Berlusconi, Beppe Grillo, Fed e Borse: prime pagine e rassegna stampa

di R
Pubblicato il 21 Giugno 2013 - 08:30 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Borse giù, come tutelare i risparmi.” Qualche scomoda domanda. Editoriale di Piero Ostellino:

Leggi anche: Borsa. 21 giugno “venerdì delle tre streghe”: scadono derivati, future, opzioni

“Berlusconi, invitando il governo — con una di quelle sue sortite che paiono più una forma di marketing elettorale che una proposta politica praticabile — a sforare il tetto del tre per cento di deficit annuo nel bilancio pubblico, ha fatto un’affermazione a doppio taglio sulla quale, se fossimo un Paese serio, classe politica, media e opinione pubblica discuterebbero senza ipocrisie europeiste e reticenze nazionali.
Il primo interrogativo è se potremmo permetterci una posizione tanto forte in tema di sovranità nazionale e di rigetto degli impegni europei. Con la rottura dell’austerità finanziaria — un tabù che è la cifra della rinuncia a essere sovrani e, allo stesso tempo, del modo parecchio passivo di stare in Europa — non correremmo il pericolo di essere espulsi dall’Unione Europea. Non conviene a nessuno espellerci, mentre tenerci dentro conviene a Germania, Francia e a qualche Paese del Nord, realisticamente machiavelliani al posto nostro. Ma sarebbe lo stesso uno choc internazionale e nazionale.
La seconda domanda che dovremmo porci è se aver rinunciato a esercitare la sovranità nazionale — il bilancio, con la politica estera, è uno degli ambiti in cui essa si concreta — non sia il «vincolo esterno» che ci siamo imposti per far fronte sia all’inclinazione della pubblica amministrazione a spendere e spandere, e per fornire allo Stato un alibi a imporre sempre altre tasse. Dovremmo chiederci se il sistema politico e quello socioeconomico, corporativo e tecnocratico, ci consentirebbero di essere altrettanto virtuosi senza impegni esterni e di evitare di aumentare il già cospicuo debito pubblico (130 per cento del Pil), ricorrendo alla pezza di ulteriori tasse per non finire in bancarotta.
Sono domande che riguardano la capacità di direzione della classe politica, il senso di responsabilità della pubblica amministrazione e gli interessi corporativi e tecnocratici del sistema socioeconomico.”

Ottimismo ostentato per scacciare l’idea di una crisi infinita. La nota politica di Massimo Franco:

“L’unico dubbio è sulla possibilità che Silvio Berlusconi usi un doppio registro. Una lingua ufficiale che assicura lealtà al governo di Enrico Letta; e una destinata al partito, nella quale esprime i propri timori e l’irritazione per la parabola giudiziaria dei processi. Ma in politica la forma è sostanza. E fa testo il modo in cui l’ex premier ribadisce sostegno al governo di Enrico Letta il giorno dopo il verdetto della Corte costituzionale che gli ha dato torto. Il centrodestra sa di non poter rompere su un tema come questo. Il profilo che Berlusconi si sta dando è quello del politico responsabile anche di fronte a una sentenza della Consulta, disconosciuta come «politica». Non a caso i suoi seguaci più agguerriti minacciano Palazzo Chigi sull’aumento dell’Iva e l’abolizione dell’Imu, non sui rapporti con la magistratura.
È su quello che possono tenere Letta sulla corda, e probabilmente lo faranno. Additano luglio come termine perentorio per ottenere risposte. Avvertono il presidente del Consiglio che non può «dormire sonni tranquilli». Insomma, cercano di creare intorno alla maggioranza un alone di incertezza. Si tratta di un’operazione rischiosa, e tutt’altro che scontata negli esiti. E Berlusconi è il primo a rendersene conto. Il segretario del Pd, Guglielmo Epifani esclude la crisi di «un governo di servizio». E Mario Monti definisce «esemplare» la reazione berlusconiana.”

«Ribelli», Grillo si difende «Non sono un epuratore». Scrive Alessandro Trocino:

“Ora la faranno finita con le purghe». Più che una speranza, quella del deputato dissidente, è un ragionamento. Perché l’espulsione di Adele Gambaro è un successo solo apparente per gli ortodossi del Movimento. Scarsa la partecipazione al voto e bassa la maggioranza dei sì. Un segnale. Per questo Beppe Grillo ha sotterrato l’ascia di guerra, telefonando a due «dissidenti», Tommaso Currò e Paola Pinna. E per questo ora i critici rialzano la testa. Chiedono la riammissione della Gambaro. E chiedono le scuse dei «pasdaran».
Il Movimento, intanto, scopre il «filibustering», ostruzionismo (legale), attuato con la Lega. E provoca la prima fiducia del governo Letta, quella sul decreto per le emergenze ambientali. Grillo, da Ragusa, parla della dissidenza: «È fisiologica, è scilipotismo dell’anima». Ma si chiama fuori: «Io epuratore? Loro sono ancora in Parlamento, il fatto non mi riguarda. Dicono che sono come Ceausescu: ma io sono contro il leaderismo». Grillo, che parla di «terza guerra mondiale senza carri armati», ammette «un piccolo calo»: «Prevedibile, abbiamo avuto troppo successo in breve tempo».
Aris Prodani è soddisfatto di quello che chiama «new deal». Adriano Zaccagnini vorrebbe di più: «Bene, il passo indietro. Ma servono le scuse di chi ha gettato fango». Il deputato ripete le parole della Pinna: «Si è ingenerato un clima da psicopolizia». E «la marcia indietro di Grillo», spiega, «è stata fatta per evitare la distruzione totale» del Movimento. Di più, aggiunge la Fucksia per paradosso, «l’espulsione è stata una vittoria». Perché, dice, ora ci si comincia a rendere conto che alzare il livello dello scontro non paga: «Io, e non solo io, ho chiesto l’immediata riammissione della Gambaro.”

Volevano uccidere Obama con i raggi X. Dal corrispondente Alessandra Farkas:

“Volevano uccidere Barack Obama con un’arma a raggi X in grado di colpire a distanza, attribuendo al presidente americano la responsabilità dell’attentato di Boston. Ma il fantapolitico complotto del 49enne meccanico industriale della General Electric Glendon Scott Crawford e del 54enne ingegnere Eric J. Feight, entrambi membri del Ku Klux Klan residenti nello stato di New York, è andato in frantumi. Martedì i due uomini sono stati arrestati con l’accusa di aver tentato di fabbricare e far utilizzare un’arma «di distruzione di massa» per uccidere Obama. Un progetto che in una conversazione del giugno dell’anno scorso Crawford aveva definito in toni apocalittici «Hiroshima su un interruttore della luce». Nati e cresciuti nelle povere campagne del nord dello Stato di New York — dove molti vivono nei trailer con i magri sussidi statali — i due estremisti bianchi volevano nascondere l’arma in un furgone che, secondo gli esperti dell’Fbi, sarebbe stato «funzionante» e «letale». Per i federali Crawford avrebbe fatto riferimento a una «figura politica» e a una «organizzazione musulmana» come potenziali target e secondo una fonte vicina alle indagini interpellata dalla Abc , questa figura era il presidente Usa.”

Vita, misteri e (forse) miracoli della primula rossa dei talebani. Articolo di Guido Olimpio:

“Nulla è certo quando si parla del mullah Omar. A cominciare dal primo giorno. Raccontano che siano nato nel 1959. Forse. In circostanze drammatiche. La mamma, incinta, è in viaggio a dorso di un asinello tra le province di Oruzgan e Kandahar quando è colta dalla doglie. Si corica in un prato e il futuro Comandante dei Credenti viene alla luce, sotto le stelle del cielo. Non è in salute, rischia di morire. Invece la scampa e la sua sopravvivenza sarà citata dai futuri talebani come un segno del destino.”

La prima pagina de La Repubblica: “Effetto Fed, cadono le borse.”

La Stampa: “Letta, il governo non rischia.” Invincibili nell’arte di non scegliere. Editoriale di Luca Ricolfi:

“Sul governo Letta le valutazioni possono essere molto diverse. Molti elettori, ad esempio, hanno apprezzato il mero fatto che – finalmente – l’Italia fosse riuscita a darsi un governo, dopo due mesi di balletti inconcludenti. Altri ne apprezzano lo stile pragmatico, l’attitudine al dialogo, la politica dei piccoli passi. Altri ancora, invece, sono profondamente delusi: specie le basi del Pdl e del Pd non hanno gradito quelli che possono apparire elementi di continuità con il governo Monti, come la deferenza verso l’Europa e un certo attendismo sulle scelte cruciali.”

“In memoria di sé.” Il Buongiorno di Massimo Gramellini:

“l mondo si dimenticherà di me, le mie invenzioni non mi sopravvivranno. Così diceva Steve Jobs in un video inedito del 1994 che da ieri ronza su telefonini e computer di mezzo mondo, in buona parte ideati da lui. Jobs aveva dunque torto a sottostimarsi. Ma non sarebbe mai diventato Jobs se non avesse avuto quel tarlo: il desiderio di diventare immortale attraverso le sue opere. Prima di prenderlo per un fanatico pieno di sé, provate a rifletterci. L’immortalità è una pulsione comune a tutti gli esseri umani quando creano: un figlio, un progetto, una cosa che non c’era.”

Berlusconi pronto a far saltare la stagione delle larghe intese. Articolo di Ugo Magri:

“Lo schiaffo della Corte costituzionale ha messo Berlusconi dinanzi a una cruda realtà: la grande pacificazione come l’intende lui, cioè il riconoscimento dello «status» di vittima dell’ingiustizia, non appartiene al novero delle cose possibili. Né il Colle, né gli alti gradi della magistratura, nessuno insomma, pare disposto al colpo di spugna come contraccambio dell’appoggio al governo. Cosicché è venuta meno una ragione, forse l’unica, che spingeva Berlusconi a sostenere Letta. A questo punto è possibile che il Cavaliere si astenga dal compiere gesti di rottura, in modo da mantenere un profilo da «statista». Ma è quasi certo che si guarderà bene dal trattenere la muta ringhiosa dei suoi «pasdaran», nel momento in cui verrà provocato il minimo incidente sull’Imu o sull’Iva. Si regolassero come credono. La passione berlusconiana per le larghe intese, se mai è sbocciata, è già sfiorita. Dal momento che nulla gli serve per liberarsi del suo macigno, a Silvio del governo non importa più un fico.”

Così tra le strade di Tripoli si combatte la guerra ad Assad. Dal corrispondente Claudio Gallo:

“È il teatro sbrindellato d’una tragedia arcaica Syria Street, nel cuore di Tripoli, la città più irrequieta del Libano, sempre prossima a esplodere in qualche conflitto politico mascherato da scontro settario. Le quinte sono di cemento grezzo, traforato dai buchi dei proiettili e dalle cavità aperte dai razzi. Dal 1975, il debutto della strana guerra civile libanese piena di stranieri, lo scenario non è cambiato, in basso c’è Bab al Tabasseh, il quartiere sunnita, in alto c’è Jabal Moshen, il quartiere alawita. In mezzo c’è la morte. Il Libano è appena un quarto della California e da Beirut a Tripoli s’impiega soltanto un’ora, salendo a Nord. Ancora cinquanta chilometri e c’è la Siria. Più povera della capitale, 500 mila abitanti, è la roccaforte dei sunniti conservatori. Stendardi neri salafiti sventolano appesi ai pali della luce nelle strade principali. Un cartello mostra il volto sorridente del re saudita Abdallah, grande finanziatore degli islamisti locali.”

Il Fatto Quotidiano: “Non ha rispettato il patto. Il Pdl contro Napolitano.” Dadaismo inciucista. Editoriale di Marco Travaglio:

Leggi anche: Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Dadaismo inciucista”

“Nel disperato tentativo di far dimenticare che il Pd governa con B., la fu Unità continua a disinformare i suoi lettori superstiti su quanto accade nel mondo libero. Bruno Gravagnuolo riferisce sul dibattito a Otto e mezzo fra il prof. Mi-chele Prospero e il sottoscritto con un articolo in puro stile dadaista: virgolettandomi frasi mai pronunciate, forse perché quelle vere disturbavano la linea del partito e del suo bollettino. Poi, con grave sprezzo del ridicolo, rivela che Prospero è da sempre la vera spina nel fianco del Cavaliere: “ha scritto ben due libri contro B., ben più che corsivetti o j’accuse giudiziari collazionati”. Purtroppo B. non se n’è mai accorto e ha preferito prendersela con l’autore dei corsivetti e j’accuse giudiziari. Prospero, invece, mai pervenuto. Breve saggio di informazione libera e democratica ai tempi dell’inciucio, con testo a fronte. Versione Unità: “Travaglio prende sì le distanze dalle espulsioni comandate dal duo Grillo-Casa-leggio (‘ un errore, però tutti i partiti si sono macchiati di qualche espulsione’), ma ribadisce il carattere salvifico del grillismo dispotico-telematico”. Versione autentica: “È roba da Romania di Ceausescu espellere un eletto perché ha criticato il suo leader.”

Il Giornale: “Berlusconi può farcela. Ecco tutte le ipotesi.” Editoriale di Vittorio Feltri:

Oddio, la moda del­l e­escort nei palaz­zi del potere ha preso piede. Si leg­ge sui giornali che esse avrebbe­ro messo le radici persino nel municipio di Firenze, dominio di Matteo Renzi, astro splen­dente nel firmamento della po­litica nazionale, speranza dei democratici di ultima genera­zione e terrore degli ex comuni­sti, poco ex e molto rossi, legati all’apparato conservatore. Quando è stata divulgata la no­tizia che varie signorine fre­quentavano ( o frequentano an­cora?) Palazzo Vecchio, non in veste istituzionale bensì di leg­giadre compagne di giochi di questa o quella autorità, nella sede del Pd qualche barbogio ha sorriso compiaciuto: stai a vedere che il ragazzo prodigio aspirante leader progressista e addirittura premier rallenterà la sua corsa verso il successo a causa della gnocca.
Ma è solo un’illusione, giac­ché Matteo non è coinvolto in scandali sessuali, almeno per­sonalmente; semmai non tutti quelli con i quali ha a che fare sono stinchi di santo. Sia come sia, il punto è un altro. Stupisce che nel terzo millennio susciti ancora scalpore la questione erotica, specialmente se am­bientata nei luoghi dove si am­ministra la cosa pubblica, co­me se gli eletti avessero pulsio­ni diverse dagli elettori.”