Usa, Corte Suprema. Sull’immigrazione per Obama vittoria a metà
WASHINGTON, STATI UNITI – La Corte Suprema degli Stati Uniti ha bocciato alcuni punti chiave della legge anti-immigrati dell’Arizona – fortemente avversata dalla Casa Bianca – ma ha di fatto salvato quella che puo’ essere definita la ‘colonna portante’ del controverso provvedimento: il potere per la polizia locale di fermare e controllare lo status di immigrazione di ogni persona sospettata di essere illegale, anche non in presenza di un reato.
Si tratta di una vittoria a meta’ per Barack Obama, che fin dall’inizio si e’ battuto contro quella che viene considerata una stretta senza precedenti sugli immigrati, varata originariamente in Arizona e in seguito ripresa da altri cinque Stati: dall’Alabama allo Utah, dalla Georgia all’Indiana, passando per la South Carolina. Una stretta definita dal presidente americano ”discriminante e contraria alle leggi federali”.
Tanto che nel commentare la sentenza, Obama ammette di essere soddisfatto a meta’, e ”preoccupato” per l’applicazione di un provvedimento che avrebbe dovuto essere dichiarato del tutto illegittimo. E che invece adesso – anche se depotenziato – mette a repentaglio i diritti civili di tanti cittadini. ”Nessun americano dovrebbe mai vivere sotto una nuvola di sospetto solo per il colore della propria pelle o per come si chiama”, denuncia il presidente.
Ma poteva andare peggio. Grazie alla sentenza, infatti, non potra’ essere considerato un reato cercare un’occupazione senza avere un permesso di lavoro oppure non avere con se’ i documenti quando si viene fermati dalla polizia. I giudici hanno anche rigettato una delle norme giudicate piu’ odiose, quella secondo la quale la polizia statale puo’ arrestare qualunque immigrato sia minimamente sospettato di aver commesso una irregolarita’ o un reato punibile con l’espulsione.
Al di la’ degli aspetti legati al rispetto dei diritti civili, in tutti questi tre casi i giudici parlano tra l’altro di ”indebita intrusione delle prerogative e della sovranita’ federali”. Insomma, ”il governo – hanno spiegato i giudici dopo la sentenza – mantiene un’ampia e indubbia competenza sulla materia dell’immigrazione e sulle decisioni che riguardano lo status degli immigrati”. Questo va incontro alla Casa Bianca che ha sempre sostenuto – e continua a sostenere incessantemente nel corso di questa campagna elettorale – la necessita’ di un riordino delle norme sull’immigrazione a livello federale.
Per il presidente Obama, infatti, la sentenza dei giudici supremi e’ un segnale ”chiaro ed inequivocabile” lanciato al Congresso perche’ agisca in tempi stretti varando ”una riforma complessiva sull’immigrazione”. perche’ ”avere tante leggi statali – spiega – non e’ una soluzione, ma parte del problema”.
L’avversario di Obama alle prossime elezioni presidenziali del 6 novembre, Mitt Romney, non ha perso occasione per attaccare la Casa Bianca su uno dei temi su cui il candidato repubblicano e’ piu’ debole. Per lui la sentenza dimostra come la visione del presidente americano sulle questioni legate all’ immigrazione non è in sintonia con le esigenze del Paese. Pronta la replica di Jay Carney, portavoce della Casa Bianca: ”Romney ha abbracciato la legge dell’Arizona come modello per l’intera nazione e questo fa capire come da parte repubblicana non vi sia alcun desiderio di lavorare assieme per una riforma bipartisan”.
Ora alla Corte Suprema l’attenzione si sposta sull’attesa sentenza sulla riforma sanitaria, la cosiddetta ‘Obamacare’. Il verdetto e’ atteso entro giovedi’ 28 giugno. E, rispetto a quello sull’immigrazione, il suo impatto potrebbe essere molto piu’ deleterio sull’esito della campagna elettorale. Soprattutto per le chance di rielezione di Obama, che della rifoma ha fatto un punto qualificante della sua presidenza.