Attentato a Boston, lite Pd su Colle, Juventus: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Aprile 2013 - 10:15 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Boston, bombe alla maratona. La Stampa: “Sangue sulla maratona di Boston: due esplosioni sulla linea di arrivo uccidono almeno due persone, tra le quali un bambino di 8 anni, e ne feriscono oltre cento. Disinnescati altri ordigni, città paralizzata. Obama alla nazione: come un atto di terrorismo, troveremo i responsabili. Negli Usa torna la paura.”

Terrore alla maratona di Boston. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“Il boato raggiunge il parterre, la gente si getta sulle transenne, crollano alcune delle tribune costruite a ridosso dell’arrivo, sull’ultimo miglio del percorso, quello intitolato alle vittime della st rage d i ba m b i n i a Newtown. Grida e urla del pubblico aggrediscono i corridori mentre le bandiere che disegnano il percorso cadono in terra, calpestate dalla folla che fugge urlando. I soccorritori con i giubbotti gialli e i soldati della Guardia Nazionale schierati a protezione del circuito sono i primi a reagire. Prendono i feriti in braccio, sulle spalle, ma alcuni sono molto gravi, coperti di sangue, con ferite profonde, arti amputati. Mancano le barelle, le autoambulanze non riescono ad arrivare perché l’intera zona è chiusa alla circolazione e nella confusione chi è in condizioni peggiori viene portato via sull’unico mezzo di locomozione disponibile: sedie a rotelle. C’è una donna con le braccia coperte di sangue, un’altra che sanguina dalle gambe colpite dalle schegge, un uomo mostra gravi ferite al volto.”

“Un gran botto, poi le urla Come una scena di guerra”. L’articolo a firma di Paolo Mastrolilli:

“All’improvviso sento questo «A scoppio, come quello di un cannone. Immagino che si tratti di fuochi di artificio, qualcosa per celebrare la fine della corsa. Però la terra trema sotto i miei piedi, e vedo la gente che corre. Mi volto, e sul marciapiedi noto il sangue. Sento i feriti che urlano, i soccorritori che cercano di aiutarli, i sopravvissuti che scappano. La guerra deve essere così». È festa, a Boston, quando l’incubo dell’attacco terroristico torna a perseguitare l’America. È il «Patriot’s Day», il giorno dedicato ai patrioti, nella città che rovesciando per protesta dentro alle acque del porto le casse di tea destinate in Inghilterra, avviò la rivolta contro la dominazione britannica. Gli uffici e le scuole sono chiusi, i bambini sono in mezzo alla strada per vedere i corridori. Rachel si sta godendo la festa, quando sente il primo scoppio: «La gente aspetta un momento, perplessa. Poi arriva la seconda esplosione e tutti capiscono: scoppia il caos. Una esperienza terrificante». Un’altra testimone, Marilyn Miller, racconta incredula: «Ho visto la gamba di qualcuno che mi volava davanti. Ero venuta a salutare un’amica che correva, non ho capito più niente». Rachel, poco lontano, urla: «Vedo il panico nella faccia della gente. Capisco che bisogna andare via, subito, il più in fretta possibile. Il pubblico venuto per la corsa inizia a scappare via dalla linea dell’arrivo. Il rumore delle sirene riempie l’aria».”

Obama: troveremo i responsabili. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“«L’America si stringe attorno a Boston, i responsabili faranno i conti con la forza della giustizia degli Stati Uniti». Il presidente Barack Obama parla alla nazione dalla Brady’s Room della Casa Bianca dopo aver esaminato con il capo dell’Fbi Robert Mueller e il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano le informazioni raccolte sull’attentato di Boston. Il primo intento è di far raccogliere l’America attorno alle vittime, sottolineando l’importanza della solidarietà per reagire alla ferita subita: «Tutti gli americani sono a fianco della gente di Boston» dice Obama, usando un linguaggio che evoca la reazione alle stragi da armi da fuoco avvenute negli ultimi anni, da Tucson in Arizona a Newtown in Connecticut. Subito dopo affronta il tema della responsabilità, con voce ferma ma grande prudenza: «Non abbiamo tutte le risposte a quanto avvenuto, ancora non sappiamo chi lo ha fatto né perché, non dobbiamo tracciare delle conclusioni prima di disporre di tutti i fatti». Come dire: niente fretta nell’indicare responsabili o avvalorare ogni tipo di pista, esterna o interna. La prudenza è confermata dalla scelta di evitare di adoperare il termine «terrorismo» che invece rimbalza sui grandi network tv perché ad adoperarla sono state le fonti dell’Fbi che per prime hanno fatto filtrare la loro lettura di quanto avvenuto.”

Islamici o fanatici pro-armi. Tutte le piste ancora aperte. L’articolo a firma di Paolo Mastrolilli:

“Il primo pensiero va in automatico alla pista islamica. Poco più di un’ora dopo l’attentato, infatti, tra gli addetti ai lavori gira già la voce che sia stato arrestato un cittadino saudita. Era tra i feriti, è stato fermato come possibile sospetto. Steve Emerson, uno dei maggiori esperti americani di terrorismo, è scettico: «Mi pare strano che un professionista del terrore, coinvolto in una operazione di questo genere, si faccia colpire dalla sua stessa bomba». Emerson si spinge anche oltre: «È vero che Al Qaeda è un’organizzazione in continuo cambiamento, e potrebbe aver deciso di mutare tattiche, ma al momento non vedo le sue impronte su questo attacco». Il motivo dello scetticismo sta nelle modalità dell’attentato. Finora il gruppo fondato da Osama bin Laden aveva puntato su grandi operazioni, concentrate sui centri del trasporto di massa, le ambasciate, le strutture militari. Luoghi molto simbolici, anche sul piano politico. Le bombe usate nel passato dagli uomini di al Qaeda erano di potenza molto forte, mentre quelle di Boston non erano paragonabili a quelle scoppiate a Nairobi, Dar es Saalam, e nel porto di Aden contro la nave americana Cole. «È vero che c’erano molte persone che correvano, ma l’obiettivo non è paragonabile alle Torri Gemelle o alla folla di Times Square».”

Miserabile Pd. Il Giornale: “Dopo il segretario, anche Finocchiaro e Marini insultano Renzi: democratici mai così spaccati. Berlusconi incontra il sindaco di Firenze. Salta il vertice con Bersani.”

Parte il fuoco amico su Renzi: «Da lui attacchi miserabili». L’articolo a firma di Emanuela Fontana:

“È stata zitta qualche ora, la ex capogruppo al Senato dei democratici, indicata tra i no­mi papabili per il Quirinale nelle ultime settimane. Poi ha gridato la sua vendetta. L’og­getto della rabbia appassiona­ta è Renzi, che domenica sera in un’intervista con il Tg5 ha bocciato definitivamente sia la Finocchiaro sia Franco Ma­rini nella corsa al Colle. A pro­posito della potente signora democratica di Palazzo Mada­ma, Matteo ha ricordato la sua infausta esperienza al cen­tro commerciale con la scor­ta: «La ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano. Servono personaggi anti casta». Lady Ikea lo ha letteralmen­te fulminato: «Trovo che l’at­tacco di cui mi ha gratificato Matteo Renzi sia davvero mi­serabile », il primo commento irritatissimo. Poi la graffiata: «Sono dell’opinione che chi si comporta in questo modo po­trà anche vincere le elezioni, ma non ha le qualità umane in­dispensabili per essere un ve­ro dirigente politico e un uo­mo di Stato». È «inaccettabile e ignobile»che l’attacco mise­rabile «venga da un esponen­te del mio stesso partito». Il giovane sindaco si esprime «con una villania sgraziata», lo ha seppellito anche Barba­ra Pollastrini. Ai limiti dell’of­fesa grave il bersaniano Stefa­no Fassina: «I sondaggi crea­no deliri di onnipotenza…». Le miserable all’inizio non ha risposto con una parola: «Grazie mille», si è limitato a dire, ai giornalisti dopo l’in­contrto a palazzo Vecchio sul­la crisi della Selex. Non ha re­plicato nemmeno a Gasparri, che ieri lo ha definito «ridico­lo » per la sua posizione sulla questione cattolica: «Maria de Filippi, al confronto, è un gi­gante del pensiero». Ma il sar­casmo tra esponenti di partiti diversi è il gioco delle parti.”

Bersani non controlla più il Pd: rischio imboscate per il Colle. L’articolo a firma di Roberto Scafuri:

“Più inquietante è che l’improvvi­so attivismo dei renziani viene let­to da taluni come «saldatura» tra il movimento del Rottamatore e quello che a suo tempo fu il movi­mentismo prodiano: l’ubriacatu­ra ulivista per la «società civile», l’insofferenza di Prodi verso tutti gli altri capi dell’allora Pds. E difat­ti Prodi viene accreditato come candidato più gradito alla pattu­glia dei sessanta amici di Renzi in Parlamento. Massimo D’Alema, nemico storico del Professore, l’avrebbe capito prima di tutti e per questo si sarebbe precipitato col capo cosparso di cenere dal sin­daco fiorentino a Palazzo Vecchio. Singolare però che l’eventuale no­me d­i Prodi alla quarta votazione fi­nirebbe per essere votato dai Cin­questelle come il «meno peggio del peggio»,da Renzi per tornare al­le urne e da Bersani per ottenere un incarico pieno. Quando si dice eterogenesi dei fini. Si diceva di D’Alema, però. Oc­chio a non sottovalutarlo perché, in questo marasma, è quello che ha il fiuto più fino di tutti. Negli in­ciuci, direbbero i detrattori, si sa muovere come topo nel formag­gio. Il suo nome ieri è tornato a cor­rere sottotraccia, nella prospettiva che prima che si verifichi il quarto scenario, dunque alla terza vota­zione, il suo nome venga votato dal Pdl, dilaniando così definitiva­mente la fragilissima ragnatela di Bersani. Su «Baffino presidente» si concentrerebbero i voti di metà Pd, del Pdl, di Scelta civica, dei so­cialisti. E se l’incontro con Renzi ha significato qualcosa, potrebbe verificarsi il clamoroso «cambio di cavallo in corsa» per cui D’Alema ha trattato con Renzi. Mossa che spiazzerebbe i Cinquestelle. Ma so­prattutto Bersani e Prodi: il primo pagherebbe con il ritorno a casa il reato di «lesa maestà» (negli ultimi tempi i rapporti con l’ex mentore si sono fatti tragici), il secondo si ve­drebbe ancora una volta buttato giù da D’Alema. Vendetta chiama vendetta. Più che una faida am­bientata nella Locride, gli ultimi spasmi del Pd.”

Draghi: “Tassi bancari ancora troppo alti”. La Stampa: “Ok di Bruxelles a Basilea3 ma non varrà per i prestiti sotto 1,5 milioni.” L’articolo a firma di Tonia Mastrobuoni:

“Nonostante la politica monetaria che Draghi continua a rivendicare come «accomodante», cioè molto generosa nei confronti del sistema finanziario e degli istituti di credito, «si fa sentire solo in parte sulle condizioni di finanziamento per le imprese e le famiglie». Le aziende dei Paesi in crisi, ha aggiunto l’italiano, «devono affrontare condizioni di finanziamento peggiori rispetto a concorrenti con lo stesso livello di rischio di Paesi che non sono sotto pressione». Quanto al quadro economico, il numero uno dell’Eurotower vede miglioramenti rispetto all’emergenza dell’anno scorso, ma all’orizzonte «si stagliano ancora grandi problemi». I governi devono fare le riforme strutturali, per Draghi, che tuttavia ha incentrato alcuni passaggi su una delle sue preoccupazioni maggiori, su cui anche gli uffici economici della Bce si stanno arrovellando dall’estate scorsa. Nei Paesi periferici «sono le piccole e medie imprese a soffrire relativamente di più rispetto alle grandi», visto che queste ultime hanno spesso un accesso autonomo o comunque più agevole al mercato e sono meno dipendenti dai prestiti delle banche. Ma proprio per le Pmi c’è un’ottima notizia che arriva da Bruxelles. Per i prestiti alle imprese sotto il milione e mezzo di euro, le banche non dovranno rispondere ai criteri severi che dovrebbero essere introdotti da novembre con la nuova regolamentazione nota come Basilea 3. È appena stata emendata e approvata la direttiva che contiene il giro di vite sui requisiti di patrimonializzazione delle banche che avrebbe rischiato di paralizzare ulteriormente la già difficile relazione con le imprese nell’attuale, pessima congiuntura economica. Il sì definitivo è atteso dal Parlamento europeo alla prossima riunione plenaria.”

Lazio-Juventus 0-2. Doppietta di Vidal. I bianconeri vedono già lo scudetto. La Gazzetta dello Sport: “All’Olimpico il cileno segna nel primo tempo prima su rigore guadagnato da Vucinic e poi raddoppia con un inserimento centrale. La squadra di Petkovic reagisce ad inizio ripresa, ma la Juve tiene e porta a 11 i punti di vantaggio sul Napoli primo inseguitore.” L’articolo a firma di Riccardo Pratesi:

“La Juventus ha le mani sullo scudetto. Ora la questione sembra più quando lo vincerà piuttosto che se lo vincerà. Perchè il successo sulla Lazio all’Olimpico porta a 11 i punti di vantaggio della capolista sul Napoli (più lo scontro diretto favorevole), a 6 giornate dalla fine. A Roma una doppietta di Vidal decide la sfida tra le ultime due squadre italiane respinte dall’Europa, intesa come coppe. Già nel primo tempo. La Juve così si vendica dell’eliminazione in Coppa Italia, in semifinale, proprio per mano della squadra di Petkovic. Ed è appunto implacabile con il Napoli primo inseguitore, che aveva rallentato, domenica a San Siro, pareggiando contro un avversario più che complicato come il Milan. La Juve vince sempre, in Italia. Stavolta funziona anche il modulo di serata, con il quale al centrocampo a 5 si aggiunge Marchisio in appoggio a Vucinic, versione unica punta. Schema che Conte aveva in mente per la (poi disastrosa) trasferta di Champions a Monaco con il Bayern, e che era invece saltato per l’indisponibilità dal 1′ del montenegrino, reduce dall’influenza. Chissà come sarebbe andata…Di sicuro la Juve ha imperversato con questo schema all’Olimpico, con Vidal, Pogba e Marchisio a turno attaccanti aggiunti, scatenati negli spazi, partendo da lontano. La Lazio, lacerata dalle assenze tra infortuni e squalifiche e dalle fatiche di Europa League, stavolta non ha avuto il cinismo per approfittare delle poche occasioni create. E la sua difesa scricchiolante ha patito la mancanza di punti di riferimento. Troppo. La Champions si allontana sempre più.”