Usa, elezioni. Santorum corre, ma non riesce a raggiungere Romney

Pubblicato il 15 Marzo 2012 - 12:04 OLTRE 6 MESI FA

Rick Santorum e Mitt Romney

WASHINGTON, STATI UNITI – Ancora una doppietta per Rick Santorum, ma Mitt Romney resta favorito. Il candidato cattolico ultraconservatore di origini italiane in una notte conquista le primarie repubblicane in Alabama e Mississipi, lasciando in entrambe i casi il frontrunner Romney in terza posizione, dietro l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich. Ma il vero flop della serata e’ proprio quest’ultimo, che puntava tutto sugli Stati del profondo sud dopo la vittoria in Georgia.

Romney, invece, si consola con la vittoria nelle Hawaii e resta il favorito nella corsa presidenziale, grazie al maggior numero di delegati finora conquistato. Al giro di boa di queste primarie (si e’ oramai votato in piu’ di 25 Stati) la partita in casa repubblicana e’ dunque ancora aperta, tutta da giocare. La preoccupazione ai vertici del partito e’ molta. Il presidente nelle preferenze degli elettori e’ infatti sempre in vantaggio su Romney e ancor di piu’ su Santorum.

Il ‘Santo’, come viene chiamato l’ex senatore della Pennsylvania, continua a dare filo da torcere a colui che fin dall’inizio viene considerato il predestinato. L’ex governatore del Massachusetts – che continua a non entusiasmare l’establishment del Grand Old Party, ma che viene considerato come il male minore – non e’ riuscito a sfondare in quello che e’ stato ribattezzato il ”SuperTuesday del profondo sud”. Non e’ riuscito a convincere un elettorato molto piu’ a destra rispetto alle sue posizioni moderate, e in questo ha fallito nella sfida che si era posto.

Ma i numeri sono per ora dalla sua parte. Nonostante i continui exploit di Santorum, Romney ha finora conquistato piu’ del doppio dei delegati rispetto al suo avversario. La strada da percorrere per raggiungere la fatidica soglia dei 1.144 delegati (quella necessaria per conquistare la nomination nella Convention repubblicana di Tampa del 27 agosto) e’ pero’ ancora lunga. Anche perche’ si deve votare in Stati come New York, California e Texas, che mettono in palio il maggior numero di delegati di queste primarie.

E mentre i candidati del Grand Old Party guardano gia’ alla prossima importante sfida del 20 marzo in Illinois (in casa di Obama che a Chicago ha il quartier generale della sua campagna elettorale), la vera incognita di queste primarie resta legata alle scelte di Gingrich. L’ex speaker della Camera – nonostante le insistenti voci su un suo imminente ritiro dalla gara – per ora non sembra voler mollare, prolungando di fatto la lotta fratricida tra i candidati repubblicani. Lotta senza esclusione di colpi che alla fine avvantaggia solo il presidente Obama.

Ma se Gingrich dovesse lasciare, quasi tutti gli osservatori sono concordi nel sostenere che ad avvantaggiarsene sarebbe soprattutto Santorum, il cui futuro in questa campagna elettorale – come sottolinea anche il New York Times – dipende proprio dalle prossime mosse dell’ex speaker della Camera. Se la maggior parte dei voti di Gingrich confluisse su Santorum, allora quello con Romney potrebbe divenire davvero un testa a testa, anche sul fronte dei numeri, della conquista dei delegati.

In entrambe gli scenari – Gingrich ancora in pista o Gingrich che si ritira – l’attuale inquilino della Casa Bianca puo’ stare tranquillo. Al momento l’unica cosa di cui potrebbe preoccuparsi – l’improvviso emergere di un candidato forte dall’altra parte – non è alle viste.

Archiviato il confronto in Alabama e Mississippi, la carovana delle primarie si sposta ora in Missouri, dove si votera’ il 17, sabato prossimo, e guarda all’Illinois, dove si votera’ il 20. In palio ci sono in tutto 121 delegati, un bel pacchetto. Ma seppure con trenta consultazioni gia’ alle spalle, appare ancora del tutto aperta la partita per arrivare alla fatidica soglia dei 1.144 delegati.

In testa c’e’ saldamente Romney, con gia’ nel paniere, secondo alcuni complicati calcoli, 496 delegati. Rick Santorum segue con 236, distaccando l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, con 141, e il deputato libertario Ron Paul, con 67, nessuno dei quali sembra pero’ avere alcuna intenzione di mollare la competizione, penalizzando così soprattutto la corsa di Santorum. Una situazione che d’altro canto gioca a favore della rielezione di Obama, il cui operato, secondo diversi recenti sondaggi gode l’approvazione del 50 per cento degli americani, contro il 41 per cento che la pensano in maniera opposta.

Si tratta di un dato che registra un miglioramento rispetto allo scorso febbraio. Altri sondaggi mostrano inoltre che il presidente avrebbe al momento la meglio su ognuno dei candidati repubblicani, la cui strada verso la nomination e’ comunque ancora lunga e in salita, e seminata di ”appuntamenti cruciali”, come quelli dello stato di New York, dove il 24 aprile in palio ci saranno 95 delegati, o quello del Texas, dove il 29 maggio gli sfidanti si contenderanno 155 delegati, o ancora, in California, il 5 giugno dove ce ne saranno in palio ben 172.

Diversi sondaggi nazionali prevedono che alla convention del 27 agosto verra’ incoronato Romeny, che avrebbe anche le chance migliori contro Obama, ma sono pero’ indicazioni che – rilevano gli osservatori – vanno prese con le molle, considerato che al 6 novembre mancano ancora otto mesi e che, oltre ad una logorante serie di primarie e caucus, ancora mancano i dibattiti diretti tra lo sfidante ufficiale e il presidente.