Attentato Boston, Antonio Mascolo racconta: “Boato, poi il sangue tra noi”

Pubblicato il 16 Aprile 2013 - 09:23| Aggiornato il 18 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

BOSTON – “Un boato tra i corridori e poi il sangue”. Antonio Mascolo, giornalista di Repubblica che correva la maratona di Boston, racconta l’attentato in prima persona. Mascolo non ha visto il traguardo dilaniato dalle esplosione, è stato fermato al 32° chilometro dalla polizia.

Mascolo era a Boston per correre la maratona più antica del mondo, quando viene fermato dai poliziotti, racconta sulle pagine di Repubblica:

“«Sono ancora lontano dal traguardo, i poliziotti mi hanno appena assicurato che non ci sono stati morti». Purtroppo si sbagliavano”.

Sono tre le vittime delle esplosioni, tra cui anche una bimba di 8 anni. Sei gli ordigni trovati dagli artificieri, due quelli esplosi e oltre 100 i feriti tra corridori e non che al traguardo attendevano i partecipanti. Mascolo insieme agli altri era lontano dal traguardo, ma i volontari lo hanno aiutato a riprendersi dallo shock:

“Il mio angelo custode si chiama Dafne Cardamone, è una volontaria italiana calabrese. Io alloggio al Midtown Hotel, a sette o otto minuti dal traguardo. Mi dice che ci porteranno tutti al Boston Common, un parco immenso dove troveremo gli shuttle per i vari alberghi”.

Poi la telefonata al capogruppo per trovare gli altri italiani in gara e partiti con lui:

“Cerco il mio capogruppo, lo chiamo al cellulare ma non riesco a mettermi in contatto. Sono preoccupato, non so dove siano gli altri italiani in corsa. Alcuni scoprirò che hanno visto la morte in faccia, al traguardo. Siamo più di 200, arrivati con tre tour operator diversi. Il mio si chiama “Born to run”, poi ci sono i ragazzi di “Terra Mia” e quelli di “Ovunque Viaggi”. Alle 5 di mattina ci hanno caricati sui bus e ci hanno portati a 40 chilometri dall’arrivo”.

La maratona di Boston non è una semplice manifestazione sportiva, ma una festa per tutta la città. Una festa che è trasformata in un incubo per i 27mila partecipanti:

“Il “via” per i campioni è alle 10 del mattino, per noi alle 10,40. Al chilometro 20 passiamo davanti al Wellesley College, dove le studentesse si avvicinano e ci baciano: è una vecchia tradizione. La percentuale di donne in gara è straordinariamente elevata, rispetto alle altre maratone. Qui tutto è diverso, è un altro mondo: ma adesso qui in centro è un inferno di ambulanze, allarmi. Si, qui è tutto diverso: ma come potevamo immaginare che fosse tanto diverso, tragicamente diverso, anche il finale che avevamo sognato?”.