Aci e la tassa occulta: 191 milioni l’anno per il Pra, registro inutile

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Novembre 2013 - 09:13 OLTRE 6 MESI FA
Aci e la tassa occulta: 191 milioni l'anno per il Pra, registro inutile

Aci e la tassa occulta: 191 milioni l’anno per il Pra, registro inutile

ROMA – Costa 191 milioni ogni anno ed è completamente inutile. O meglio serve solo all’Aci ma per gli italiani è completamente inutile. E’ il Pra (pubblico registro automobilistico), quello che minuziosamente annota le informazioni su tutte le auto che circolano in Italia. I conti li fa per il Corriere della Sera Sergio Rizzo. E i risultati sono  impietosi: costa tanto, non serve e non si riesce in nessun modo a togliere. Chiedere, per esempio, a Pier Luigi Bersani, che due volte ci ha provato senza esito.

Un carrozzone con 3mila dipendenti e una giungla di controllate, un centinaio. Ma per cosa? Burocrazia. Soprattutto, nonostante la raffica di spending review il Pra è là, intonso.

Racconta Rizzo:

Anche se pochi ormai se la ricordano, quella storia Pier Luigi Bersani certo non l’ha dimenticata. Non fosse altro perché è una delle sconfitte più brucianti che da ministro delle liberalizzazioni abbia dovuto subire ad opera di una lobby. Due volte ha provato ad abolire il Pubblico registro automobilistico, e due volte è stato respinto con perdite. La prima, nel 2000; la seconda, sette anni più tardi. Poco importava che i cittadini italiani avrebbero potuto risparmiare un bel po’ di quattrini su ogni passaggio di proprietà, e che dal 1992 il Pra fosse un inutile doppione degli elenchi della Motorizzazione civile. Prima di Bersani, anche i sostenitori di un referendum promosso nel 1995 da un comitato presieduto dall’ex direttore del Sole24ore Gianni Locatelli e composto da una serie di associazioni e dalla rivista Quattroruote si erano dovuti arrendere. Le firme vennero raccolte in abbondanza, ma la Corte costituzionale dichiarò il quesito inammissibile. Tanto è misteriosamente potente, la lobby del Pra, da essere sfuggita alle grinfie della spending review, risultando appena sfiorata dal decreto semplificazioni: gli automobilisti non dovranno più comunicare le perdite di possesso e i cambi di residenza, che saranno acquisiti d’ufficio. Troppa grazia…

Un residuato del fascismo. Spiega sempre il Corriere:

 Sopravvive così uno degli ultimi residui della normativa fascista, considerato che l’iscrizione dei veicoli al Pra è prevista da un decreto del 1927. Ma ciò che conta di più, questa tassa occulta da circa 200 milioni l’anno, cifra pari a sei volte e mezzo lo stanziamento 2014 per il dissesto idrogeologico in tutta Italia, rappresenta una formidabile assicurazione sulla vita per un carrozzone chiamato Automobile club d’Italia. L’unica federazione sportiva dipendente dal Coni che oltre a gestire per legge una funzione statale obbligatoria per i cittadini riscuote pure una imposta: il bollo auto. Ovviamente non gratis. Per la riscossione di quella tassa ha incassato lo scorso anno 41 milioni, che sommati ai 191 introitati grazie alla gestione del Pubblico registro automobilistico fanno 232 milioni. Somma alla quale vanno aggiunti 14 milioni di ricavi «diversi» dalle amministrazioni statali e dalle Regioni per i servizi di informazione sulla mobilità. Totale del fatturato pubblico, 246 milioni: vale a dire l’84,8 per cento delle entrate complessive, risultate pari a 290 milioni. Proporzioni che ben descrivono l’anomalia della quale stiamo parlando, ma non dicono proprio tutto.

Una struttura, quella dell’Aci, decisamente pesante.

(…) tremila dipendenti, 106 strutture provinciali e Dio solo sa quante società appese. L’Aci nazionale controlla innanzitutto la Sara assicurazioni, cui fanno capo altre nove partecipazioni. C’è il 21% della compagnia turistica Valtur di Carmelo Patti, finita in amministrazione straordinaria. C’è il 10% della società finanziaria Zenit. C’è l’87% della Ala assicurazioni e il 100% della Sara vita. Nonché una piccola quota in Nomisma, il centro studi bolognese fondato da Romano Prodi. Ma non è finita di sicuro qui. Nel portafoglio dell’Aci c’è per esempio l’Aci informatica, cui era stata assegnata l’architettura informatica del costosissimo sito turistico nazionale Italia.it, protagonista di innumerevoli disavventure. E poi una impresa di progettazione, studi e consulenze (Aci Consult), quindi la società proprietaria dell’autodromo di Vallelunga nei pressi di Roma (Aci Vallelunga), una ditta di «assistenza tecnica ai veicoli e assistenza sanitaria alla persona» (Aci Global), una immobiliare (Aci Progei), una società sportiva (Aci sport) e un’agenzia di viaggi (Ventura). Ciliegina sulla torta, la joint venture al 50 per cento con la casa editrice di Silvio Berlusconi (Aci Mondadori), costituita nel 2000: il bilancio dello scorso anno si è chiuso con una perdita di 257 mila euro. E non è stato il solo buco.

Con una giungla di controllate e operazioni finanziarie spesso rivedibili

Senza poi contare il diluvio di controllate e collegate alle Aci provinciali. Trovarle tutte è un lavoro di ricerca estenuante: il loro numero è dell’ordine del centinaio. C’è di tutto, dall’autodromo di Monza a società immobiliari, a imprese turistiche, ad aziende che gestiscono parcheggi. Soltanto di «Aci service» se ne contano sedici diverse.Da questo ai bilanci colabrodo, il passo è breve. Su Repubblica Antonio Fraschilla ha raccontato l’anno scorso che di quelle 106 associazioni locali ben 57 risultavano in perdita. Dai 6 milioni di Palermo ai 4 di Lecco, ai 5 di Roma, ai 2 di Venezia, al milione di Cagliari, Catanzaro, Padova… Ma è niente al confronto della voragine dell’Aci nazionale. E qui attenti ai giochini. Il bilancio 2010 si è chiuso con una perdita di 30,3 milioni, ma sarebbero stati più di 41 senza gli 11 milioni di proventi straordinari: 9,8 di «utilizzo fondi di accantonamento» e un milione di cancellazione di residui passivi. Quello del 2011 è andato in attivo per 26,6. Attivo puramente contabile, conseguito grazie a plusvalenze per 48,8 milioni. Anch’esse puramente contabili, perché ottenute con la cessione per quasi 53 milioni di un fabbricato in via delle Perle a Roma alla immobiliare del gruppo Aci Progei. Traduzione, venduto a se stesso. Azzardiamo: senza quella curiosa partita di giro il bilancio si sarebbe chiuso in rosso per 22 milioni? Lo schema si è ripetuto nel 2012, con plusvalenze contabili per 7,6 milioni: la vendita delle sedi di Roma e Palermo alla solita Aci Progei e di un terreno alla società, sempre controllata dall’Aci, che ha in gestione l’autodromo di Vallelunga. Ma stavolta l’«ammuina» non è servita se non a mitigare il drammatico passivo: 28,7 milioni la perdita netta.