Berlusconi e Napolitano, Damato: “20 anni fa pappa e ciccia, oggi invece…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Novembre 2013 - 10:40 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi e Napolitano, Damato: "20 anni fa pappa e ciccia, oggi invece..."

Berlusconi e Napolitano, Damato: “20 anni fa pappa e ciccia, oggi invece…” (Foto Ansa)

ROMA – “Da pappa e ciccia alla decadenza“. Questa l’evoluzione del rapporto tra il decaduto senatore Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano secondo Francesco Damato su Italia Oggi. Il feeling iniziato 20 anni fa tra i due, che “sembravano fatti apposta (o quasi) per attrarsi” termina così in un “brusco epilogo”.

Non solo “fatti apposta per attrarsi”, ma qualche volta “persino per piacersi”, Damato scrive su Italia Oggi:

“Al punto da fare entrare Napolitano nel mirino della sinistra politica e mediatica più accesa. Un mirino dal quale il presidente della Repubblica forse non uscirà neppure ora che ha voluto segnare nel modo più netto e clamoroso la rottura con il leader di Forza Italia, dandogli con un comunicato di chiusura alla grazia quello che la Repubblica ha definito «schiaffo», gridandolo trionfalisticamente in prima pagina”.

Tutto inizia nell’aula di Montecitorio nel 1994:

“Berlusconi è presidente del consiglio da pochi giorni, nominato molto malvolentieri il 10 maggio dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Eppure il Cavaliere ha vinto nettamente le elezioni sia sulla «gioiosa macchina da guerra» improvvisata dal segretario del Pds-ex Pci Achille Occhetto, sia sul terzo polo post-democristiano allestito da Mino Martinazzoli e Mario Segni”.

Poi la prima sfiducia:

“Ad annunciare e motivare la sfiducia dei post-comunisti al primo governo Berlusconi è proprio lui, Napolitano, reduce dalla presidenza dell’ultima camera dei deputati della cosiddetta Prima Repubblica. Lo fa con un discorso che Berlusconi, affiancato nei banchi del governo dall’amico e consigliere Giuliano Ferrara in veste di ministro per i rapporti con il parlamento, mostra di apprezzare per lo stile. Lo fa nel modo più spettacolare, lasciando il proprio posto per raggiungere Napolitano e stringergli la mano”.

Nel 2006 si incrociano ancora le strade dei due:

“Le strade di Berlusconi e di Napolitano tornano a incrociarsi nel 2006, quando la sinistra, reduce con Romano Prodi da una stentata vittoria elettorale sul centrodestra, s’imballa nella corsa di Massimo D’Alema al Quirinale, alla scadenza del mandato di Carlo Azeglio Ciampi”.

E proprio Berlusconi rilancia Napolitano al Quirinale, scrive Damato:

“E decolla, a questo punto la candidatura di Napolitano, che viene eletto il 10 maggio con 543 voti su mille presenti, fra deputati, senatori e delegati regionali. Lo aiuta politicamente anche la neutralità espressa dai berlusconiani con 347 schede bianche. D’Alema deve accontentarsi dei voti di 10 irriducibili grandi elettori”.

Con le dimissioni di Berlusconi nel 2011, poi le elezioni del febbraio 2013 e la rielezione di Napolitano al Quirinale i rapporti cambiano, soprattutto dopo le condanne del leader di Forza Italia. Damato parla di “come Napolitano vuole proteggere Berlusconi”:

“Alla sentenza di primo grado per la vicenda Ruby il presidente della Repubblica reagisce politicamente, e significativamente, incontrando Berlusconi al Quirinale, nell’ambito di consultazioni e iniziative a sostegno dell’azione di governo, fra gli attacchi e le derisioni del Fatto. Da quella in arrivo dalla Cassazione egli cerca inutilmente di proteggere il Cavaliere, sempre fra le proteste delle tifoserie più rumorose delle Procure della Repubblica, con appelli ripetuti ai magistrati a tenere conto anche degli effetti extra-processuali delle loro iniziative e decisioni. Di più, francamente, egli non poteva fare”.

Poi gli indicò il percorso:

“Quando viene pronunciata la condanna definitiva, il capo dello Stato offre pubblicamente a Berlusconi «un percorso» di uscita, come lo definisce nel suo collegio difensivo l’avvocato Franco Coppi. È la disponibilità, annunciata con un comunicato il 13 agosto, ad esaminare una richiesta di grazia e di commutazione della pena detentiva in altra misura. Una richiesta però che per conclamate ragioni di «dignità» il Cavaliere si rifiuta di presentare, né permette ai figli o agli avvocati. E matura così, tra svolazzi di falchi, veleni di serpenti e accuse di Berlusconi in persona, una devastante e incontenibile polemica con il Quirinale. Ancora più devastante nella parte conclusiva del conto alla rovescia per il voto a Palazzo Madama sulla decadenza dell’ex presidente del Consiglio da senatore”.