Berlusconi e la Germania, Renzi e riforma del lavoro: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Aprile 2014 - 08:31 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “La burocrazia frena l’Italia”. Gli stipendi e il mercato. Editoriale di Michele Ainis:

Il nostro premier ha bisogno d’un ombrello. In questi giorni gli stanno piovendo sulla testa scomuniche e anatemi, è a rischio di bernoccolo. Mittenti: manager pubblici, vertici militari, alti magistrati, authority . La crema dello Stato, cui il decreto Irpef ha ridotto gli stipendi: adesso il tetto è 240 mila euro, pari all’indennità del presidente della Repubblica. E vale per tutti, senza eccezioni. Ma l’eccezione è quel decreto: l’unico precedente risale a Mussolini, che nel maggio 1927 tagliò del 10% le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Tuttavia quella volta ci andarono di mezzo i soldatini, stavolta i generali. 
D’altronde, in tempi di vacche magre, nessuno accetta il pascolo d’alcune vacche grasse. E semmai resta da chiedersi come sia potuto accadere, quale demone sindacale abbia permesso (per esempio) che il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica percepisse 460 mila euro, dieci volte rispetto al ministro della Difesa (che è il suo diretto superiore), il doppio rispetto al capo dello Stato (che ha il comando delle Forze armate). Avevamo perso la misura, insieme alla decenza. Viceversa nel 1985 Sandro Pertini rifiutò un aumento di 100 milioni, stabilito dal governo Craxi. Altri tempi, altre tempre. 

Il mito della rimonta per sconfiggere l’ombra del declino. La nota politica di Massimo Franco:

L’obiettivo, non proprio scontato, è la rimonta: quella che dovrebbe portare FI oltre il venti per cento e scongiurare l’umiliazione di diventare il terzo partito italiano, almeno alle elezioni europee. Ma per ottenerlo, si ha l’impressione che Silvio Berlusconi proceda a tentoni. Sparacchiando sul capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al quale, rivela, chiese la grazia senza ottenerla. Attaccando il premier Matteo Renzi, e insieme dichiarando che potrebbe stare tranquillamente dentro Forza Italia, perché non ha radici comuniste. Facendo gaffe contro i tedeschi sullo sterminio degli ebrei, e poi gridando alla strumentalizzazione. 
Insomma, il suo inizio di campagna elettorale ha toni e contenuti aggressivi quanto caotici. È come se l’ex premier stesse cercando la chiave giusta per riportare alle urne un mondo deluso dalle convulsioni e dagli errori di quello che fino a pochi anni fa era il referente dei moderati; e che, Berlusconi teme, adesso potrebbe essere risucchiato o dall’astensione, o dalle parole d’ordine anti-sistema di Beppe Grillo, o addirittura dalle promesse del Pd renziano. Comunque la si metta, per Forza Italia sarebbe un incubo.

La prima pagina de La Repubblica: “Berlusconi show attacco a Napolitano: doveva graziarmi”.

La Stampa: “Merkel contro Berlusconi”.

Il Fatto Quotidiano: “Berlusconi, a lui la grazia l’ha fatta il cardinale Scola”.

Leggi anche: Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Renzémolo”

Il Giornale: “Napolitano e Renzi. Le verità di Berlusconi”. Il lusso dei troppi brindisi. Editoriale di Nicola Porro:

Un Paese in crisi non può permettersi troppi brindisi. Più che euforico rischia di cadere a terra ubriaco. Nel mese di aprile abbiamo lavora­to a scartamento ridotto. I gior­ni so­n trascorsi con quell’ariet­ta sospesa di chi aspetta la festa. L’altra settimana era Venerdì di Pasqua. Non propriamente un giorno di festa, ma insom­ma, tutti lì a prepararsi. Vener­dì questo abbiamo celebrato con la solita tonnellata di retori­ca il 25 Aprile. E va bene così: guai a toccare la Resistenza. Il prossimo giovedì la sacrosanta festa dei lavoratori. E ci man­cherebbe, viste le fatiche di apri­le. Tre fine settimana perfetti per fare il ponte: che in effetti è stato fatto. Le cose serie da gio­vedì 17 aprile, vigilia del Vener­dì santo, al 5 maggio, il primo lu­nedì dopo la festa dei lavorato­ri, sono state sospese in un lim­bo. Alcolico. Certo il discorso non vale per tutti e soprattutto in pochi sono riusciti a fare l’en plein, il filotto delle tre settima­ne. Ma se riflettiamo, è ancora peggio. Come quegli scioperi di un tempo, che si chiamava­no a scacchiera, si toglie un tas­sello per fermare il tutto. L’avvo­cato può lavorare, ma il giudice c’è? Il cancelliere può esserci, ma il praticante è in ufficio? E così via, paralizzando di fatto il processo produttivo. Che non a caso si chiama processo, per­ché è fatto di diverse compo­nenti: ne salta una e il prodotto non arriva.
L’istituto centrale di statisti­ca quando pubblica i suoi nu­meretti su disoccupazione o produzione industriale in un determinato lasso di tempo, li «destagionalizza»: e cioè calco­la­il numero esatto dei giorni la­vorativi
 per fare i paragoni cor­retti con altri periodi dell’anno.