“Apple Pay, sarà davvero la fine del portafoglio?”, Sole 24 ore

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Settembre 2014 - 10:43 OLTRE 6 MESI FA
Apple Pay sarà davvero la fine del portafoglio?

Apple Pay (LaPresse)

ROMA – Apple mira a controllare l’universo dei pagamenti mobili, diffondendoli, a scapito di Google e degli operatori mobili: grazie a un mix speciale di sicurezza e usabilità. È questa la lettura che un po’ tutti gli esperti stanno dando ad Apple Pay, sistema annunciato il 9 settembre con l’iPhone 6 e l’Apple Watch.

Per ora è previsto solo negli Stati Uniti (a ottobre), ma è quasi certo che il sistema arriverà in Europa e quindi (forse) anche in Italia. E sarà così: avviciniamo il nuovo iPhone (il sesto) al Pos del negoziante, poggiamo il dito sul lettore di impronte digitali integrato e usciamo, senza fare altro.

Scrive Alessandro Longo sul Sole 24 ore:

Abbiamo già pagato: con la carta di credito ospitata, in modo criptato, su un chip speciale del cellulare (il Secure Element); lo scambio di informazioni con il Pos avviene tramite onde radio (tecnologia Nfc). Ma con l’impronta digitale e Apple Pay potremo comprare anche online, al posto di digitare password o numeri di carta, come già possibile con Samsung. Certo, Apple non ha inventato nulla di nuovo. «Ma a dispetto dell’opinione comune, Apple non inventa mai un mercato. Piuttosto, si inserisce in quelli esistenti per ridefinirli, riuscendo a portarli verso il pubblico di massa», dice Ian Fogg, analista di Ihs.

È stato così con le app e gli smartphone. Forse Apple riuscirà nell’impresa anche con i pagamenti mobili di prossimità (Nfc), che finora sono rimasi in una nicchia. Gli utenti stentano ad adottarli anche negli Usa, dove c’è da tempo Google Wallet. I motivi principali, notano vari analisti (tra cui Gartner) sono due: dubbi sulla sicurezza del sistema e usabilità non eccelsa. Gli utenti cioè non colgono davvero il vantaggio a pagare in questo modo, in termini di comodità e risparmi di tempo, rispetto all’uso della carta fisica. Ecco perché Apple si focalizza su usabilità e sicurezza. Sulla prima perché fa pagare senza bisogno di app dedicate (che ci saranno ma saranno facoltative) e senza nemmeno bisogno di guardare il display (una vibrazione conferma l’avvenuto pagamento).

Sulla seconda perché Apple Pay fa tutto con crittografia e non usa mai i veri dati dell’utente. Sull’iPhone la carta è rappresentata da un Device Account Number, assegnato dal servizio, unico per ogni utente. Quando l’utente paga, viene scambiato con il Pos il Device Account Number insieme con un codice di sicurezza dinamico, specifico per quella transazione. Tecnicamente, è un «pan dinamico con tokenizzazione». Apple non ospita i dati sui propri server, a differenza di Google Wallet che usa il cloud. I servizi degli operatori mobili e le banche italiane hanno nella sim, invece, il secure element e poi fanno pagare con un’app dedicata. Di fatto però solo quest’anno i servizi arriveranno a maturità (…)