Art. 18 ieri oggi e domani, in Italia e Europa, il Sole 24 riassume

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Settembre 2014 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA
Art. 18 ieri oggi e domani, in Italia e Europa, il Sole 24 riassume

Art. 18 ieri oggi e domani, in Italia e Europa, il Sole 24 riassume

ROMA – Le differenze fra il vecchio, l’attuale e il futuro articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e un confronto anche con altri Paesi europei simili per dimensioni all’Italia sono riassunte in un utile specchietto dal Sole 24 Ore.

IL VECCHIO ARTICOLO 18

Prima della legge 92 il vecchio articolo 18 prevedeva una sola sanzione in caso di licenziamento intimato in violazione dei limiti di legge: il reintegro nel posto di lavoro e il risarcimento del danno in misura pari alle mensilità dal licenziamento al reintegro, con il minimo di cinque. E per il giudice si trattava di una scelta obbligata (solo il lavoratore poteva convertire il reintegro in un indennizzo monetario).

LA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI

LE MODIFICHE DELLA FORNERO
La legge Fornero ha previsto una gradazione delle sanzioni, marginalizzando il reintegro. In caso di licenziamento discriminatorio (reintegro più risarcimento integrale), in caso di disciplinare (reintegro o solo indennizzo), in caso di licenziamento economico (motivo oggettivo) solo indennità fino a 24 mesi, ma reintegro più indennità se il motivo economico è «manifestamente insussistente»
LE MODIFICHE ANNUNCIATE DA RENZI
Dalle parole del premier sembrerebbe non cambiare nulla per i licenziamenti discriminatori (quelli cioè intimati per ragioni politiche, religiose, di genere), con la reintegra piena, così come del resto è previsto in tutta Europa. La tutela reale resterebbe anche per i licenziamenti disciplinari (verrebbero tipizzate le fattispecie di reintegro). La tutela reale sparirebbe solo per gli economici.

IL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI

ITALIA

Un terreno di confronto da quasi due decenni
Sulla questione della reintegra del lavoratore licenziato illegittimamente, ovvero dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, diversi sono stati i tentativi di modificare la norma. Ci provò Massimo D’Alema nel 1999 da presidente del Consiglio quando, all’interno di alcune misure per la crescita dimensionale delle imprese, mise in campo l’ipotesi di consentire alle imprese con meno di 15 dipendenti di assumere altri lavoratori a tempo indeterminato con una moratoria di 3 anni dell’articolo 18. Il niet della Cgil, allora guidata da Sergio Cofferati, bloccò sul nascere l’iniziativa. Successivamente ci provò nel 2001-2002 il governo guidato da Silvio Berlusconi, anche qui senza successo. In entrambi i casi i tentativi riformatori sono costati vite umane, nelle persone di Massimo D’Antona, consulente del ministro del Lavoro Antonio Bassolino nel governo D’Alema, e Marco Biagi, che aveva lo stesso incarico presso il ministero di Roberto Maroni nel governo Berlusconi

SPAGNA
L’impresa indennizza anche con la reintegra del giudice
Il Spagna, a seguito della riforma Rajoy, la reintegra è divenuta facoltativa. Infatti il lavoratore, in caso di licenziamento illegittimo, può chiedere di rientrare nel proprio posto di lavoro al giudice, il quale può emettere sentenza di reintegra; tuttavia, anche a fronte di questa sentenza, l’impresa può non reintegrare il dipendente pagando un indennizzo, optando quindi per il solo risarcimento del danno. Il quale può raggiungere una somma che, nella sua misura massima, non può superare i 33 giorni per anno di lavoro, riducendo così i 45 giorni/anno previsti precedentemente. La riforma spagnola, cercando di rendere meno rigido il mercato del lavoro, ha prima di tutto innalzato da sei mesi a un anno il periodo massimo di prova durante il quale è consentito alle parti il libero recesso. Il dipendente a tempo pieno, poi, può essere licenziato anche senza giusta causa. L’azienda è tenuta solo a versargli un risarcimento

GRAN BRETAGNA
Discrezionalità del giudice, la reintegra è rara
Nel Regno Unito la reintegra del dipendente (che sia in un medesimo posto, “reinstatement”, o in un posto diverso e comparabile a parità di retribuzione, “reengagement”) è sì prevista dalla legge, ma viene applicata molto raramente. Il giudice ha un’ampia discrezionalità nel caso in cui debba decidere se reintegrare o meno un lavoratore licenziato illegittimamente; per cui il reintegro è una delle opzioni ma la scelta è sempre del
magistrato che, se ritiene non praticabile il reintegro, opterà per una sanzione economica di tipo risarcitorio. Ed è quello che più frequentemente succede: la prassi evidenzia come molto spesso i giudici preferiscano condannare al pagamento di una somma di denaro piuttosto alta e che viene ulteriormente incrementata qualora il datore non abbia rispettato la procedura prescritta per il recesso. Il riconoscimento economico (per i licenziamenti ingiustificati) ha dei limiti e comunque varia a seconda dell’anzianità di servizio

GERMANIA
Reintegro possibile ma applicato solo in pochi casi
In Germania, dove il sistema del lavoro è caratterizzato da forme di compartecipazione molto avanzate, le tutele si applicano nelle aziende con più di 10 dipendenti e per i licenziamenti è necessaria una consultazione con il comitato di impresa che, se lo ritiene illegittimo, ricorre al giudice; quest’ultimo poi può scegliere tra reintegro e risarcimento. Quindi il reintegro è possibile (ma non obbligatorio) ma è applicato in pochi casi. Questo perché la giurisprudenza tedesca opta per la tutela piena e reale solo se c’è una proficua ripresa della collaborazione tra datore di lavoro e lavoratore. Quando cioè è possibile un effettivo ritorno in azienda. Un licenziamento è considerato illegittimo quando è basato su fattori inerenti la capacità o le qualità o la condotta del lavoratore. Inoltre per i licenziamenti non economici non è prevista una indennità di licenziamento salvo diversa previsione dei contratti collettivi
FRANCIA
Reintegra di diritto solo se c’è discriminazione
In Francia, per un licenziamento “sans cause réelle et sérieuse” (vale a dire, senza una causa reale e seria) il lavoratore può chiedere di essere ripreso al suo posto di lavoro; però il datore di lavoro può opporsi alla reintegra e quindi il giudice può disporre a favore del lavoratore solo un indennizzo, che però non può essere inferiore alle sei mensilità. La sanzione della reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato non è quindi obbligatoria ed è prevista solo per il licenziamento discriminatorio. Vale a dire quando il licenziamento risulta essere nullo per motivazioni attinenti alla sfera privata del lavoratore, o intimato a seguito di molestie. In questi casi la reintegra è di diritto per i dipendenti. In tutti gli altri casi scatta invece un risarcimento monetario, un indennizzo, cioè, che aumenta a seconda dall’anzianità di servizio del lavoratore