Attacco in Siria; Voto in Giunta, Pdl affila le armi: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Settembre 2013 - 09:56 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Obama trova l’accordo per l’attacco. Il Corriere della Sera: “Obama ottiene il sì dei repubblicani per l’attacco alla Siria. Ma l’Onu frena: senza il nostro via libera nessun intervento è possibile. Test missilistico Usa-Israele.”

I leader del Congresso con Obama Ma l’Onu: «Prima la risoluzione». L’articolo a firma di Guido Olimpio:

“Un test che ha preso la temperatura alla regione e ha rappresentato un segnale di quello che potrebbe accadere. Ieri mattina, i radar russi hanno segnalato il «lancio di due ordigni balistici» dal Mediterraneo orientale verso la Siria e poi caduti in acqua. Allarme seguito da smentite generali quanto laconiche. Poi un comunicato da Israele ha confermato: si è trattato di una prova del sistema anti-missile svolto in collaborazione con gli Usa. Precisazione americana: noi non c’entriamo. Risposta pignola da Gerusalemme sull’iniziativa «congiunta» con gli Stati Uniti. Gli israeliani avrebbe sparato da un caccia un missile che simula le prestazioni di ordigni balistici identici a quelli in possesso dei suoi avversari. Un lancio per misurare la capacità dell’Arrow, apparato costruito insieme agli Usa e destinato a intercettare missili terra-terra. Risvolti tecnici di un episodio che si sommano ad altri: un monito di Israele a Siria e Iran, la prontezza dei sistemi d’allarme russi (in passato non sempre all’altezza), le dinamiche intrecciate nella Regione. I lampi sul mare hanno fatto da anteprima ad una giornata intensa, con altri annunci sulla crisi siriana. Barack Obama si è incontrato con rappresentanti del Congresso ottenendo la promessa di un sì all’opzione militare. Lo hanno dichiarato apertamente i capi della maggioranza repubblicana, Boehner e Cantor, così come la democratica Nancy Pelosi. Il presidente, per la centesima volta, ha assicurato che si tratterà di un attacco «mirato e proporzionato» in quanto «questo non è l’Afghanistan». La Casa Bianca ha anche sostenuto che gli americani forniranno armi contro-carro ai ribelli, spedizioni promesse in passato e mai completate. L’intesa potrebbe aprire la via ad un voto «rapido» del Congresso anche se alcuni deputati democratici hanno proposto dei paletti per «contenere» l’intervento.”

Politica e società civile. Le adesioni al digiuno diventano trasversali. L’articolo a pagina 4 de Il Corriere della Sera:

“L’appello di papa Francesco per una giornata mondiale di digiuno e preghiera contro la guerra in Siria ha già raccolto tante adesioni entusiaste, dalla politica alla società civile. Dopo il ministro degli Esteri, Emma Bonino, che auspica «uno stanziamento del governo a favore dei profughi siriani nel decreto missioni», sull’esempio di quello tedesco, altri tre esponenti dell’esecutivo confermano la propria partecipazione all’evento di sabato, che culminerà in una veglia in piazza San Pietro dalle 19 alle 23, presieduta dal Santo Padre, che ieri su Twitter ha scritto: «Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche!». Fervente cattolico, il responsabile della Difesa, Mario Mauro, digiunerà per la pace: «Parteciperò certamente», ha assicurato. Come pure il collega Gianpiero D’Alia della Pubblica amministrazione e semplificazione. «Sono angosciato dalla sofferenza e devastazione che un ulteriore uso delle armi potrebbe portare a questo Paese martoriato», ha scritto su Facebook. «Digiunare e pregare sono gesti semplici che uniscono credenti e non credenti». Maurizio Lupi, titolare di Infrastrutture e Trasporti, si prepara spiegando che «il grido di Bergoglio ci coinvolge e responsabilizza tutti». Pier Ferdinando Casini si presenterà in piazza San Pietro per la veglia, mentre l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, si raccoglierà in preghiera nel convento di Orvieto. Andrea Olivero di Scelta Civica dice che «da cittadino e da credente unisco la mia preghiera e il mio impegno fattivo per la pace in Siria e nel mondo». Si schiera con il Papa Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia: «Basta azioni militari, sì a soluzioni politiche». E annuncia una mozione contro l’intervento militare. Con Bergoglio anche il senatore Giuseppe Esposito, vicepresidente Copasir.”

Navi, missili, soldati e falsi bersagli. Usa e Siria si preparano allo scontro. L’articolo a firma di Guido Olimpio:

“Assad avrà chiesto consigli ai vecchi ufficiali di Gheddafi, ai serbi che hanno servito con Milosevic, agli ufficiali nordcoreani che collaborano con il suo esercito e, infine, ai russi che lo assistono. Poi avrà riesaminato le incursioni dell’aviazione israeliana contro le installazioni militari siriane. Almeno quattro. Quindi ha impartito gli ordini nella speranza di proteggere una parte del materiale che potrebbe essere colpito da un attacco statunitense. Da giorni le segnalazioni degli oppositori e di normali cittadini raccontano di movimenti delle unità siriane. Una manovra per «disperdere» i pezzi più importanti. I primi ad essere spostati i numerosi missili terra-terra Scud. Indispensabili per una possibile rappresaglia contro Israele e spesso usati per distruggere interi quartieri. Di solito sono sul Qalamoun, la montagna fortezza che ospita molte installazioni, ora sarebbero nella zona di Homs e Latakia. Si sono trasferiti a Nord anche reparti della 155esima brigata, sospettata di essere coinvolta negli attacchi chimici. Ancora gli attivisti a Damasco hanno «marcato» convogli diretti a Deraa (sud) e Dumayr (sud est). Evacuate parzialmente posizioni nell’aeroporto internazionale nella capitale e i comandi. Imitando quanto fatto da altri eserciti, quello siriano ha cercato di mimetizzare i nuovi posizionamenti. Con un parco veicoli decrepito, il regime ha usato camion civili requisiti. Sono più moderni, possono essere confusi con mezzi comuni. Missili e altro materiale sarebbero stati nascosti in capannoni industriali mentre i soldati hanno occupato palazzi abbandonati. Si è sparsa la voce — inverificabile — che la polizia abbia trasferito dei prigionieri politici nei siti a rischio. In caso di attacco non faranno da scudi umani, bensì da «vittime dell’aggressione». Le contromisure di Assad, per alcuni osservatori, potrebbero funzionare costringendo il Pentagono a riprogrammare continuamente la lista dei bersagli dei missili cruise Tomahawk che ricevono via satellite le coordinate dei bersagli. E si ricorda come in occasione della guerra per il Kosovo i serbi fossero riusciti ad ingannare, almeno inizialmente, l’aviazione americana con falsi bersagli.”

Pil in calo dell’ 1,8% «L’Italia è l’unico Paese del G7 in recessione». L’articolo a firma di Stefania Tamburello:

“L’Italia è l’unico paese del G7 ancora in recessione con una previsione di calo del Prodotto dell’1,8% nel 2013. Lo si sapeva già, ma il fatto che l’Ocse, l’organismo che riunisce i paesi più industrializzati, lo abbia ribadito ieri fa effetto. Tanto più che nel loro rapporto gli economisti parigini sottolineano gli elevati rischi che continuano a pesare sulla «ripresa moderata» dell’Europa e rilanciano gli allarmi sulla disoccupazione che potrebbe «diventare strutturale anche in presenza di un riavvio della crescita, provocando tensioni sociali». Alla vigilia della riunione dei capi di Stato e di Governo dei 20 paesi più ricchi del mondo che ha in cima alla sua agenda – non considerando il confronto sulle tensioni geopolitiche – il problema di sostenere la crescita ancora squilibrata a livello globale, l’Ocse conferma l’urgenza dei temi del lavoro che nel corso del vertice di San Pietroburgo saranno discussi in una apposita sessione. L’Italia dunque è ancora in affanno rispetto a Germania, Francia, Gran Bretagna, Usa, Giappone e Canada, (che nel 2013 dovrebbero registrare un Prodotto in aumento rispettivamente dello 0,7%, dello 0,3%, dell’1,5%, dell’1,7% dell’1,6% e del 2%) ma «il miglioramento è in atto», ha osservato il capo economista dell’Ocse, Giancarlo Padoan. «Non ci siamo ancora, ma ci saremo presto», ha aggiunto. «Le stime riportate nella nostra valutazione (-0,4% per il terzo trimestre e -0,3% per il quarto) appaiono ancora negative perché si tratta di raffronti su base annualizzata ma i numeri positivi stanno arrivando o pensiamo che arriveranno molto presto», ha quindi spiegato Padoan a Radiocor. Il problema per l’Italia, ma anche per gli altri paesi, è se tale ripresa significherà anche un riavvio delle assunzioni. Se cioè assieme al Pil torneranno a crescere anche i posti di lavoro. Perché ciò avvenga, ha suggerito ancora Padoan, «occorre assecondare il miglioramento dell’economia con interventi sul mercato occupazionale, da una parte con l’accelerazione e la messa in atto delle riforme già varate e dall’altro con interventi che aumentino l’incentivo per le imprese ad assumere i giovani, magari anche usando strumenti contrattuali di tipo temporaneo all’inizio per poi renderli permanenti».”

Siria, più vicini i raid Usa. La Stampa: “Obama ottiene il sì dai big repubblicani ai raid contro Assad e questo avvicina il via libera del Congresso. Ma Ban Ki-moon stoppa la Casa Bianca: senza l’ok dell’Onu l’uso della forza è illegale. Ieri, intanto, c’è stato un test missilistico congiunto UsaIsraele nel Mediterraneo.”

Trattativa fallita, si va verso la crisi. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Lunedì dopo pranzo i figli di Berlusconi erano pronti a domandare la grazia per conto del genitore. L’avrebbero chiesta, con il plauso dell’azienda di famiglia, nel caso in cui Napolitano fosse stato disponibile a concedere una sorta di indulgenza plenaria. Vale a dire, qualora il Capo dello Stato avesse avuto in animo di abbuonare non solo i 4 anni di carcere del Cavaliere (di cui tre sospesi dall’indulto), ma pure le pene accessorie, tra cui l’interdizione dai pubblici uffici con annessa incandidabilità. Per cui ad Arcore c’era un clima di trepida attesa. Ma verso le dieci di sera l’illusione è svanita. Secondo ricostruzioni che filtrano da Arcore, il Quirinale avrebbe mandato a quell’ora segnali di netta chiusura sul punto che in questa fase più interessa a Silvio, vale a dire la cancellazione delle pene accessorie. Come massimo, così hanno riferito gli ambasciatori, Napolitano potrebbe risparmiare a Berlusconi la pena principale. Purché il condannato, come fu detto nella nota del 13 agosto, con umiltà incominci a scontare la sua pena. E in ogni caso di restituirgli l’onore politico, compresa la possibilità di ricandidarsi e magari tornare un giorno al potere, non se ne parla nemmeno: la grazia sarebbe il «de profundis» del ventennio berlusconiano… Informato degli sviluppi, il Cavaliere è andato su di giri. Anche perché nei giorni scorsi si era fatto confezionare segretamente un dossier (lo studio dell’avvocato Ghedini stavolta non c’entra) da cui risulterebbe che in una dozzina di altri casi Napolitano aveva concesso la grazia, comprensiva di abbuono delle pene accessorie. «Perché agli altri sì e a me no?», è esploso Berlusconi, senza rendersi conto che il suo profilo pubblico è un tantino diverso.”

Tra i 5 Stelle divisi torna l’ombra delle espulsioni. L’articolo a firma di Andrea Malaguti:

“Sulla tribunetta opposta, anche il pacato medico Maurizio Romani, toscano, antirenziano viscerale, considerato un trattativista, ha una cosa da dire. «È emerso un grande astio qui dentro. Anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo. Siamo già divisi in due gruppi. Forse tre. Ma se volete che io smetta di parlare con i giornalisti, beh, allora buttatemi fuori». Lo streaming rimanda impietoso ogni singola parola. È fatto così il futuro? I talebani di Grillo e Casaleggio guardano il dottore di Firenze stringendo gli occhi. Lo vedono sfocato, annacquato come un riflesso in una pozzanghera. Se fosse una squadra di calcio sarebbe facile dire che lo spogliatoio è spaccato. Esseri umani che non si amano. Idee politiche che non combaciano. Luis Orellana, che i colleghi volevano candidare alla presidenza del Senato pochi mesi fa, dopo uno sfogo contro il capo della comunicazione Claudio Messora («non ha più la mia fiducia») dice che anche questa storia dell’impossibilità di immaginare un cammino con il Pd lo ha stufato. «Sono per il dialogo. Parliamo solo di se, ma non bisogna avere tabù. Del resto in Sicilia siamo alleati con Crocetta». I colleghi Campanella e Bocchino sembrano approvare. «Chiediamo alla rete che cosa pensa». Le amazzoni del Movimento – la Taverna, la Bottici, la Bertorotta, donne decise, che difficilmente hanno la grazia di giocatrici di badminton – lo inceneriscono verbalmente. Vito Crimi e Nicola Morra sorridono enigmatici. Crack. All’improvviso il pianeta 5 Stelle più che un mondo totalitario sembra un mondo incasinato.”

La resurrezione Dc un’incognita per Matteo. L’articolo a firma di Marcello Sorgi:

“Annunciato da tempo come una grande resa dei conti, il secondo tempo della sanguinosa partita culminata nel siluramento di Marini e Prodi alla Presidenza della Repubblica, il congresso del Pd si chiude prima di cominciare. Con un patto interno alla nuova generazione e una storica, imprevedibile sconfitta della componente (post) Pci, che aveva fin qui dominato la tormentata esistenza dell’ultimo partito sopravvissuto alla Prima Repubblica, nato nel 2007 dalle macerie di quelli che per mezzo secolo avevano dominato la scena politica italiana. Più dei numeri e delle percentuali delle correnti, aggiornate in vista dello scontro congressuale, hanno contato le «ola» per Matteo del popolo Pd nella stagione delle feste. Che una volta si chiamavano «dell’Unità», e si concludevano con adunate oceaniche per il comizio di chiusura del segretario generale, «assiso sul baldacchino invisibile su cui sedevano tutti i leader comunisti del mondo», come scriveva Vasquez Montalban; mentre adesso impazziscono per questo ragazzone, tutto battute toscane e «rottamazione»: ai loro occhi l’ultima occasione di tornare a vincere, dopo un ventennio di sconfitte subite da Berlusconi e dopo l’umiliazione finale del governo di larghe intese. Parafrasando Luigi Pintor, che in occasione del primo grande crollo elettorale di trent’anni fa titolò speranzoso «il manifesto» «Non moriremo democristiani», a denti stretti si dovrà ammettere che sarà proprio grazie alla Dc, invece, se alla fine il Pd sopravviverà. Avrebbe detto col suo tono svagato Arnaldo Forlani, il segretario finito in affidamento ai servizi sociali innamorato di Nietzsche e del pentapartito: «E’ l’eterno ritorno del sempre uguale».”

Crescita, il piano in 5 punti di Letta. L’articolo a firma di Paolo Baroni:

“«Finora abbiamo usato il cacciavite. Ora, tamponate tutte le emergenze, possiamo finalmente fare politica economica». I tempi sono maturi, l’orizzonte è vicinissimo, metà ottobre, ovvero la scadenza della legge di stabilità. Il menù degli interventi è già abbozzato e in molti punti risponde alle richieste di imprese e sindacati che martedì da Genova hanno lanciato il loro programma-appello per rilanciare l’economia. Del resto con le parti sociali Letta ha avuto svariati incontri, riservati e non. Un confronto continuo, a tutto campo. Con il presidente di Confindustria Squinzi l’ultimo contatto risale al giorno del varo del decreto Imu, il 28 agosto. Un primo giro d’orizzonte in vista proprio del varo della legge di stabilità. E con Camusso c’era stato un colloquio qualche giorno prima. «Assieme sono stati individuati terreni di analisi condivisi» fanno sapere da palazzo Chigi. Ed ora l’uscita di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, che chiedono non solo misure economiche ma anche stabilità di governo, alla fine rappresenta un buon assist per un esecutivo sempre più esposto ai rischi di una crisi politica. Non è un caso che Letta, a botta calda, abbia salutato con favore l’intesa a quattro. Un «fatto positivo» dal momento che discutere di cose concrete «può aiutare ad uscire dal caos in cui ci troviamo».”