Trump minaccia l’Iran: “Pronti a reazione spropositata. Individuati 52 siti da colpire”

di Lorenzo Briotti
Pubblicato il 6 Gennaio 2020 - 08:39 OLTRE 6 MESI FA
donald trump foto ansa

Donald Trump (foto Ansa)

WASHINGTON  – Gli Stati Uniti sono pronti a colpire 52 obiettivi in Iran, compresi alcuni siti di rilevanza culturale. L’ultima minaccia di Donald Trump viaggia sull’ennesimo tweet, sparato per mettere in guardia il regime degli ayatollah dal compiere rappresaglie dopo l’uccisione del generale Qassem Soleimani.

Un’uscita che appare totalmente fuori le righe, che alimenta ulteriormente le tensioni con Teheran e che sta creando un grande imbarazzo all’interno dell’amministrazione Usa. Attaccare luoghi che rappresentano la storia e la tradizione di un Paese è infatti per il diritto internazionale un crimine di guerra: lo prevedono il trattato dell’Aja, il protocollo di Ginevra e la risoluzione varata dall’Onu contro le devastazioni dello Stato Islamico in Medio Oriente. Ancora una volta Trump spiazza tutti, coglie di sorpresa anche i suoi più stretti collaboratori, con un Pentagono in grande difficoltà che rinvia alla Casa Bianca ogni spiegazione sull’inquietante quanto improbabile cinguettio del presidente.

Tocca poi al segretario di stato Mike Pompeo tentare di correggere il tiro, costretto a fare il giro delle reti televisive per spiegare che ogni azione decisa dagli Usa contro l’Iran “sarà pienamente legale e avverrà nell’ambito e nel rispetto delle regole internazionali, come è sempre avvenuto”.

Trump spiega che gli obbiettivi sono di altissimo livello e molto importanti per l’Iran e e la cultura iraniana”. Trump aggiunge che “gli Stati Uniti non accettano più minacce” ed ha spiegato che il numero 52 corrisponde “agli ostaggi americani tenuti in ostaggio per più di un anno dalla fine del 1979 presso l’ambasciata americana in Iran”. Non solo: in serata il capo della Casa Bianca è tornato a comunicare via social sottolineando che “se l’Iran dovesse attaccare qualunque persona o obiettivo americano gli Stati Uniti colpiranno subito anche in maniera sproporzionata”.

Iran risponde: “35 target americani da colpire”

Teheran intanto assicura di avere anch’essa una lista di target americani da colpire, ben 35. Ma – assicura Houssein Dehghan, consigliere militare dell’ayatollah Ali’ Khamenei – si tratta unicamente di obiettivi militari. Così Trump viene definito “un terrorista con la cravatta”, e le sue parole “ridicole ed assurde”. Alcuni esponenti del regime paragonano il tycoon all’Isis, ad Adolf Hitler e a Gengis Khan. “Per millenni – è la risposta del ministro degli esteri Javad Zarif – barbari sono venuti ad attaccare le nostre città, radendo al suolo i nostri monumenti e bruciando le nostre biblioteche. Dove sono loro ora? Noi siamo ancora qui e a testa alta!”.

L’incauta mossa del presidente americano, dunque, rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang. L’indignazione per le sue parole è mondiale, visto che la minaccia riguarda una delle regioni che sono state la culla di alcune delle civiltà più antiche, con aree monumentali che sono patrimonio dell’umanità e che risalgono all’antica Persia, all’epoca di Alessandro Magno e alla storia dell’Islam. Sono in tutto 24 i siti protetti dall’Unesco in Iran, tra cui i resti dell’antica città di Persepoli, la grande moschea di Esfahan, o il Palazzo del Golestan nel cuore di Teheran. Sui social media qualcuno ironizza sulle ultime mosse di Trump, e si chiede se il tycoon pensi ancora di essere il lizza per il premio Nobel per la pace.

Trump e le armi americane “nuove di zecca”

“Ci hanno attaccato e noi abbiamo contrattaccato. Se attaccano di nuovo, cosa che consiglio vivamente di non fare, li colpiremo più forte di quanto non siano mai stati colpiti prima!”, ha scritto Trump su Twitter. Il presidente Usa ha poi aggiunto che se Teheran deciderà di prendere di mira una base o cittadini statunitensi dovrà affrontare una dura risposta, dal momento che gli Stati Uniti hanno appena speso 2 mila miliardi di dollari in attrezzature militari “nuove di zecca”: “Gli Usa hanno appena speso due mila miliardi di dollari in equipaggiamento militare. Siamo i più grandi e di gran lunga i migliori del mondo! Se l’Iran attacca una base Usa, o qualsiasi cittadino statunitense, invieremo a loro modo alcune di queste meravigliose nuove attrezzature… e senza esitazione!”, ha twittato Trump.

Iraq, Parlamento: “Militari americani devono essere cacciati”

I militari americani devono essere cacciati dall’Iraq: è quanto ha chiesto domenica 5 gennaio il Parlamento iracheno al governo di Baghdad. La prima risposta al blitz americano in cui venerdì notte è stato ucciso il generale Qassem Soleimani è di natura politica, ma potenzialmente più incisiva dell’attesa rappresaglia iraniana. Con un’altra contromossa, Teheran ha annunciato un’ulteriore riduzione dei suoi obblighi relativi all’intesa nucleare del 2015, riservandosi di rendere operativo un numero illimitato di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.

Intanto da Ahvaz, nel sud-ovest dell’Iran, a Mashhad, città santa sciita nel nord-est, una marea umana si è radunata per l’ultimo saluto al capo della Forza al Qods dei Pasdaran e al suo fedele alleato Abu Mehdi al-Mouhandis, capo delle Brigate Hezbollah irachene alleate di Teheran. Una partecipazione in parte spontanea, in parte frutto di una mobilitazione organizzata dal regime, per dare una dimostrazione di compattezza in questa pericolosissima sfida con gli Usa. Un camion ornato di fiori e coperto da un telo con disegnata la cupola della Roccia di Gerusalemme ha trasportato le bare dei due ‘martiri’ facendosi strada lentamente attraverso la folla ad Ahvaz, capoluogo del Khuzestan, provincia devastata dalla guerra Iran-Iraq (1980-1988), durante la quale la stella del generale iniziò a brillare.

L’omaggio a Soleimani si è ripetuto a Mashhad, dove la grande partecipazione popolare, secondo le autorità, ha fatto allungare i tempi previsti, costringendole a cancellare le cerimonie in programma successivamente a Teheran. Domani, martedì 7 gennaio, è prevista la sepoltura del generale dei Pasdaran nella sua città natale, Kerman. Bandiere verdi dell’Islam e rosse a simboleggiare il sangue dei martiri sventolavano tra la folla, dalla quale si è levato a più riprese il grido di “Morte all’America”. Lo stesso slogan è stato scandito dai deputati durante una seduta del Parlamento di Teheran, che ha fatto appello alla rappresaglia contro gli Usa. 

Fonte: Ansa, Corriere della Sera