Yemen. Con Saleh in Arabia Saudita, tenui speranze per una nuova era

Pubblicato il 6 Giugno 2011 - 14:49 OLTRE 6 MESI FA

Combattenti tribali a Sanaa

SANAA, YEMEN – Gli yemeniti hanno festeggiato anche lunedi quella che molti di loro credono sia una nuova era senza il tirannico presidente Ali Abdullah Saleh, attualmente convalescente in Arabia Saudita dopo un’operazione per estrargli schegge dal petto che lo hanno colpito nel palazzo presidenziale in seguito ad una esplosione provocata da un missile lanciato dai rivoltosi che vogliono la sua destituzione.

Una fragile tregua sembra resistere a Sanaa dopo due settimane di combattimenti, con 200 morti, tra le forze di Saleh, 69 anni, e la potente federazione tribale che lo combatte. Migliaia di persone hanno cercato scampo lasciando la capitale. La permanenza di Saleh in Arabia Saudita, rilevano gli osservatori, potrebbe facilitare gli sforzi intesi a scalzarlo dal potere che detiene da 33 anni nel Paese più povero del mondo arabo.

Ma il futuro dello Yemen, dove è ben radicata una succursale di Al Qaeda che potrebbe sfruttare gli spazi lasciati vuoti dalle tenaci rivalità tra i leader tribali, i generali e gli uomini politici, resta incerto. ”La partenza di Saleh per l’Arabia Saudita”, ha dichiarato alla Reuters l’analista politico egiziano Nabil Abdel-Fattah, ”non è certo solo una cortesia da parte della famiglia reale saudita, perchè la sicurezza di Ryadh e del Golfo Persico è legata alla sicurezza nello Yemen”.

Abdel-Fattah si aspetta che Ryadh voglia portare avanti un accordo che toglierebbe il potere a Saleh e dare vita nello Yemen ad un governo provvisorio prima di indire elezioni parlamentari. ”Naturalmente – prosegue – resta da vedere quale sarebbe il ruolo dei giovani ribelli che hanno lanciato la rivolta contro Saleh”. Il vice-presidente Abd-Rabbu Mansour detiene ora formalmente il comando, ma non ha una sua propria base di potere ed è quindi politicamente fragile. Senza Saleh gli sarà difficile governare, sebbene il presidente abbia lasciato a Sanaa una schiera di parenti che comandano importanti unità militari e forze di sicurezza.

Altri contendenti nell’eventualità di una lotta di potere includono la bene armata federazione tribale Hashed, leader militari staccatisi da Saleh, islamici fondamentalisti, formazioni politiche di sinistra e una popolazione furiosa che vuole farla finita con una rovinosa povertà, la corruzione e la mancanza di servizi pubblici.

Situazione estremamente confusa, quindi, e se lo Yemen piombasse nel caos, vicino com’è all’Arabia Saudita e ad importanti rotte di navigazione, i suoi vicini nel Golfo si allarmerebbero tanto quanto le potenze occidentali timorose dell’attività di Al Qaeda. In aggiunta, se in qualche modo Saleh dovesse cadere, la sua dipartita rilancerebbe l’impeto dei movimenti di protesta nella regione.

Dice in proposito Zaki Bani Rusheid, della Fratellanza Musulmana giordana: ”La partenza di Saleh è una svolta non soltanto per la rivoluzione yemenita, ma anche un’enorme spinta per il cambiamento in atto nel mondo arabo e l’inizio della vittoria finale”.