Alfano sfida Berlusconi; disoccupazione; Champions: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Ottobre 2013 - 09:03 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Alfano sfida Berlusconi, resa dei conti nel Pdl. Il Corriere della Sera: “Drammatica spaccatura nel Pdl. Alfano sfida Berlusconi: nel partito si apre la resa dei conti. Il segretario e vicepremier chiede il sì alla fiducia per il governo, mentre il Cavaliere sceglie la strada del no. Caccia ai voti per la battaglia in Senato. Oggi il presidente del Consiglio Letta alle Camere. Il presidente della Repubblica Napolitano: «Impegno non precario».”

Lo strappo necessario. L’editoriale a firma di Antonio Polito:

“Non sappiamo ancora se i cinque ministri diversamente berlusconiani vinceranno oggi la sfida senza precedenti che hanno lanciato al loro fondatore. Berlusconi ha sette vite e non è escluso che se ne inventi un’ottava: conosce l’arte della seduzione dei senatori e ha ancora abbastanza agilità per una giravolta dell’ultimo istante. Però sappiamo che i cinque ministri stanno facendo la cosa giusta. Non solo perché, salvando il loro governo, salverebbero anche l’unico governo che abbiamo. È una cosa cui di solito le nazioni tengono. L’Inghilterra, per esempio, se ne tiene stretto uno debole, con una «strana» maggioranza e clamorosamente sconfitto a Westminster; ma nessuno dei maestri che dall’estero danno lezioni di democrazia all’Italia chiede le elezioni anticipate a Londra o storce il naso per una grande coalizione a Berlino.

Il governo Letta non ha fatto miracoli, e non migliorerebbe certo se per sopravvivere si consegnasse a una maggioranza raccogliticcia. Ma potrebbe rinascere su basi programmatiche e temporali nuove se fosse sorretto da una nuova maggioranza politica, temprata nel fuoco di una battaglia parlamentare aperta e senza rete. L’alternativa è del resto un caos cui nemmeno le elezioni potrebbero mettere riparo, perché la legge elettorale è già inservibile e presto sarà incostituzionale.”

Strappi e minacce. E Alfano si ribellò a Berlusconi. Il Pdl va alla conta. L’articolo a firma di Francesco Verderami:

Lo si era intuito nel tardo pomeriggio, quando i dirigenti democrat avevano iniziato a bombardare il centrodestra proprio per far saltare il fragile compromesso costruito da Alfano, deciso a tenere unito il Pdl in maggioranza. Il primo colpo l’ha sparato il candidato alla segreteria Cuperlo, poi è stata la volta del segretario Epifani, entrambi durissimi verso il Cavaliere. Il gioco si è infine disvelato quando sulle agenzie è filtrata la traccia del discorso che oggi il premier terrà in Parlamento: erano parole che non concedevano alcuno spazio alla mediazione. Erano la prova. «Il giovane Letta vuole spaccarci», ha sentenziato Berlusconi, dicendo il vero.

I tormenti del segretario – In politica ognuno fa il proprio gioco, «il giovane Letta» ha fatto il suo: nulla di personale con Alfano, che era consapevole dei rischi. Ma il discorso per lui era (ed é) diverso, visto il rapporto viscerale con il Cavaliere. Di viscere tre giorni fa aveva detto «me ne vadooooo», ed era stato un urlo di dolore per come Berlusconi l’aveva trattato, affidando all’avvocato Ghedini il compito di avvisarlo che doveva dimettersi dal governo. Poi però si era messo testardamente all’opera per scongiurare la rottura, pensando di convincere il Cavaliere a non spaccare.

Rien ne va plus. Il Pdl invece si spacca e l’incontro di metà giornata a palazzo Grazioli tra il leader del centrodestra e il suo (ex) delfino è stato una sorta di cerimonia degli addii, anche se i due si sono rivisti nel cuore della notte, dando la misura del rapporto che trascende le ferree regole di Palazzo e che però si è spezzato. Eppure quando verso sera Berlusconi aveva convocato i falchi, c’era un motivo se Alfano aveva volutamente evitato di andare all’appuntamento: «Le affido la mia difesa, presidente». Berlusconi al vertice darà poi una diversa versione dei fatti: «Gli avevo chiesto di venire, non l’ha fatto. Mi dispiace, perché lo considero come un figlio». Il verbo è stato coniugato al tempo presente, e sebbene la frase sappia di epitaffio, è il segno di quanto il Cavaliere in fondo ci tenesse. Ricambiato.

Dimissionari in rivolta. Caccia ai voti. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

“Il premier Enrico Letta interverrà in Senato alle 9.30 per ottenere quel chiarimento concordato con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e resosi necessario dopo lo strappo del Pdl con le dimissioni dei cinque ministri, dimissioni che il presidente del Consiglio ieri sera ha deciso di respingere. Pertanto Alfano, De Girolamo, Lorenzi, Lupi e Quagliariello saranno seduti sui banchi del governo. La scelta di recarsi a Palazzo Madama, dove i numeri sono ballerini, lascia intendere che Letta abbia la ragionevole certezza di potere ottenere la fiducia che, ricorda il ministro Dario Franceschini, è stata posta «senza aprire alcuna trattativa con Silvio Berlusconi». Lo scrutinio, in forma palese, dovrebbe avvenire attorno a mezzogiorno. E, stando alle voci che circolavano in tarda serata, il premier potrebbe contare sull’apporto di un gruppo di dissidenti del Pdl, seguaci di Angelino Alfano, che hanno deciso di fare proseguire l’esperienza del governo di larghe intese nonostante la contrarietà di una componente del partito che li reputa traditori e dello stesso Berlusconi che ha deciso di non dare la fiducia a Letta. Nel pomeriggio il chiarimento si sposterà a Montecitorio, ramo del Parlamento dove il premier non corre alcun rischio poiché Pd e Scelta civica (l’altro partner della coalizione) hanno la maggioranza assoluta dei seggi.

Il dibattito parlamentare sulle sorti del governo avviene all’indomani di segnali incoraggianti giunti dai mercati finanziari, con la Borsa italiana schizzata in alto di oltre tre punti percentuali sulla scia di una possibile ricomposizione all’insegna della stabilità e con lo spread in calo a 260. Gli stessi titoli della galassia Mediaset hanno fatto registrare incrementi significativi.”

Il Cavaliere sotto assedio: io pugnalato. L’articolo a firma di Paola Di Caro:

“I falchi lo chiamano «il giorno del tradimento», e a fine serata — ancora rinchiuso a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del partito che gli è fedele — Silvio Berlusconi si sente pugnalato. Dal suo «Angelino», al quale «ho dato tutto», che adesso lo ripaga con un aut aut micidiale: «Presidente, o votiamo tutti insieme la fiducia al governo, o noi non ti seguiremo e ci staccheremo. E siamo tanti».

Alla fine, alle dieci di sera, la decisione però è presa: «Basta, si vota la sfiducia, non si torna indietro. Si sono fatti respingere le dimissioni da Letta senza nemmeno avvertirmi, con me hanno chiuso, lo vedranno… E vedranno anche quanti davvero mi voteranno contro…», ha dato l’ordine Berlusconi. Ma nella notte, e nella lunga mattinata, tutto potrebbe ancora cambiare. Pesi, numeri e decisioni. Con un’unica certezza: «Si va a una crisi al buio, e con il partito ormai spaccato» dice un fedelissimo di Berlusconi che pure non condivide la deriva, ma che come tanti altri gli sarà «accanto, perché così deve essere».

Insomma, è possibile che ci siano altri strascichi al tira e molla che va avanti da 48 ore, e che conferma quanto il vecchio leader abbia tirato la corda, comunque finisca: potrebbe accettare di perdere la faccia e acconciarsi alla fiducia per il «bene del Paese, presidente», come gli chiedono le colombe? Nella lunga riunione iniziata ieri pomeriggio alle sei, alla quale alla fine non sono nemmeno più andati i ministri ribelli (tranne la De Girolamo) e ormai considerati fuori dal Pdl — in conclave a loro volta con un Gianni Letta che descrivono «disperato» —, Renato Schifani e Maurizio Gasparri lo pregavano: «Ragioniamo, troviamo una via d’uscita, facciamo prevalere la saggezza. Spaccare il partito indebolirebbe noi e soprattutto te». E le telefonate per cercare di convincerlo sono arrivate anche dall’estero, da chi come Josè Manuel Barroso ha voluto parlargli «da amico ad amico, state attenti, la situazione è delicatissima…».”

Strappo di Alfano, fiducia a Letta. La Stampa: “Pdl alla resa dei conti, Berlusconi: traditori, noi voteremo contro.”

Disoccupazione record dal 1977. I giovani oltre il muro del 40%. L’articolo a firma di Luigi Grassia:

“Potrebbe essere l’ultimo aumento del numero dei disoccupati, prima che la ripresa economica arrivi a dare un po’ di sollievo, ma per adesso la lune in fondo al tunnel della crisi non si vede e anzi i disoccupati sono aumentati anche nel mese di agosto al 12,2% della forza lavoro, in rialzo di 0,1 punti percentuali su luglio e di 1,5 punti su base annua. Lo rileva l’Istat (dati provvisori), aggiungendo che è stato uguagliato il massimo già raggiunto a maggio, corrispondente al livello più alto dall’inizio sia delle serie mensili (gennaio 2004) sia delle trimestrali (primo trimestre 1977): insomma dal punto di vista della disoccupazione l’Italia sta vivendo il momento peggiore, siamo al record negativo da 36 anni in qua.

L’allarme delle imprese Tutti negativi anche i numeri della situazione in dettaglio. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) ad agosto balza al 40,1%, in aumento di 0,4 punti percentuali su luglio e di 5,5 punti su base annua. Viene così superata per la prima volta la soglia del 40%.

Il tasso di disoccupazione maschile per tutte le età, pari all’11,7%, aumenta di 0,2 punti percentuali rispetto al mese di luglio e di 1,9 punti nei dodici mesi; mentre quello femminile, pari al 12,9%, sale di 0,1 punti su luglio e di 0,9 punti su base annua.”

La Statua della Libertà è un miraggio. New York rinuncia anche ai simboli. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“Un’altra crociera nella baia o il rimborso del biglietto?». Giacca blu e sorriso obbligato sul volto, la ventenne Ayana è la dipendente di «New York Cruises» che accoglie i turisti sul molo di Battery Park offrendo le alternative disponibili all’impossibilità di visitare Ellis Island e la Statua della Libertà.

«È dura, i turisti non sanno nulla dello shutdown e ci rimangono male quando gli diciamo che la loro crociera è annullata» ci dice, ammettendo che «sono qui dalle 7 del mattino e me ne hanno dette di tutti i colori». I turisti sono stati i primi a saggiare l’impatto della serrata governativa a New York. «Non ho avuto alternative perché riparto domani – spiega Marc, un ragazzo francese, con tono scontento – sono andato su un’altra crociera ma mi hanno portato al largo, non abbiamo visto niente di interessante e nessuno ci ha detto perché la Statua della Libertà era diventata inaccessibile».

Fra i drappelli di turisti scontenti che si allontanano dal molo sulla baia dell’Hudson c’è chi ripiega sul vicino American-Indian Museum nella sede della Custom House intitolata ad Alexander Hamilton, uno dei padri della nazione, ma l’amarezza non fa che aumentare perché a metà della scalinata all’entrata campeggia un grande cartello bianco: «Ci dispiace, siamo chiusi a causa dello shutdown». È un museo della catena Smithsonian, è gestita dal governo e dunque tutti i dipendenti sono in congedo forzato, proprio come quelli degli zoo di Central Park e del Bronx, altrettanto chiusi.”

Londra, basta alla legge sui diritti umani. L’articolo a firma di Claudio Gallo:

“A poco meno di due anni dalle prossime elezioni, la Gran Bretagna sembra vivere una campagna elettorale permanente. Qualche giorno fa il segretario laburista Ed Miliband aveva detto che i caso di vittoria nel 2015, il Labour bloccherà le tariffe dell’energia. Ieri, al congresso conservatore di Manchester la ministra dell’Interno Theresa May ha promesso di cancellare la legge sui diritti umani (voluta dai laburisti nel 1998 per armonizzare la legge britannica con la convenzione europea), che impedirebbe al governo di espellere gli immigrati colpevoli di reati, come rumorosamente chiede la grancassa dei media popolari e conservatori.

Tra un paio di settimane dovrebbe vedere la luce, ha promesso dal palco la ministra, una nuova legge sull’immigrazione che consentirà di rispedire a casa almeno i criminali. Lo scorso anno il ministero aveva approvato, con l’appoggio del parlamento, una direttiva in tale direzione, che però era stata resa inefficace dagli appelli in tribunale degli immigrati, spesso vittoriosi.

Con involontari echi berlusconiani, la May ha detto: «Alcuni giudici hanno scelto di ignorare il parlamento e hanno messo la legge al servizio dei criminali piuttosto che dei cittadini. Ora voglio mandare un chiaro messaggio a quei giudici: il parlamento chiede che la legge stia dalla parte della gente, la gente chiede che la legge stia dalla propria parte e i conservatori nel governo metteranno la legge nelle mani della gente una volta per tutte».”

La zona Milan. L’articolo a firma di Alessandro Bocci sul Corriere della Sera:

“Il Milan, brutto e svogliato, concede all’Ajax tutto il primo tempo accontentandosi di difendersi nella propria metà campo con ordine, ma senza mai provare a ripartire. Nella ripresa si sveglia dal letargo e dopo una traversa colpita da Balotelli, due parate superlative del portiere Cillesen sui tiri ravvicinati di Montolivo e dello stesso Mario e un rigore ignorato dall’arbitro Eriksson per un netto colpo di braccio di Denswil, rischia la beffa. Ha la forza e la fortuna di rimontare. Il rigore del pareggio non c’è: il fallo è di Balotelli che cintura Van der Hoorn prima di essere a sua volta trattenuto. Balo, dopo l’errore con il Napoli, è preciso dal dischetto e zittisce l’ArenA rimediando i fischi rabbiosi dei tifosi avversari imbufaliti. Il ritorno di Balo, squalificato in campionato, è una specie di raggio di sole Nella ripresa, quando il Milan si impossessa della partita e alza il baricentro, è lui contro tutti. Il punto di riferimento in attacco, il più insidioso, determinato, pericoloso. Rimedia un cartellino giallo ingiusto, viene picchiato dagli avversari è protagonista di tutte le conclusioni più pericolose. Prova anche a non reagire. Ma la squadra, al di là del Mario ritrovato, non può essere assolta. Basterebbe poco di più per vincere la partita e imprimere una svolta al girone.”

All’Arsenal basta un quarto d’ora. L’Europa del Napoli è già in salita. L’articolo a firma di Luca Valdiserri sul Corriere della Sera:

“Tra Premier League e serie A c’è sempre una bella differenza e il Napoli se ne accorge in un quarto d’ora, sbattendo il muso contro l’Arsenal che, per talento e gioco, in certe serate pare l’unico erede del Barcellona. Con meno tiqui-taca e più corsa. L’Emirates resta tabù per Rafa Benitez e il 2-0 complica la corsa europea del Napoli, visto che il Borussia Dortmund ha battuto, come da pronostico, l’Olympique Marsiglia e raggiunto i partenopei a tre punti. Adesso diventa fondamentale l’appuntamento del 22 ottobre, contro i francesi, al Velodrome, che arriverà tre giorni dopo il big match di campionato contro la Roma. La partita inizia male prima che l’arbitro, il serbo Mazic, fischi l’inizio. In campo c’è Pandev perché nel provino, in mattinata, Higuain ha sentito ancora un fastidio muscolare (flessore coscia destra) e, d’accordo con Rafa Benitez, ha deciso di non rischiare. Quasi sicuramente sarà tenuto a riposo anche domenica, contro il Livorno. Il problema, semmai, arriverà subito dopo. C’è la convocazione della nazionale argentina e sarà complicato convincere El Pipita a non partire per le due gare di qualificazioni mondiali contro Perù e Uruguay.”