Wikileaks. Guantanamo, Bank of America e Bp: ecco il file “salva-vita” per Assange

Pubblicato il 5 Dicembre 2010 - 19:14 OLTRE 6 MESI FA

Si chiama ‘insurance.aes256’, potrebbe contenere files compromettenti su Guantanamo, BP e Bank of America, ed è effettivamente la polizza d’assicurazione contro il peggio di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks che al momento si nasconde in un luogo sicuro del Regno Unito. Il documento, scaricato da migliaia di sostenitori del sito (nonché da diversi media internazionali), è protetto da un’impenetrabile password.

Niente e nessuno lo può dunque aprire. L’idea però è semplice: dovessero succedere qualcosa di davvero grave al sito o al suo fondatore la ‘chiave’ verrebbe immediatamente diffusa nel web – provocando l’immediata apertura del vaso di Pandora versione 2.0. ”Julian è un tipo sveglio e questa è una tattica interessante”, ha detto al Sunday Times Ben Laurie, esperta di computer che in passato ha svolto consulenze per WikiLeaks.

”Così facendo spera di aver trovato un deterrente”. Il file – soprannominato dalla stampa britannica ‘Giorno del Giudizio’ – pesa 1,4 gigabytes. Ovvero abbastanza da comprendere una versione compressa di tutto cio’ che WikiLeaks ha rilasciato quest’anno. I documenti contenuti sarebbero poi ‘non-editati’. Una loro diffusione potrebbe quindi porre rischi ulteriori visto che nomi e cognomi sarebbero del tutto leggibili. A nulla, fino ad ora, sono poi serviti gli sforzi del ministero della Difesa americano di forzare la serratura del Giorno del Giudizio. ”Qui non si tratta di un trucco che puo’ essere svelato attraverso un computer”, ha detto Nigel Smart, professore di crittografia alla Bristol University. Nemmeno usando potentissimi processori militari. ”Ci vuole la chiave”, ha tagliato corto Smart.

”Nell’arco di un lungo periodo”, ha fatto sapere Assange, ”abbiamo distribuito via internet copie criptate del materiale che dobbiamo ancora pubblicare. Tutto quello che dobbiamo fare e’ distribuire la chiave e i documenti si apriranno all’istante”. Insomma, una versione aggiornata al XXI secolo del tradizionale ”se mi dovesse succedere qualcosa una busta marrone verra’ consegnata al New York Times”. In questo caso, infatti, i files sono già nei pc del New York Times. O del Guardian. O di migliaia di privati cittadini sparsi per il mondo che sostengono attivamente l’organizzazione di Assange.