Berlusconi condannato: le reazioni. Travaglio e Gramellini: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Giugno 2013 - 08:39 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Condanna dura per Berlusconi: sette anni.” I dubbi e le conseguenze. Editoriale di Pierluigi Battista:

“Le sentenze si rispettano, ma si possono commentare e criticare, come in ogni nazione libera. Negarlo è ipocrita. Come lo sarebbe negare che una condanna rigidissima, addirittura superiore alle pur severe richieste dell’accusa, possa evitare conseguenze politiche se ad essere considerato il vertice di una ramificata banda dedita a reati moralmente spregevoli è il capo di uno schieramento che compartecipa in modo determinante al governo del Paese. I risvolti giuridici sono discussi nelle aule del tribunale. Ma i media internazionali non si sarebbero mobilitati così massicciamente se si fosse concluso in primo grado un processo come un altro. E se non fossero stati convinti che la sentenza di ieri avrebbe ipotecato il futuro politico di questo Paese.
Dopo la sentenza di ieri, durissima, che si abbatte come uno schianto su Silvio Berlusconi e sul suo partito, il futuro politico del Paese non è tra i più leggiadri. E la spaccatura che da vent’anni spezza in due l’opinione pubblica italiana è ancora più profonda e irriducibile. Da ieri si sentiranno più forti quelli che, su un fronte, considerano il nemico Berlusconi come una figura losca da gettare nel precipizio della vergogna e della non rispettabilità e, sull’altro, quelli che difendono in trincea Berlusconi come vittima di un accanimento politico-giudiziario senza precedenti, molto prossimo alla persecuzione.”

L’ira del Pdl: disegno politico per eliminarci. Articolo di Lorenzo Fuccaro:

“Nel Pdl è un coro a sostegno di Silvio Berlusconi. Angelino Alfano lo invita «a non mollare», Paolo Bonaiuti fa notare che è «una sentenza che mira a demolire un leader politico votato da milioni di cittadini». Daniela Santanchè ricorre a un paradosso: «Mi sono stupita che non hanno chiesto di metterlo direttamente in galera, o che facessero di più, che sparassero… Non so, mi sembra una cosa ridicola. Ribadisco il mio dolore per una questione ingiusta perché conosco il presidente Berlusconi». Nell’altro lato del campo politico le reazioni sono assai variegate. C’è il Pd che, con una nota ufficiale, invita tutti a rispettare le decisioni della magistratura. Massimo D’Alema, per esempio, osserva che «le sentenze non si commentano e io non parlo con la pancia». Ma c’è anche Walter Veltroni che suggerisce al Cavaliere di «fare un passo indietro perché il Paese ha bisogno di voltare pagina dato che da venti anni è inchiodato alla figura di Berlusconi». Argomentazioni analoghe a quelle di Nichi Vendola: l’ex premier «liberi il campo dalla sua presenza». Ci sono, però, anche due senatori di osservanza renziana (Andrea Marcucci e Mauro Del Barba) che invitano alla prudenza: «Berlusconi deve essere condannato dai cittadini nelle urne e non coi verdetti delle aule di giustizia.”

I 5 Stelle conquistano Ragusa. Messina al candidato No Ponte. Scrive Felice Cavallaro:

“È riuscito a piazzarla, dopo Parma, la bandierina di consolazione su un secondo grande comune italiano Beppe Grillo, soddisfatto del «suo» nuovo sindaco, Federico Piccitto, eletto nel profondo Sud, in quel gioiello di cultura e letteratura, barocco e set cinematografico che è Ragusa. Prova che dall’appendice elettorale dei ballottaggi, fra astensioni aumentate a dismisura, emerge un pezzo di Sicilia dove i movimenti si impongono su apparati e partiti forti. Perché anche a Messina, con una beffarda sconfitta del candidato Pd-Udc bruciato due settimane fa per 50 voti, stravincono i «No Ponte» di Renato Accorinti. Dati pesanti mitigati per la coalizione del governatore Crocetta da quelli di Siracusa dove il Centro sinistra con Giancarlo Garozzo si riprende dopo 15 anni di Centrodestra la città di Stefania Prestigiacomo.”

La prima pagina de La Repubblica: “Berlusconi, la condanna più dura.”

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La Stampa: “7 anni a Berlusconi: resisterò.” Il sipario sull’era del cavalieri. Editoriale di Marcello Sorgi:

“La sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato Berlusconi a sette anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici segna insieme la fine dell’avventura politica del Cavaliere, e più in generale quella della Seconda Repubblica, di cui per altro l’ex-Presidente del consiglio è stato l’uomo simbolo, come Andreotti lo era della Prima. In passato, anche in tempi recenti (si pensi alle elezioni politiche del 24 febbraio), Berlusconi ci ha abituato ad improvvise cadute e a subitanee resurrezioni. Ma stavolta è peggio di tutte le altre, come lui stesso sa o incomincia a capire, anche se ieri ha preferito negarlo nella prima reazione ufficiale.”

“Io Ruby, tu Idem”, il Buongiorno di Massimo Gramellini:

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“La ministra Idem si è dimessa: non sopportava di restare in un governo sostenuto da Berlusconi. A parte gli scherzi, fino a pochi anni fa una doppia mazzata come quella di ieri avrebbe creato sconquassi umorali nel Paese. Il politico italiano più conosciuto nel mondo condannato a sette anni e interdetto dai pubblici uffici per reati odiosissimi. Una ministra della Repubblica costretta ad andarsene a casa (pardon, in palestra) per avere evaso le imposte sugli immobili. E invece, se si escludono i giornalisti, i politici e le tifoserie strette, l’impressione è che ormai questi eventi scivolino addosso agli italiani senza lasciare altra impronta che un sospiro di fastidio misto ad assuefazione…”

Il Fatto Quotidiano: “Sette anni a Berlusconi. La vergogna è governare insieme a lui.” Le larghe pene. Editoriale di Marco Travaglio:

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“Davvero qualcuno ha dovuto aspettare la sentenza del Tribunale di Milano per scoprire che B. va a puttane, preferibilmente minorenni, e abusa del suo potere e dei suoi soldi per nascondere la verità? Solo un Paese irrimediabilmente ipocrita, o disinformato, o mitridatizzato può meravigliarsi per un verdetto fra i più scontati della storia. Gli unici dubbi riguardavano la qualificazione dei reati e la quantificazione della pena. Ma i fatti erano accertati fin da subito: le telefonate notturne dello statista dal vertice internazionale di Parigi alla questura per far rilasciare Ruby sono incise nei nastri della polizia; le notti trascorse nella villa di Arcore dalla prostituta minorenne che poi se ne andava con le tasche piene di soldi sono dimostrate dai movimenti del suo cellulare; le deposizioni di decine di test, tutti dipendenti o sul libro paga di B., fra cui 4 o 5 parlamentari, un viceministro e alcune mignotte, bastava ascoltarle per capire che erano false. Che altro occorreva per farsi un’idea di quel che è successo e trarne le conseguenze? Un collegio di saggi? Un vertice di maggioranza? Un monito del Quirinale?”

Il Giornale: “Macelleria.” Editoriale di Alessandro Sallusti:

C’era un solo modo per condannare Silvio Berlusco­ni nel processo cosiddetto Ruby: fare valere il teorema della Boccassini sen­za tenere conto delle risultan­ze processuali, in pratica can­cellare le decine e decine di te­stimonianze che hanno affer­mato, in due anni di udienze, una verità assolutamente in­compatibile con le accuse. E cioè che nelle notti di Arcore non ci furono né vittime né car­nefici, così come in Questura non ci furono concussi. Que­sto trucco era l’unica possibili­tà e questo è accaduto. Trenta testimoni e protagonisti della vicenda, tra i quali rispettabili parlamentari, dirigenti di que­stura e amici di famiglia sono stati incolpati in sentenza, co­sa senza precedenti, di falsa te­stimonianza e dovranno ri­sponderne in nuovi processi. Spazzate via in questo modo le prove non solo a difesa di Berlusconi ma soprattutto contrarie al teorema Boccassi­ni, ecco spianata la strada alla condanna esemplare per il ca­po: sette anni più l’interdizio­ne perpetua dai pubblici uffi­ci, esattamente la stessa pro­nunciata nella scena finale del film Il Caimano di Nanni Moretti, in cui si immagina l’uscita di scena di Berlusconi. Tra questa giustizia e la fin­zione non c’è confine. Siamo oltre l’accanimento,la senten­za emessa ieri è macelleria giu­diziaria, sia per il metodo sia per l’entità.Ricorda molto,ma davvero molto, quelle che i tri­bun­ali stalinisti e nazisti usava­no per fare fuori gli oppositori: i testimoni che osavano alzare un dito in difesa del disgrazia­to imputato di turno venivano spazzati via come vermi, bolla­ti come complici e mentitori, andavano puniti e rieducati. Come osi, traditore – sostene­vano i giudici gerarchi- mette­re in dubbio la parola dello Sta­to padrone?Occhio, che in ga­lera sbatto pure te.”