Alfano: “Napoli è una trincea. Lo Stato non è un nemico”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Settembre 2014 - 08:14 OLTRE 6 MESI FA
Angelino Alfano

Angelino Alfano

ROMA – “Napoli è una trincea” dice Angelino Alfano, intervistato dalla Stampa, e ancora: “basta vedere lo Stato come un nemico”.

L’intervista completa:

Ministro Alfano, da pochi minuti è finita la manifestazione al Rione Traiano per ricordare Davide, il ragazzo ucciso l’altra notte da un carabiniere, al termine di un inseguimento.

«Occorre avere rispetto del dramma di una intera famiglia. Nulla può giustificare la morte di un diciassettenne. Allo stesso tempo sento il bisogno di esprimere pubblicamente la stima grande e meritata che l’Arma dei Carabinieri gode nel Paese e nelle Istituzioni».

 

Il dolore per la morte di un ragazzo si è trasformato in atti di vandalismo contro mezzi delle forze di polizia. Napoli continua a essere una miscela pericolosa in cui rischia di prendere il sopravvento la cultura della illegalità, della criminalità.

«Napoli è una trincea difficilissima che noi guardiamo con molta attenzione. Siamo impegnati al massimo nell’attività di prevenzione e repressione, convinti che ben presto i risultati non mancheranno».

 

Ministro Alfano è chiaro che lei risponde come responsabile dell’ordine e della sicurezza pubblica. Ma davvero crede che la repressione risolva il problema di Napoli?

«So bene che pensarlo sarebbe una illusione. Napoli, come intere zone del Sud, ha bisogno di un lavoro in profondità che parta dalle scuole e faccia avvicinare la gente allo Stato – che non può essere visto come un nemico – e alle sue regole».

 

Ma intanto bisogna dare risposte chiare e rapide sulle responsabilità dell’altra notte.

«Quei carabinieri, nonostante fosse da tre ore finito il turno di lavoro, erano impegnati nella ricerca di un latitante. Toccherà alla magistratura accertare la dinamica dei fatti. Mi fermo qui per il rispetto del dolore della famiglia del povero Davide».

 

Ministro, per le forze di polizia lo straordinario non retribuito non ê una eccezione, è una regola. Ci sono margini per ricucire lo strappo con le forze del comparto sicurezza?

«Ci sono se si mettono da parte i toni polemici e gli atteggiamenti minacciosi. Le loro richieste sono legittime».

 

Serve un dialogo ravvicinato?

«Da tempo io e il governo stavamo lavorando per il reperimento delle risorse necessarie. Il paradosso è che sul tavolo non c’è la richiesta di un rinnovo contrattuale ma l’eliminazione dei tetti salariali o delle promozioni bianche, alle quali non seguono adeguamenti salariali. Tutte cose giuste e sostenibili. Chiedo di lasciarci lavorare per trovare la soluzione senza esasperare il negoziato che può concludersi rapidamente».

 

Ministro, la situazione dell’ordine pubblico continua a essere preoccupante. Abbiamo visto quello che accade a Napoli (e al Sud) in queste ore. Al Nord c’è un rischio, con la vicenda della Tav in Val di Susa, di un autunno caldo? In un contesto poi di crescenti tensioni sociali nel Paese?

«Limitiamoci ai numeri. In un anno si sono tenute diecimila manifestazioni e il bilancio dell’ordine pubblico è stato più che soddisfacente anche rispetto ad annunciati saccheggi, come nel caso della manifestazione nazionale di Roma».

 

Converrà che il tema dell’antagonismo o dell’anarcoinsurrezionalismo è attuale.

«Come lo è quello del tifo violento. Intanto sulla vicenda della Tav ribadisco che il dissenso è legittimo e ha il diritto di esprimersi nel rispetto delle regole. Abbiamo cambiato le norme per cui violare i cantieri della Tav equivale a violare siti militari. Lo Stato fa lo Stato e se decide legittimamente di fare un’opera, quell’opera va realizzata. Sugli stadi, mi sento rassicurato da un apparato di regole e sanzioni severe e importanti. Va bene anche la cooperazione tra società e forze di polizia. Ci sono le condizioni per fronteggiare ogni situazione».

 

Torniamo agli scenari che preoccupano. Il terrorismo jihadista, l’Isis. Non teme una riedizione degli attacchi di Madrid e Londra del 2004 e 2005?

«Riferirò martedì in Parlamento. È inutile girarci attorno: di fronte alla minaccia grave e di scala globale che insidia la sicurezza dell’Occidente e che attenta ai suoi valori, lo stato di allerta è alto».