Tunisia, parla Ghannouchi, leader islamico in esilio: “Niente integralismo. Siamo per la democrazia”

Pubblicato il 17 Gennaio 2011 - 19:37 OLTRE 6 MESI FA

Rachid Gannnouchi

“Ben Ali ha cercato di associarci al fondamentalismo e all’integralismo, per giustificare la sanguinosa repressione del nostro movimento negli anni ’90, ma è una menzogna. Siamo per la democrazia, per lo statuto della donna in Tunisia che è il più moderno di tutto il mondo arabo. Il nostro partito rappresenta un Islam moderato e pacifico che nulla a che fare con quello dei nostri vicini. Siamo vicini al Partito della giustizia e dello sviluppo (l’Akp di Erdogan) in Turchia”.

Rachid Ghannouchi, leader storico del partito islamista tunisino Ennahda (Rinascita) messo al bando da Ben Ali e condannato all’ergastolo in contumacia nel 1992, in un’intervista a Liberation da Londra dove vive in esilio vuole rassicurare l’opinione pubblica internazionale preoccupata per una eventuale deriva integralista della Tunisia dopo la fuga del rais.

Il regime tunisino lo ha lungo schedato come il Khomeini della Tunisia, eppure fu proprio Ben Ali a concedergli la grazia annullando la condanna a morte inflitta da Bourguiba. In cambio, Ghannouchi eliminò ogni riferimento all’Islam dalla sigla del partito, accettò lo statuto della donna (in cui poligamia e ripudio sono eliminati) e l’aborto autorizzato. Ma quando alle elezioni del 1989 Ennahda pretese di aver ottenuto il 22% dei voti scattò la repressione: la paura di uno scenario all’algerina portò in cella 30mila fondamentalisti islamici, senza contare le torture e i “desaparecidos’. Con il plauso dell’Occidente che ha chiuso tutti e due gli occhi sulle violazioni delle libertà elementari in 23 anni di potere di Ben Ali.

“Oltre 400 membri del partito hanno ottenuto asilo politico in Occidente, e mai uno solo di loro è stato in questi anni sospettato di terrorismo”, sottolinea il sessantanovenne professore di filosofia che secondo Liberation “è tra i più brillanti pensatori dell’Islam politico della sua generazione assieme al sudanese Hassan el Turabi”.

Pochi lo conoscono in Tunisia, dove ha qualche migliaio di seguaci che a detta di tutti i cronisti non hanno avuto alcun ruolo nella Rivoluzione dei gelsomini che ha portato alla cacciata di Ben Ali. Pronto a rientrare a Tunisi, dice di non avere ambizioni politiche, di essere disposto a partecipare ad un governo di unione nazionale “se può essere utile al paese”, purché il partito del regime, l’Rcd, venga sciolto, condizione previa per elezioni democratiche e libere.

“Ennahda rappresenta un Islam moderato, ha imparato la lezione da quelli che come il Fronte islamico di salvezza in Algeria hanno voluto usare la violenza a fini politici. Nessuno di loro pronuncia parole d’ordine che facciano riferimento alla sharia, si può inscrivere nel gioco democratico al pari dei partiti cristiano-democratici in Europa”, afferma il politologo Ahmed Benani.

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