Assemblea Pd Lazio, urla, rissa e malori: Massimiliano Dolce in ospedale…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Marzo 2014 - 14:29 OLTRE 6 MESI FA
Assemblea Pd Lazio, urla, rissa e malori: Massimiliano Dolce in ospedale...

Assemblea Pd Lazio, urla, rissa e malori: Massimiliano Dolce in ospedale…

ROMA – Urla, rissa e malori per la turbolenta assemblea del Pd Lazio che è stata sospesa per “ko tecnico”, scrive Simone Canettieri sul Messaggero. Tutto è iniziato da uno scambio di parole che poi son degenerate nei toni fino a finire quasi alle mani. E mentre Massimiliano Dolce, che è rimasto ferito, viene trasportato al Policlinico Unberto I per accertamenti, gli altri presenti non possono che commentare sconsolati la figura fatta.

Canettieri sul Messaggero scrive:

“Prima del gong, cioè dell’inizio dei lavori, l’arcipelago del Pd laziale uscito dalle primarie inizia a comporsi. Arriva Melilli, vincitore con il 60% dei voti: l’ex presidente della Provincia di Rieti, pop-dem di fede franceschiniana, è raggiante. Dice «finalmente un partito robusto», parla di «piani di rientro e cambio di marcia successivo per il Comune» e di sanità regionale. Poco distante Bonaccorsi, rottamatrice della prima ora e vicina all’ex ministro Gentiloni, è in riunione con i fedelissimi. Luciano Nobili, vicesegretario del Pd di Roma (il numero uno Cosentino non c’è) agita una cartellina. C’è scritto: «Statuto del Partito democratico». Alla spicciolata ecco gli altri big: il sindaco Marino in bici, il governatore Zingaretti con il Vespone. E poi Stefano Fassina, Enrico Gasbarra, gli europarlamentari Gualtieri e Sassoli. Per il Governo c’è anche Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione pubblica. Dice: «Qui non esistono i renziani: c’è solo chi ha vinto e chi ha perso le primarie». Il caos scoppia quando si decide di votare il presidente dell’assemblea regionale. Melilli propone Liliana Mannocchi, funzionaria della Pisana, vicina all’ex assessore regionale Marco Di Stefano (lettiano)”.

Poi i toni si accendono e arriva lo scontro:

“Da statuto, dicono i supporter della parlamentare, l’ «assemblea sceglie il proprio presidente». E siccome Mannocchi non ne fa parte – non è una delegata – in sala scoppia il parapiglia. «È già successo», la giustificazione. La risposta: «Macché, voi non conoscete nemmeno l’italiano». Il dibattito impazza. Il partito si spacca. Urla. Tensione. Melilli si sbottona la giacca: «Senza presidente, non faccio il segretario. Ora votiamo e poi se lo statuto non lo permette riconvochiamo l’assemblea». C’è chi propone il voto segreto, sperando nei franchi tiratori. E cioè «l’effetto 101» o «Idi di marzo», visto il calendario”.

Alla fine arriva il momento del voto, ma anche quello della rissa:

“Mannocchi, per molti benedetta anche da Goffredo Bettini, viene eletta: 85 voti contro i 55 di Bonaccorsi. I civatiani si astengono. La rissa verbale alza i decibel. Una lotta tra tribù”.

E alla fine accade l’inevitabile:

“La situazione non si sblocca, i big se ne vanno, in sala si discute come in un saloon. Bonaccorsi esce per far mancare il numero legale, rimane a fare le sue veci Dolce. Che nella concitazione di un duro faccia a faccia con due Melilli Boys cade e perde i sensi. Assemblea sospesa. Arriva l’ambulanza: non è grave. Il Pd sta messo peggio”.