il testo della bozza stabilisce che trascorsi i dieci giorni, se non saraà cessato l’uso di armi pesanti, il Consiglio “imporrà imediatamente le misure previste dall’art.41 della carta dell’Onu”.
Morti e scontri. Intanto mercoledì 11 luglio sarebbero morti 23 civili, 18 militari e 11 insorti. A Damasco si continua a combattere. Centinaia di giovani si sono radunati nel quartiere commerciale di Mezzeh, nella parte orientale della città, e hanno intonato slogan di protesta contro il regime, sfidandone apertamente la repressione.
Sempre mercoledì l’ambasciatore siriano in Iraq, Nawaf al-Fares, ha annunciato che non appoggerà più il regime di Bashar al-Assad bensì l’opposizione. Si tratta della prima defezione di un rappresentante diplomatico, che arriva dopo quella di uno dei generali più vicini ad Assad. Secondo il Consiglio nazionale siriano “non sarà l’ultima. Siamo in contatto con diversi ambasciatori”.
L’ambasciatore siriano in Iraq ha dichiarato pubblicamente di essersi “unito alla rivoluzione”. “Dichiaro di essermi unito, da questo momento, alle file della rivoluzione del popolo siriano”, ha dichiarato Nawaf al-Fares in un video postato su Facebook, senza dare indicazioni su dove si trovi.