Thailandia. Protesta si allarga, 150 mila in piazza contro governo Yingluck

Pubblicato il 22 Dicembre 2013 - 18:00 OLTRE 6 MESI FA
Le proteste a Bangkok

Le proteste a Bangkok

THAILANDIA, BANGKOK – Sono 150.000, secondo le stime della polizia, i thailandesi che stanno manifestando per le strade di Bangkok chiedendo le dimissioni del governo di Yingluck Shinawatra. Altre migliaia di dimostranti, soprattutto donne, si sono riunite davanti alla residenza del primo ministro. “Il popolo chiede riforme prima di qualsiasi elezione”, ha affermato tra gli applausi Suthep Thugsuban, da due mesi figura di punta della protesta.

L’opposizione thailandese boicotterà le elezioni del 2 febbraio, allineandosi di fatto con la protesta anti-governativa che da novembre spinge per un “colpo di stato del popolo” che faccia cadere l’esecutivo di Yingluck Shinawatra. Una scelta che rende ancora più incerto il quadro politico in un Paese sempre più spaccato, lasciando intravedere nuove occasioni di instabilià in vista del voto.

E’ stato direttamente il leader del Partito Democratico, Abhisit Vejjajiva, ad annunciare il boicottaggio, deciso all’unanimità: “La politica thailandese si trova sul punto del fallimento”, ha detto l’ex premier, a capo di un movimento che non vince alle urne dal 1992 e che appare incapace di competere nel popoloso nord-est rurale del Paese, che dal 2001 ha consentito al blocco del magnate Thaksin Shinawatra – ex premier e fratello dell’attuale primo ministro – di vincere cinque elezioni consecutive.

Tra le posizioni dei Democratici e quelle della protesta guidata dall’ex vicepremier Suthep Thaugsuban, le differenze sono ormai minime. Sebbene diversi dirigenti del partito, tra cui lo stesso Abhisit, abbiano presenziato ad alcune manifestazioni, finora la protesta era stata dipinta come una scelta personale di Suthep, una specie di crociata in nome della moralità alla quale i Democratici assistevano da lontano. Ma l’oculato contenimento della crisi da parte di Yingluck, che conta di potersi legittimare nuovamente alle urne dopo il trionfo del 2011, ha alimentato la frustrazione del partito, espressione del sud monarchico-nazionalista e di una “Bangkok bene” che ha paura di perdere i tradizionali privilegi.

Convinti che Thaksin “compri” i voti delle classi medio-basse con delle politiche “populistiche”, i Democratici sanno anch’essi di non poter competere attualmente alle urne. Da qui la vaga richiesta di “riforme” espressa domenica , prontamente rintuzzata da una Yingluck che si è detta disponibile a mettere mano al sistema, ma solo dopo il voto. Tra mille ambiguità e sottintesi, le “riforme” evocate dall’opposizione mirano in sostanza a ridurre il potere elettorale della maggioranza pro-Thaksin, nel quale non riesce a fare breccia.

La protesta guidata da Suthep si pone l’obiettivo di istituire un “Consiglio del popolo”, nominato dagli ambienti monarchici, nel contesto della crescente angoscia che l’avvicinarsi della successione dell’anziano re Bhumibol (86 anni, sul trono dal 1946) provoca in molti thailandesi che hanno conosciuto solo questo sovrano, e che accusano Thaksin di voler instaurare una repubblica.

Con il solo partito di governo in lizza, non è  scontato che le elezioni si terranno o saranno riconosciute valide, specie tenendo conto dei precedenti del 2006. In quell’anno i Democratici boicottarono un voto anticipato indetto da Thaksin nel tentativo di placare proteste simili a quelle odierne. Le elezioni furono in seguito invalidate e pochi mesi dopo l’esercito depose il premier con un golpe. Nel 2008, invece, due altri esecutivi filo-Thaksin furono sciolti con l’intervento della magistratura.