Wikileaks: anche la trappola sciita a Calipari tra i documenti sull’Iraq

Pubblicato il 23 Ottobre 2010 - 01:27 OLTRE 6 MESI FA

Nei documenti pubblicati da Wikileaks sulla guerra in Iraq c’è spazio anche per una vicenda che riguarda l’Italia. Per la precisione la morte di Nicola Calipari, funzionario del Sismi impegnato per liberare la giornalista Giuliana Sgrena e ucciso nel marzo 2005.

Il rapporto porta la data del 1 novembre 2005. Località: Karkh, Bagdad. Nelle due pagine del report si cita la confessione di Sheikh Husayn, capo di una cellula sciita responsabile di molti sequestri a Bagdad. Un terrorista insomma, già arrestato dai giordani. L’uomo racconta che dopo aver ricevuto un riscatto di 500 mila dollari, ha consegnato Giuliana Sgrena a Calipari dicendo loro di recarsi in aeroporto.

Husayn poco dopo fa una segnalazione al ministero degli Interni iracheno sostenendo che una vettura Corolla blu (stesso modello e colore di quella su cui viaggiano gli italiani) è un’autobomba pronta a colpire nel settore dello scalo. La polizia è in allerta, per questo i soldati americani, quando vedono avvicinarsi la Corolla, aprono il fuoco uccidendo Calipari, che ha commesso l’errore di prestare credito ad un terrorista e rapitore, spinto anche dal desiderio di riportare al più presto la rapita al sicuro in italia, andandosi a infilare invece a testa bassa nella trappola tesagli dagli sciiti.

I documenti di Wikileks sull’Iraq sono ora on line, all’indirizzo warlogs.wikileaks.org. Si tratta dell  ”la maggiore fuga di notizie militari della storia”, afferma lo stesso Wikileaks, una fuga costituita da 391.832 rapporti (‘The Iraq War Logs’) che documentano la guerra e l’occupazione in Iraq dal primo gennaio 2004 al 31 dicembre 2009 (esclusi i medi di maggio 2004 e marzo 2009) nelle parole dei soldati dell’esercito degli Stati Uniti.

La guerra è brutta e non ci sono eroismi né retoriche che ne possono mascherare l’orrore. Nel corso del 900 gli italiani hanno vissuto in diretta sulla loro pelle la carneficina della prima guerra mondiale e il travaglio della seconda, che ha colpito da vicino milioni di civili e le città, soprattutto al Nord. Sugli orrori della prima guerra sono pieni scaffali di biblioteche e sono stati girati ottimi film, alcuni, terribilmente realistici e demistificanti, come Uomini contro e Tutti a casa.

Della seconda guerra sono vivi ancora numerosi testimoni oculari e libri recenti, come quelli di Gianpaolo Pansa, hanno anche contributo in modo importante alla ricostruzione delle violenze che accompagnarono quella parte della Resistenza che si configurò come guerra civile.

L’effetto dirompente dei documenti di Wikileaks consiste soprattutto nel fatto che il distacco di tempo tra gli eventi e la loro narrazione non è di mezzo secolo , ma di pochissimi anni e non avviene attraverso la mediazione di libri, non certo non mezzi di massa, e di film, e nemmeno le cronache dei giornalisti non italiani che hanno seguito la guerra, ma attraverso un sito internet e la lettura dei documenti originali. Per accedervi, basta un click.

Ogni documento di Wikileaks è un “Sigat”,  Significat action in the war: uno spiraglio in presa diretta sulla storia segreta della guerra.

I rapporti documentano 109.032 morti in Iraq tra cui 66.081 ‘civili’; 23.984 ‘nemici’; 15,196 ‘nazione ospite’ (forze governative irachene e 3.771 ‘amici’ (forze della coalizione).

La maggioranza delle morti, pari al 60 per cento, sono di civili, pari a una media di 31 civili al giorno per anno di guerra.

Nello stesso periodo coperto dagli ‘Iraqi War Logs’ i diari di guerra afghani pubblicati in estate dettagliavano la morte di 20 mila persone.

L’Iraq durante gli stessi anni è stato cinque volte più letale con una popolazione grossomodo equivalente, nota Wikileaks.

La reazione del ministero della Difesa americano, noto come Pentagono dalla forma dell’edificio che lo ospita, è stata molto riduttiva delle rivelazioni. Un portavoce ha detto di non aspettarsi sorprese dai documenti rivelati da Wikileaks, parte dei quali hanno cominciato a trapelare sui diversi organi di informazione in tutto il mondo. Il portavoce, colonnello Dave Lapan, ha detto che una squadra specializzata ha passato in rassegna i documenti relativi alla guerra in Iraq, prendendo in considerazione l’intero periodo del conflitto, dal 2003 al 2010 e che non dovrebbero esserci sorprese di sorta, perche’ gli episodi denunciati ”sono stati a suo tempo ampiamente riportati in servizi di cronaca”.

Allo stesso tempo, però, il portavoce del Pentagono ha sottolineato che la pubblicazione dei documenti potrebbe comunque mettere a rischio personale e civili iracheni che hanno collaborato con le forze americane: ”La nostra preoccupazione è rivolta più ai rischi a cui sono esposti i singoli individui. Ma in termini di tipologia di incidenti rivelati, dai quali risulta che sono stati uccisi iracheni innocenti, o dove ci sono accuse di abusi sui prigionieri, tutto queste genere di cose è stato ampiamente riportato nelle cronache fatte nel corso dell’intero periodo”.

Molti dei civili morti non sono da attribuire ad azioni di guerra o comunque dell’esercito americano. Dopo la rottura dell’embargo, fissato a sabato mattina, da parte della tv araba Al Jazeera,  i siti dei principali giornali del mondo si sono scatenati con la loro parte di rivelazioni, tutte a loro volta basate sui documenti di Wikileaks.

Secondo il Guardian on line, che cita il gruppo londinese Iraq Body Count, degli oltre 66 mila civili rimasti uccisi  nel conflitto iracheno, oltre 15 mila hanno perso la vita in incidenti fino ad ora sconosciuti.

Il francese Le Monde, nel suo sito on line, riferisce che i soldati americani hanno scoperto i cadaveri di ”migliaia di uomini e donne vittime di esecuzioni sommarie”.

Gli stessi soldati americani – secondo le cifre rese note da vari media on line sempre citando i documenti di Wikileaks – hanno ucciso 681 civili, tra cui molte donne e bambini, ai checkpoints.

Secondo il New York Times, gli iracheni sono stati responsabili di violenze inaudite nei confronti dei prigionieri iracheni detenuti da loro. Mentre le violenze e gli abusi da parte degli americani nei confronti di prigionieri iracheni sono state ampiamente documentate negli anni, e quanto successo nel carcere di Abu Grahib ne è la prova, poco era noto circa le reiterate violenze compiute dalle forze irachene nei confronti di prigionieri in loro custodia.

Sempre secondo il New York Times, i documenti resi noti da Wikileaks gettano nuova luce sul comportamento tenuto dagli iracheni contro i loro connazionali presi prigionieri: almeno sei detenuti, se non di più, sono morti mentre erano in stato di detenzione per le percosse ricevute.

I documenti rivelano che la tortura e la violenza irachena era all’ordine del giorno: i prigionieri venivano costantemente frustati, percossi e maltrattati. Il New York Times, sempre facendo riferimento ai documenti ottenuti da Wikileaks, riporta che in almeno un caso gli americani hanno avuto il sospetto che a un detenuto iracheno fossero state amputate le dita e disciolte nell’acido, mentre in due altri casi hanno avuto la prova di esecuzioni eseguite contro prigionieri legati.

Su alcuni di questi episodi sono state svolte indagini da parte americana, ma nella maggior parte dei casi le segnalazioni sono state ignorate: ”I soldati hanno fatto rapporto ai loro superiori, che a loro volta hanno chiesto alle forze irachene di fare indagini” scrive il quotidiano.

Un portavoce del Pentagono ha detto al New York Times che la procedura seguita dalle forze americane ”è ed è sempre stata in linea con le leggi e con la prassi internazionale”. Le regole attuali, ha precisato il portavoce, richiedono alle forze armate di riferire immediatamente di casi di abuso; se questi sono stati perpetrati da iracheni, allora sono le autorità irachene ad essere responsabili delle indagini.

I documenti segreti pubblicati da Wikileaks rivelano anche nuove atrocità commesse dagli americani. Con l’imprimatur di un consigliere legale americano l’equipaggio di un elicottero Apache sparò e uccise due iracheni nonostante questi si fossero arresi. La logica: erano un bersaglio valido perché nessuno può arrendersi a un velivolo. L’elicottero sarebbe lo stesso Crazyhorse 18 coinvolto in seguito nell’uccisione di due giornalisti della Reuters.

Un tremendo episodio di spietatezza e crudeltà attribuito agli americani è quello, risalente ad agosto – settembre 2005, di civili iracheni mandati avanti su strade minate come apripista. In un documento militare americano reso noto da Wikileaks, un testimone dice che il capo di un plotone americano a cavallo ordinasse ai civili di ”pulire la strada di macerie e rifiuti” se sospettava che una bomba fosse nascosta sul suo itinerario. Non è chiaro se alcun civile abbia perso la vita per esser stato usato come anti-mina umano.

”Nessuna sorpresa” nei documenti sulla guerra in Iraq pubblicati da Wikileaks. E’ la prima reazione ufficiale del governo di Baghdad, affidata oggi al ministero dei diritti umani.