Ballottaggio primarie centrosinistra, Pdl, Ilva e Sallusti: la rassegna stampa

Pubblicato il 3 Dicembre 2012 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Bersani vince la sfida delle primarie: ora comincia la battaglia vera”.

Le primarie incoronano Bersani. La Repubblica: “Candidato premier con il 60# dei voti”. Un leader forte. Editoriale di Massimo Giannini:

“Da queste primarie esce un leader forte, legittimato dal voto di tre milioni di italiani che credono nella democrazia e chiedono buona politica. Un leader che ottiene un quasi plebiscito e prevale nel fuoco di una battaglia finalmente vera, dove al contrario delle vecchie primarie di Prodi l’esito è stato davvero incerto e l’offerta è stata davvero plurale.
Da queste primarie esce un partito nuovo, già cambiato nell’articolazione interna e nella proiezione esterna. Un partito che si è scopre aperto, scalabile e comunque contendibile, dove al contrario della tradizione Ds-Pds-Pci non funzionano più i veti incrociati dalemianveltroniani né i blocchi imposti dai comitati centrali. C’è ancora molta strada da compiere, alla ricerca di una chiara identità politica. Il problema di cosa sia oggi un Pd nato per fondere le culture del cattolicesimo ex democristiano e del socialismo ex comunista, e tuttora costretto a federarsi con Sel e Udc per “unire progressisti e moderati”, resta tuttora irrisolto. E sta lì a dimostrare che il progetto è tuttora incompiuto”.

Il risultato sprona Berlusconi “Senza Renzi io posso correre”. Scrive Carmelo Lopapa:

“Ecco, la sinistra non cambia mai». Vista da Arcore, la vittoria di Bersani è «il trionfo della burocrazia e dell’apparato del vecchio partito sul bravo Renzi». È il segnale che Silvio Berlusconi attendeva, dato che «il candidato premier del Pd è in politica da più tempo di me». Sarebbe il via libera al lancio ufficiale del nuovo partito e della corsa del Cavaliere, se non lo frenassero in queste ore due incognite: le barricate erette contro di lui da Alfano e dirigenti Pdl e la riforma elettorale che in settimana andrà in aula al Senato.
Ma l’ex premier in rampa di lancio si sente comunque. Tornerà a Roma mercoledì per presentare il libro di Vespa, solo contatti telefonici nella domenica trascorsa in famiglia, per un Berlusconi comunque galvanizzato in serata dal previsto responso delle primarie Pd. Dopo il faccia a faccia di cinque ore di sabato, le distanze coi dirigenti del partito si sono fatte ancora più marcate. Il
leader ha reagito malissimo alle successive dichiarazioni del segretario e dei vari Cicchitto e Gasparri. «Si sono messi in testa di buttarmi fuori? Io non mi faccio sfrattare dal partito che ho creato » è lo sfogo nel day after. Non ha alcuna intenzione di convocare l’Ufficio di presidenza preannunciato da Alfano per una decisione finale sulle primarie Pdl. L’ex premier teme un «25 luglio», che quella riunione si risolva in una «trappola», che venga messo in minoranza. Con gli ex An in massa e altri dirigenti ormai schierati con “Angelino””.

Pioggia di cause civili contro l’Ilva. Un quartiere chiede 9 milioni di danni. Scrivono Carlo Bonini e Giuliano Foschini:

“In un contrappasso che si fa metafora, il cimitero chiede i danni all’Ilva. La struttura di San Brunone, a poca distanza dallo stabilimento, da anni continua a tinteggiare le cappelle di rosa per evitare che si sporchino del rosso dei minerali che l’azienda accumula in montagne alte decine di metri. «Perché almeno i morti — dicono — vanno tenuti puliti». E così, il cimitero si è associato a 148, tra cittadini ed enti, che hanno promosso causa civile all’Ilva spa per i danni subiti dall’inquinamento e il deprezzamento subito da abitazioni e proprietà (per un risarcimento stimato in nove milioni di euro circa). Un numero per altro destinato a gonfiarsi. Una stima dell’associazione ambientalista Peacelink, quantifica infatti il danno complessivo alla città e al suo ecosistema in 6 miliardi di euro, che si andrebbero a sommare ai 700 milioni già chiesti dal Comune. Il che dà un’idea di quale spada di Damocle gravi oggi sulla proprietà dello stabilimento al netto degli investimenti per la tutela ambientale (3,5 miliardi) imposti dal decreto legge. Soprattutto se la richiesta dei risarcimenti dovesse assumere, come probabile, la forma della class action”.

Livorno, antagonisti assaltano la Prefettura. Articolo di Michele Bocci:

” Hanno scagliato mattoni, bombe carta, pietre, fumogeni, palloncini pieni di vernice bianca e transenne contro poliziotti e carabinieri rinchiusi nella prefettura. Un gruppo di antagonisti ieri sera alle 18 ha assaltato il palazzo dove ha sede anche la questura di Livorno. La violenza è esplosa alla fine di una manifestazione non autorizzata nelle vie del centro a cui hanno partecipato circa 500 persone. Sette poliziotti sono stati portati al pronto soccorso con contusioni. Dopo i manifestanti si sono allontanati ancora in corteo e sono arrivati nella centrale piazza Cavour, dove due fotografi sono stati aggrediti. «Siamo stati vittime di un attacco vigliacco, squadrista e gratuito. Gente che si definiva pacifica è venuta con bastoni, picconi e taniche di vernice che ci ha tirato addosso», dice il segretario provinciale del sindacato di polizia Sap, Luca Tomasin”.

Il Giornale: “Restano comunisti”. L’orgoglio di Forza Italia e la causa contro Ingroia. Editoriale di Alessandro Sallusti:

Quasi duemila firme in poche ore e mi auguro non sia finita. Sono quel­le dei lettori che aderiscono alla que­rela collettiva nei confronti del pm Ingroia che in un libro e in una intervista ha sostenuto la seguente tesi: non ci sono prove che Forza Italia sia nata in combutta con la mafia, ma dico che Forza Italia è la diretta espressione della mafia.
Io credo che noi liberali italiani non possia­mo permettere che una simile affermazione resti nell’aria impunita. Perché al di là degli errori, alcuni anche gravi, di singoli signori, la storia di Forza Italia merita rispetto. È la storia di milioni di uomini liberi che su intui­zione di Silvio Berlusconi hanno creduto, vo­tato e lottato per un Paese migliore. Io, che di Forza Italia non ho mai avuto la tessera, non ci sto a essere additato come mafioso. Noi elettori del centrodestra non siamo mafiosi, a meno che sia considerato tale aver impedi­to ai comunisti di salire al potere”.

Un pm che entra in redazione è come un soldato in ambasciata. Scrive Paolo Guzzanti:

“Arresto di Sallusti, la que­stione dei principi. Ho letto tutto quel che ha pubblicato il Giornale e gli al­tri giornali. Pochi direttori co­me quello del Corriere della Se­ra hanno avuto il coraggio di trasmettere la loro solidarietà al direttore del Giornale senza se e senza ma. I giornalisti ita­liani sembrano in difficoltà in questo caso di fronte all’esi­genza di separare, districare, il caso specifico da quello ge­nerale, dei principi. Ci si deve chiedere se e in che modo l’ar­resto è avv­enuto anche con in­tenzioni simboliche importan­tio no. Ci ho messo un po’ pri­ma di focalizzare qualcosa che mi sfuggiva e poi finalmen­te l’ho vista, capita”.

La Stampa: “Vince Bersani: ora il governo”. La sfida di rinnovare il partito. Editoriale di Federico Geremicca:

“Le elezioni primarie, maggioritarie per definizione, hanno una regola molto semplice: chi vince vince, chi perde è fuori. Pier Luigi Bersani ha prevalso – e bene – nella sfida lanciatagli due mesi fa da Matteo Renzi: eppure è difficile immaginare che il sindaco-“rottamatore” sia fuori dai giochi. E questo non soltanto per la quantità di consensi ricevuti. Ma anche perché è difficile immaginare che sia proprio il segretario Pier Luigi Bersani a considerarlo fuori”.

La sporca guerra dei soldi intorno alle Pussy Riot. Articolo di Mark Franchetti:

“Quando, in una dimostrazione di solidarietà, la pop star Madonna si presentò a un concerto con i loro nomi tatuati sulla schiena, le tre ragazze della band d’opposizione tutta femminile Pussy Riot incarcerate per un’esibizione antiCremlino in una chiesa, ne furono felicissime. L’appoggio della star coronava una campagna mondiale di indignazione per il duro trattamento che le autorità avevano riservato alle ragazze. Madonna, che in un altro concerto aveva indossato il passamontagna che è il marchio della band russa, le ha aiutate a raggiungere la fama internazionale. Ma la felicità è diventata costernazione adesso che in un’altra esibizione di sostegno alle ragazze – due delle quali nel frattempo sono state condannate a due anni di lavori forzati Madonna ha cominciato a vendere T-shirt per aiutarle a pagare le spese legali”.

Abu Mazen, ritorno da eroe. Scrive Francesca Paci:

“Non avrà il peso specifico di Morsi, definito da Time Magazine «l’uomo più importante del Medioriente», e neppure del premier di Hamas Haniyeh, emerso dall’operazione israeliana Colonne di Nuvole come l’uomo più importante di Cisgiordania e Gaza, ma ieri il presidente palestinese Abu Mazen si è conquistato un posto d’onore nella rivendicativa storia araba contemporanea tornando vincitore a Ramallah dopo il successo all’Onu. «Tenete alta la testa perché siete palestinesi e siete più forti dell’occupazione» ha detto Abu Mazen alle migliaia di uomini e donne confluiti alla Muqata sventolando le bandiere nazionali, quelle gialle di Fatah (il partito del presidente) e insegne con la sua immagine avvolta nella tradizionale kefiah, simbolo del rispetto dovuto al leader”.