Alluvione Sardegna, Cancellieri, decadenza Berlusconi: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Novembre 2013 - 08:54 OLTRE 6 MESI FA
rep

La Repubblica del 20 novembre

ROMA – Così si muore di maltempo e incuria. Il Corriere della Sera: “Sedici morti, dieci dispersi, 2.300 sfollati: è il bilancio provvisorio dell’alluvione che lunedì ha devastato la Sardegna. La Protezione civile: l’allerta meteo è stato diramato domenica. Il premier Letta a Olbia: lo Stato c’è.”

Padre e figlio morti abbracciati Due bimbi tra le 16 vittime. L’articolo a firma di Andrea Pasqualetto:

“Anna Ragnedda, Maria Massa, Vannina Figus, Maria Frigiolini. Le donne che fanno meno notizia. Anziane. Impotenti di fronte alla furia della bomba d’acqua che si è scagliata sulla Sardegna. Morte nelle loro case, intrappolate dall’acqua.

Anna Ragnedda aveva 83 anni. È morta nella sua abitazione di via Lazio, a Olbia. Aveva sei figli e viveva da sola, con l’aiuto di una badante. I poliziotti l’hanno trovata dentro il letto, da sola. Una figlia ieri era andata a trovarla, ma dopo un po’ era andata via perché sarebbe dovuta arrivare la badante a darle il cambio: quest’ultima forse non è riuscita a raggiungere l’anziana, per via del diluvio. Anna è morta annegata, inferma, senza l’aiuto di nessuno.

Anche Maria Massa è deceduta nel suo appartamento di via Romania, sempre a Olbia, nel centro della città: quando si è accorta che la pioggia stava invadendo la sua casa, è scesa nel seminterrato per valutare l’entità dei danni. È stato il suo errore: lì è scivolata e ha battuto la testa, senza riuscire a riprendere i sensi. È morta annegata.

Vannina Figus aveva 64 anni. Era insieme con il marito Piero quando la furia dell’acqua ha inondato la loro abitazione. Bastavano pochi gradini per mettersi in salvo. Piero ce l’ha fatta, lei no: è stata travolta e inghiottita dall’acqua e dal fango, nello scantinato allagato di casa, a Uras.

Maria Frigiolini, 88 anni, è rimasta intrappolata dall’acqua nella sua casa di Torpè: era invalida.

C’è ancora un disperso, Giovanni Farre, 62 anni, allevatore di Bitti, che nessuno ieri voleva dare per morto. Non i soccorritori, che hanno sorvolato il suo podere nelle campagne di Onanì anche con un elicottero dell’Aeronautica militare. Non il figlio Marco, che è stato issato su un albero proprio dal padre e che ieri sera, quando è tornato dopo essere stato al pronto soccorso San Francesco di Nuoro era ancora in stato di choc. È stato lui a chiamare aiuto, prima di perdere di vista completamente il padre.”

Dieci dispersi e 2.300 sfollati La lotta dei volontari per salvare tutti. L’articolo a firma di Alberto Pinna:

«Enrico era lì, quasi lo sfioravo con il braccio proteso. Mi sono tuffato fra i vortici del torrente. “Sei matto, non farlo” , mi gridavano dagli argini. Il nonno mi aveva passato una fune. Cercavo di lanciargliela e il bambino implorava: “Aiutami, ti prego, aiutami”. Poi è venuta un’onda gigantesca e non l’ho visto più». Pietro Mariano, meccanico, amico della famiglia Mazzoccu, uno dei mille che non si sono fermati di fronte all’impossibile. A Olbia come ad Arzachena; Simone Figus, che ha cercato di far uscire dallo scantinato i 4 Passoni, famiglia brasiliana, padre madre e due ragazzi, intrappolata in uno scantinato: «In pochi secondi tre metri d’acqua hanno premuto sulla porta. Ho cercato di aprirla con tutte le mie forze. Sono addolorato. Era brava gente».

I morti sono 16, c’è un disperso («che difficilmente troveremo vivo» scuote la testa Franco Gabrielli, capo della protezione civile) ma avrebbero potuto essere centinaia di più nella Sardegna devastata dall’uragano Cleopatra, se non ci fosse stato l’esercito di eroi silenti e senza volto (vigili del fuoco, carabinieri, poliziotti, volontari) che «hanno lottato a mani nude contro l’ira della natura», parole di Antonella Dalu, sindaco di Torpè (Nuoro), investito dall’esondazione dalla diga di Macheronis. Sedici morti, 13 in Gallura fra Olbia e Arzachena, 3 in provincia di Nuoro, che ha pure un disperso: Giuseppe Farre, pastore di Onanì. Prima di essere trascinato a valle dalla piena ha messo in salvo il figlio issandolo su un albero. E fra chi è scomparso, due bambini, due adolescenti, nove donne. I dispersi — cifre non ufficiali — più di 30 a inizio giornata, a sera si sono ridotti a meno di 10: quasi tutti pastori che hanno cercato di salvare il gregge (più di 10 mila le pecore annegate: ne sono state viste galleggiare persino in mare).

Dopo la tragedia di lunedì, anche ieri allarme uragano, ma la coda di Cleopatra non ha colpito la costa ovest della Sardegna con la furia che ha sfigurato la Gallura, la Barbagia e il Campidano. È piovuto intensamente nel Sulcis, ancora in Campidano e in provincia di Sassari: a notte ancora allarme elevato, ma non rosso, come lunedì. E le squadre di soccorso sono riuscite a raggiungere quasi tutte le località isolate. Lo scirocco velenoso è un po’ calato, agli elicotteri del servizio civile d’emergenza si sono aggiunti velivoli di esercito, aviazione e marina militare. Sono intervenuti anche reparti della Brigata Sassari e mezzi anfibi della scuola sottufficiali di marina della Maddalena. Il giorno dopo la tempesta ancora decine di persone su tetti delle case e sugli alberi: tutti in salvo. Dopo le proteste — soccorsi tardivi? allerta meteo sottovalutato? — i soccorsi hanno preso cadenza e intensità. «Hanno cominciato a liberare il paese da fango e detriti, finalmente!», il sindaco di Uras (Medio Campidano) Simone Casciu ha riacquistato fiducia.

Viaggio lungo le strade invase dal fango nel paese che vive con l’incubo della diga. L’articolo a firma di Giusi Fasano:

L’aereo vira per l’atterraggio e si vede il mare color fango, i pescherecci in movimento che tagliano l’acqua e riportano a galla un po’ del verde smeraldo di sempre. Le loro scie, assieme a qualche raggio di sole, sono pennellate di colore nel quadro scuro del Golfo Aranci.

Olbia ha pagato il prezzo umano più alto per questi due giorni d’acqua come non se n’era mai vista. E adesso sembra una città con due facce. Da una parte le zone più devastate dal ciclone Cleopatra: file di lampeggianti accesi, carcasse di automobili ai bordi delle strade, fango ovunque, gente che prova a ripulire case, negozi, cantine, uomini in divisa che si agitano per tenere a bada un traffico ingovernabile e cercano di aiutare tutti. E poi c’è l’altra città, quella delle strade deserte e silenziose con le macchine che si muovono lente e sembrano imprigionate in una specie di labirinto. Ci sono così tante strade e stradine chiuse che anche la gente del luogo sembra non sapere bene come attraversare il centro, aggirare un ponte crollato o andare oltre il groviglio delle piante finite in mezzo a una carreggiata.

Per allontanarsi dall’aeroporto e puntare in direzione sud, verso la Barbagia o il Campidano, ci vuole più di mezz’ora, la maggior parte passata a tornare indietro per via di un ponticello abbattuto dalla furia dell’acqua o perché la polizia, i carabinieri o i vigili del fuoco sbarrano il passaggio: «Qui è impossibile, c’è una voragine», «La strada è chiusa per un crollo, deve passare dall’altra parte…».

Quando finalmente l’auto corre sulla statale che porta verso Nuoro, la pioggia ricomincia a battere sui vetri. E per i pochi chilometri che separano Olbia dalla Baronia serve il doppio del tempo che occorre di solito.

Torpè compare all’orizzonte quando sono le tre del pomeriggio. In Comune è stato allestito un centro per coordinare l’emergenza e per gestire la pre-allerta che significa in sostanza tenere sotto controllo costante la diga Maccheronis, ottanta milioni di metri cubi d’acqua tenuti a monte da una muraglia sulla quale si fanno verifiche statiche ininterrotte da 48 ore. Lunedì pomeriggio la pressione dell’acqua ha sbriciolato parte dell’avandiga (una paratia provvisoria), «ed è venuto giù del materiale, ma la situazione non è critica» valuta Roberto Lancedda, ingegnere dei vigili del fuoco. Vai a spiegarlo alle centinaia di persone che ieri mattina si sono mosse tutte assieme in preda al panico…

Ora non date la colpa al cielo la mia terra è maledetta perché non l’abbiamo difesa. L’articolo sulla Repubblica di Gavino Ledda:

Non è l’acqua che uccide, ma l’uomo che non difende la terra.

Da quando ho scritto “Padre padrone”, negli anni Settanta, come pastore ho cantato la letizia della terra, sia pure con una lingua come quella italiana che non era del tutto in grado di esprimere questa gioia, tant’è vero che adesso sto rielaborando quel poema con uno spirito e un linguaggio diversi, più liberi. Ecco: con un’impostazione analoga si dovrebbero muovere politici, ingegneri, geologi, architetti. Invece oggi, così come troppo spesso è avvenuto nel recente passato in Sardegna e in altri luoghi, quel canto si è trasformato in pianto di morte. E la stessa questione si ripropone ogni volta che il cielo si deve sfogare: perché il cielo naturalmente ha tutto il diritto di sfogarsi.

L’uomo invece non si decide mai a prendere le misure giuste per salvaguardare la propria terra, l’ambiente naturale. Spesso costruisce le case lungo i fiumi o, come a Olbia, sotto il livello del mare. Non è la prima volta che accade. Cinque anni fa c’è stata la tragedia di Capoterra, vicino a Cagliari, con quattro morti. Ancora prima, nel 2004, c’è stato il disastro di Villagrande Strisaili, in Ogliastra. Ma non è solo l’isola a soffrire. Ovunque, con preoccupante ciclicità, si ripetono sciagure: dalla Liguria al Piemonte e alla Toscana. Bisogna essere meno egoisti. Tutto questo equivale a una forma di mancato rispetto nei riguardi della terra, una madre vivente che deve poter cantare senza costrizioni.

In passato, anche nel mio passato, quando sino a 20 anni stavo nell’ovile, per fortuna non ho assistito alla cementificazione selvaggia. Parlo del periodo tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Sessanta. E per capirlo basta pensare che in quell’epoca la strada tra la zona dove portavo le pecore al pascolo, Baddhevrùstana, e il mio paese, Siligo, non era neppure asfaltata. Sì, ho visto bonifiche ben fatte: interventi dell’uomo per aiutare la terra, canalizzazioni e opere di drenaggio che la rispettavano. E allora i boschi erano salvaguardati, protetti. Oggi invece gli alberi non fanno più da freno, non consentono più di evitare gli smottamenti, non contribuiscono alla salvaguardia dei suoli. E tutto questo perché non sicomprende quanto continuiamo a forzare la natura.

Letta salva il ministro Cancellieri “Se cade lei, cade tutto il governo”. L’articolo sulla Repubblica di Alberto D’Argenio:

Enrico Letta si presenta all’assemblea serale del Pd e salva Annamaria Cancellieri dalla sfiducia. Un incontro ad altissima tensione per decidere la linea del partito sul futuro del ministro nel quale il premier chiede di non schierarsi per le dimissioni. Oggi alla Camera si vota la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle per le telefonate tra il Guardasigilli e i Ligresti. Con Matteo Renzi che passa la vigilia a chiedere le dimissioni dell’inquilino di Via Arenula. Per le dimissioni anche Gianni Cuperlo e Pippo Civati. E mentre Forza Italia e Nuovo Centrodestra difendono il ministro, oltre ai grillini anche la Lega si schiera per le dimissioni. Ma in serata, al termine della riunione dei democratici, Renzi, Cuperlo e Civati si adeguano «conrammarico» alla richiesta di Letta di salvare il ministro per salvare il governo. Dunque oggi il Pd voterà contro la mozione, anche se per gli sfidanti segretari resta «l’obiettivo politico» di far dimettere la Cancellieri.

Renzi inizia di buon mattino ad attaccare, dice che «se fossi in Parlamento chiederei al mio gruppo di votare sì alla mozione di sfiducia. Il ministro si deve dimettere non perché ha ricevuto un avviso di garanzia, cosa che non è avvenuta, ma perché nel suo ruolo ha perso prestigio e autorità». E aggiunge, «sarebbe più logico fare come in tutti i paesi civili, dimettersi prima del voto di sfiducia». Rassicura Letta dicendo che con l’addio del Guardasigilli «il governo sarà più forte, non più debole». Poi dice: «O al gruppo Letta ci mette la faccia dicendo che non bisogna toccarla, o il gruppo vota. Ma fossi in lui non lo farei». Una frase che il portavoce del sindaco spiega così: «Al posto del premier Renzi non porrebbe la fiducia» sul futuro della Cancellieri.

Se Pippo Civati, altro sfidante per la segreteria, avrebbe voluto presentare una propria mozione di sfiducia, il secondo candidato al Nazareno, Gianni Cuperlo, afferma che «la Cancellieri deve fare chiarezza assoluta». Poi nel pomeriggio, prima dell’assemblea del Pd, riunisce i 200 parlamentari che sostengono la sua corsa e si decide che la soluzione migliore sarebbero le dimissioni della Cancellieri, ma se Letta metterà la fiducia a quel punto non voterebbero contro il ministro.

Decadenza, Berlusconi andrà in tv “Voto illegale al Senato, va rinviato”. L’articolo sulla Repubblica di Carmelo Lopapa:

La decadenza tra una settimana esatta, nient’altro nella mente. Ora che falchi e lealisti si contendono poltrone e posti di potere dentro Forza Italia dopo aver causato la scissione, Silvio Berlusconi si tiene lontano dalle diatribe romane, dal nuovo organigramma del partito, perfino dalla legge di stabilità alla quale Brunetta e i suoi hanno ormai dichiaratoguerra. Il Cavaliere ha altro per la testa, ieri è rimasto ad Arcore per il breafing con gli avvocati proprio in vista del 27 novembre. Anche perché, come lo hanno informato i senatori di fiducia, il Pd concederà non più di 48 ore di slittamento. Insomma, ci siamo. E a poco è valsa la lettera con cui i gruppi Pdl, Forza Italia, Gal e Legaal Senato hanno scritto al presidente Piero Grasso per chiedere il rinvio e la convocazione di un nuovo Consiglio di presidenza per «violazione del segreto della giunta per le elezioni» che ne avrebbe «inficiato i lavori». Il leader di Forza Italia non ci spera e gioca in contropiede. E vuole lanciarsi in settimana in una campagna tv per denunciare l’esclusione «antidemocratica e illiberale» dal Parlamento. La prima uscita ieri a Matrix è saltata per la tragedia in Sardegna. Per il 27 la Santanché e altri, con il supporto dei “giovani falchi”, sta organizzando una manifestazione di piazza. «Se la decadenza passa, Forza Italia si dovrà muovere, non sarà un giorno qualsiasi per l’Italia e la democrazia » spiega. Berlusconi intanto avrebbe selezionato 8 giovani, nel corso degli incontri a Villa Gernetto (lunedì sera l’ultimo), volti giovani e freschi da spedire nei talk show. Lunedì nuovo incontro con altri 120 ragazzi dei circoli di Dell’Utri a Milano. Mentresabato sarà a Roma alla kermesse dei giovani Pdl (oggi Forza Italia) guidati da Annagrazia Calabria. Ritmi da campagna elettorale.