Berlusconi condannato, governo Letta, M5s e piano lavoro: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Giugno 2013 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Il governo è sotto assedio.” Una malsana immobilità. Editoriale di Ernesto Galli della Loggia:

“La sentenza di condanna nei confronti di Berlusconi, emessa dal tribunale di Milano, consegna ancora per chissà quanti anni i due maggiori protagonisti della politica italiana — e quindi, necessariamente, l’intera politica italiana in quanto tale — a una virtuale condizione di ostaggio. Oggi più che mai, infatti, sia il Pdl che il Pd sono soggetti su cui «si possono esercitare ritorsioni — così recita la definizione di «ostaggio» sullo Zingarelli — nell’eventualità che certe richieste non siano accolte».
Oggi come non mai il Pdl è ostaggio — verrebbe da dire di più: prigioniero politico — di Silvio Berlusconi. Che questi decida di liberarlo dalla sua presenza, di favorirne in qualche modo l’emancipazione, è, dopo Milano, assolutamente impensabile. Il Cavaliere ha bisogno del «suo» partito per restare un soggetto politico (e di quale stazza!, egli è tuttora il vincitore in pectore di ogni eventuale competizione elettorale), e in tal modo, grazie al proprio ruolo pubblico, oscurare e annullare le condotte della sua figura privata. Naturalmente, insieme al Pdl è tutta la Destra italiana ad essere ostaggio del Cavaliere, anche se si tratta di un ostaggio preda da un ventennio dalla «sindrome di Stoccolma». E cioè grata al suo padrone per i benefici insperati di cui egli l’ha gratificata evocandola dal nulla in cui era stata relegata dalla Prima Repubblica. Lo stesso nulla di personalità e di idee in cui a questo punto, però, la Destra appare destinata a tornare nel momento in cui Berlusconi cessasse (e prima o poi cesserà!) di essere il suo padrone. Riconsegnando così il Paese a quell’identico squilibrio organico tra Destra e Sinistra che lo ha afflitto fino al 1994.”

Il Colle guida il fronte di chi vuole impedire scossoni sul governo. La nota politica di Massimo Franco:

“Ha colto e intercettato i sintomi di un malumore latente. E li denuncia come una patologia che sarebbe bene non alimentare, dopo la sentenza di primo grado che ha condannato Silvio Berlusconi a 7 anni di reclusione per il caso Ruby. Quelle pronunciate ieri da Giorgio Napolitano sono parole che lasciano trasparire un’amara ironia. «Non passano due mesi dalla formazione di un governo», commenta il capo dello Stato, «che subito si parla dell’incombente, imminente o fatale crisi di governo. Abbiamo il record della fibrillazione politica». È il segno di una precarietà che certamente esiste; ma che alcuni settori della maggioranza sembrano tentati di esagerare. Si tratta di un contraccolpo ampiamente previsto. Nel Pdl riprendono fiato quanti vogliono utilizzare il verdetto del tribunale di Milano come piedistallo per attaccare la maggioranza anomala e lo stesso Quirinale: tutti accusati più o meno larvatamente di non difendere a sufficienza Berlusconi. E nel Pd rispuntano i personaggi che non hanno mai mandato giù l’alleanza col Cavaliere, per quanto obbligata dai numeri. E dunque ostentano tutta la propria impazienza, ravvivata dall’esito del processo.”

E adesso le olgettine hanno paura. Scrivono Andrea Galli e Cesare Giuzzi:

“Una stanca e soprattutto assonnata Iris Berardi, fintamente grintosa al risveglio di mezzogiorno: «Non so nemmeno cos’è successo, chi se ne frega!». Beata lei. Iris Berardi, pur olgettina della prima ora, non compare nel dispositivo di sentenza, dunque non è una dei testimoni che, per aver detto il falso, rischiano di finire indagati. Come per esempio Manuela Ferrera. Un certo straripare verbale dopo essersi ordinata il silenzio stampa. «Non parlo». Ha sentito di Berlusconi? «Lo stimo, gli voglio bene». Certo, ma lei? «Ho raccontato la verità». Davvero? «Ho raccontato quel che dovevo. Comunque…». Eccoci. «…comunque Silvio si è conosciuto con i miei genitori, e loro mai avrebbero mandato la figlia da una cattiva persona, da, diciamo, un pedofilo. Mi sbaglio?».
Donne in fuga già da un pezzo. Aggrappate a tenerissime, per quanto fanciullesche, scuse. Un’affabile Marystelle Garcia Polanco incolpa il cellulare a corto di credito. Imma De Vivo insiste con un «Pronto? Pronto?» come in preda a un attacco di sordità. E se Imma mai crollerà, fino a tarda sera, mai inciampando, mai abboccando, la signora Polanco, più che altro per non rovinarsi il resto del giorno, a un certo punto, anzi quasi subito, si concede: «I sette anni di condanna? Me li aspettavo, lo sapevano tutti.”

Diaria, i 5 Stelle vanno in ordine sparso Il leader: giornalisti fuori dal Parlamento. Articolo di Alessandro Trocino:

“Il giorno dopo l’addio di Adriano Zaccagnini, qualche ora dopo la clamorosa smentita al candidato romano Marcello De Vito, mentre il Movimento si trova alle prese con nuovi casi «diaria» e nuovi possibili abbandoni, arriva puntuale come un orologio un nuovo post esplosivo di Beppe Grillo che evoca ironicamente (?) il fascismo e chiede che i giornalisti siano esclusi dal Parlamento. Abile strategia mediatica, per distogliere l’attenzione sulle difficoltà interne e sul calo di consensi, che Grillo e Casaleggio conoscono e applicano alla perfezione. «Il giornalista vi ascolta! Tacete!». Se lo slogan vi dice qualcosa, l’immagine chiarisce il rimando. Ma è il contenuto, per nulla ironico o metaforico, che fa notizia. Grillo (molti dicono però che il post è stato scritto dallo staff di Roma) parla di «pennivendoli», di «gossipari», di «mercanti di parole rubate». Dice che bisognerebbe appendere un cartello che dice: «No gossip. Il Parlamento non è un bordello». Ma soprattutto dice una cosa: «I giornalisti non possono infestare Camera e Senato e muoversi a loro piacimento.”

Francoforte avvia la strategia del consenso A partire dalla Cdu. Articolo di Marika de Feo:

“L’exit strategy è ancora distante». Queste parole, pronunciate da Mario Draghi durante il suo discorso — «Euro stabile, Europa forte» — in occasione del 50esimo anniversario del Wirtschaftsrat, il Consiglio economico della Cdu a Berlino, sono state accolte con uno sospiro di sollievo dalla platea gremita di industriali. Preoccupati da giorni per i potenziali risvolti negativi sull’economia tedesca ed europea del segnale di «riduzione» delle misure espansive della Fed americana. C’era un silenzio assoluto in sala, quando il presidente della Bce ha spiegato che «la stabilità dei prezzi è garantita e le previsioni economiche permettono ancora un approccio accomodante (espansivo) della politica monetaria» della Bce. Nei prossimi giorni gli esperti commenteranno come mai Draghi ieri non ha lanciato altri segnali di ribasso dei tassi di interesse. L’appuntamento del numero uno di Eurotower nella «tana del lupo» dell’élite economico-finanziaria dei cristiano-democratici era fissato da mesi, nel quadro dello sforzo, già preannunciato l’anno scorso, di voler «spiegare» ai tedeschi gli interventi della Bce, per sciogliere l’opposizione degli euroscettici, culminata poi il mese scorso con l’audizione davanti alla Corte costituzionale. L’intervento di ieri, perfetto come tempistica, e accompagnato da un’atmosfera giudicata «amichevole», è sembrato un segnale di maggiore sostegno della Bce anche in Germania.”

La prima pagina de La Repubblica: “Tesoro, 8 miliardi a rischio.”

La Stampa: “Iva e lavoro, ecco il piano.” La politica harakiri del Pd. Editoriale di Luigi La Spina:

“È vero che le vicende giudiziarie di Berlusconi rischiano di disintegrare il partito da lui fondato e di ipotecare pesantemente il futuro della destra italiana, ma la catastrofica strategia dei dirigenti Pd potrebbe portare il maggior partito della sinistra a non approfittare di una straordinaria occasione per lanciare agli italiani un messaggio di chiarezza e di coerenza. Gli errori, in politica come nella vita, dovrebbero insegnarci a non farli più, perlomeno negli stessi modi.”

Giovani, pronto il piano lavoro. Vale 1,3 miliardi. Scrive Raffaello Masci:

“È con una dotazione di un miliardo e trecento milioni che il pacchetto lavoro arriva stamattina all’attenzione del consiglio dei ministri all’interno di un unico articolato che affronta anche la delicatissima questione dell’Iva, terreno di infiniti scontri politici. Di un miliardo per l’occupazione s’era già parlato nei giorni scorsi, e la somma era stata giudicata del tutto insufficiente sia dai sindacati, che da Confindustria e da altre categoria del mondo produttivo. Il governo l’ha ora integrata con altri 300 milioni di euro. Il grosso di questo finanziamento – e cioè un miliardo – è destinato al Sud, in quanto si tratta di risorse provenienti dalla riprogrammazione dei fondi strutturali europei per il periodo 2007-2013 , che hanno proprio nel Sud l’area di intervento privilegiata. Ma ci sono anche i 300 milioni di finanziamento nazionale che saranno destinati anche al resto d’Italia.”

Il Fatto Quotidiano: “Epifani non si vergogna di governare con Berlusconi.” Gli olgettini, editoriale di Marco Travaglio:

“Mentre tutta la stampa mondiale si fa beffe dell’Italia, ancora nelle mani dopo vent’anni di un vecchio puttaniere che ne ha combinate più di Bertoldo in Francia, nessun quotidiano italiano – a parte un paio di eccezioni – commenta la condanna di Berlusconi a partire dai fatti che l’hanno originata. Che un presidente del Consiglio abbia minacciato una Questura, abusando del suo potere, ordinandole di violare la legge per rilasciare una prostituta minorenne senza documenti né fissa dimora fermata per furto, e che l’abbia fatto perché la ragazza tenesse la bocca chiusa sul monumentale giro di prostituzione anche minorile che gravitava nelle sue residenze, sono fatti che tutti conoscono ma che quasi nessuno scrive. Sono comportamenti puniti dal Codice penale, addirittura in base a leggi – nel caso della prostituzione minorile – approvate dal suo stesso governo, ma quasi nessuno lo dice. Fiumi di parole e d’inchiostro per buttarla in politica e parlare d’altro, cioè del nulla. Pigi Pigi non lo sa.”

Il Giornale: “Scatta il piano B.” Editoriale di Marcello Veneziani:

Ho paura della magi­stratura. Ho paura del potere esclusivo e assoluto di cui essi dispongono e che può decidere le sorti di un popolo, di un gover­no, di uno Stato, di un partito ol­tre che di singoli cittadini, ridot­ti a loro sudditi. Quando cado­no i principi fondamentali di una civiltà, quando si respinge ogni verità oggettiva, e non c’è più una morale condivisa, una religione rispettata, un comu­ne amor patrio a cui risponde­re, allora l’unico criterio supre­mo che stabilisce i confini del bene e del male e le relative san­zioni è la Legge. In teoria, la leg­ge è un argine al male. Ma in una società relativista che non crede più in niente, chi ammini­stra la Legge, chi decide e sen­tenzia in suo nome, dispone di un potere assoluto, irrevocabi­le e autonomo che spaventa. Ri­sponde solo a se stesso, in quan­to è la stessa magistratura a in­terpretare la legge. L’unica dif­ferenza che c’è tra il potere dei magistrati e il potere degli ayatollah è che questi decido­no e agiscono nel nome di una religione millenaria, radicata e largamente condivisa dal popo­lo­su cui esercitano la loro auto­rità. I magistrati, invece, sono la voce e il bastone di una setta che dispone del monopolio del­la forza, cioè il potere di revoca­re libertà, diritti e proprietà se­condo la loro indiscutibile inter­pretazione della Legge. I confi­ni tra le prove e gli indizi vengo­no superati a loro illimitata di­screzione, e così quelli tra testi­moni e imputati, se i primi non confermano i dettami del magi­strato; le garanzie e i diritti ele­mentari non contano rispetto ai loro responsi sovrani e non contano nemmeno gli effetti pubblici, politici, economici, che essi producono.”