Berlusconi, primarie Pdl, Monti e la Champions League: la rassegna stampa

Pubblicato il 25 Ottobre 2012 - 09:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Arrivederci. Il Giornale: “Berlusconi annuncia: “Non mi ricandido a premier. Lascio il Pdl, tocca ai giovani”. La nuova guida del partito sarà decisa con le primarie a dicembre. Ma…”

L’editoriale a firma di Vittorio Feltri: “Se è vero, e pare proprio di sì, Silvio Berlu­sconi avrebbe deciso di farsi da parte: non intende presentarsi alle elezioni del 2013 in veste di candidato premier. Lo ha scritto egli stesso in un comunicato e, mentre ne riferisco, le agenzie di stampa diramano la noti­zia. Alla quale, secondo alcuni, se ne potrebbe ag­giungere una seconda, altrettanto clamorosa, ma più improbabile: il Cavaliere non vorrebbe neppu­re tornare in Parlamento. Fosse così, si tratterebbe di un autentico ritiro, di un’uscita dal campo in cui fece irruzione quasi 19 anni orsono, mentre infuriavano Tangentopoli e Mani pulite. I motivi che avrebbero indotto l’ex presidente del Consiglio a togliersi dall’agone politico si pos­sono intuire: anzitutto la crisi del centrodestra, peggiore ma speculare a quella del centrosinistra; poi la necessità di rinnovare (o addirittura rifonda­re) il Pdl,adeguandolo alle aspettative dell’eletto­rato, che ha dimostrato insofferenza nei confronti dell’attuale ceto politico. Abbiamo usato termini dubitativi, fin qui, per una ragione: Berlusconi non è nuovo a ripensamenti, quindi non si sa mai, anche se in questo caso pare improbabile una mar­cia indietro. Segnalo una curiosa coincidenza.”

“Faccio un passo indietro per amore dell’Italia Lascio il Pdl ai giovani”. L’articolo a firma di Silvio Berlusconi.

“Per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciot­to anni fa sono entrato in cam­po, una follia non priva di saggezza, ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora. Non ri­presenterò la mia candidatura a pre­mier ma rimango a fianco dei più gio­vani che debbono giocare e fare gol. Io ho ancora buoni muscoli e un po’ di te­sta, ma quel che mi spetta è dare consi­gli, offrire memoria, raccontare e giu­dicare senza intrusività. Con elezioni primarie aperte nel Po­polo della libertà, sapremo entro di­cembre chi sarà il mio successore, do­po una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni. Il movi­mento fisserà la data in tempi ravvici­nati (io suggerisco quella del 16 Di­cembre), saranno gli italiani che cre­dono nell’individuo e nei suoi diritti naturali, nella libertà politica e civile di fronte allo Stato, ad aprire democra­ticamente una pagina nuova di una storia nuova, quella che abbiamo fat­to insieme, uomini e donne, dal gen­naio del 1994 ad oggi. Lo faranno con un’investitura dal basso nella quale ciascuno potrà riconoscere non solo i suoi sogni, come in passato, e le sue emozioni, ma anche e soprattutto le proprie scelte razionali, la rappresen­tanza di id­ee e interessi politici e socia­li decisivi per riformare e cambiare un paese in crisi, ma straordinario per in­telligenza e sensibilità alla storia, che ce la può fare, che può tornare a vince­re la sua battaglia europea e occidenta­le contro le ambizioni smodate degli altri e contro i propri vizi.”

Il progetto: Monti bis e partito ad Alfano. Il Corriere della Sera: “Messaggio al Professore: «Non rinuncio all’idea che guidi i moderati» La decisione di farsi da parte per non ostacolare un appoggio ampio.” L’articolo a firma di Francesco Verderami.

“Il partito resta compatto e tutti tirano un sospiro di sollievo, a partire da Schifani che era andato in tv per evidenziare «l’avvitamento» del Pdl e attendeva al pari degli altri quel segnale positivo che è arrivato. Ora il voto in Sicilia fa meno paura: una sconfitta non cambierà l’agenda del Pdl, un successo gli darà maggiore slancio. Ad Alfano, in attesa del voto delle primarie, toccherà iniziare il «reset». Dopo, se riuscisse a vincere, non potrà restare a gestire con il bilancino gli equilibri di partito, ma dovrà assumere il ruolo di interlocutore dell’establishment, acconciarsi alle trattative per la sfida elettorale, uscendo dal perimetro in cui si è trovato confinato.”

Dal segretario alla pasionaria. Parte la corsa. L’articolo a firma di Andrea Garibaldi.

“L’ex ministro degli Esteri Franco Frattini si augura che le primarie nel Pdl siano «il più aperte e trasparenti possibili». E apre così un altro scenario, perché le regole delle prime elezioni primarie del centrodestra italiano sono tutte da scrivere. Di sicuro, c’è la tentazione di mettere meno limiti possibili su chi abbia diritto a votare, anche per dimostrare maggiore «disposizione democratica» rispetto al dibattito nel centrosinistra. E l’altro grande dubbio è: primarie per decidere il leader Pdl o per decidere il leader della coalizione di governo, come sta facendo il centrosinistra? L’ex ministro Ronchi vorrebbe «le primarie di tutti i moderati italiani». Se fossero primarie di coalizione, la rappresentazione cambierebbe di netto. Prima di ogni cosa si dovrebbe stringere un’alleanza di governo e qui rientrerebbe in gioco Casini, che da mesi chiede, per rivolgersi di nuovo a destra, proprio l’uscita di Berlusconi. Entrerebbe in campo Montezemolo o il suo movimento, visto che lui ieri ha detto che non si candiderà, però farà politica. Entrerebbe in campo la Lega.”

I partiti e il dopo Berlusconi Casini freddo, Maroni apre. L’articolo a firma di Alessandro Trocino.

“Pier Ferdinando Casini, però, non dà grande spazio alle speranze del Pdl: «Me l’aspettavo questo passo indietro, non penso che potesse candidarsi a Palazzo Chigi». Quanto alle alleanze, nessun passo avanti: «Per me dopo Monti c’è Monti, non c’è Alfano o Vendola. Noi faremo una Lista per l’Italia. E ci saranno tre proposte: la nostra, quella del Pdl e quella del Pd. E poi Grillo». È contento Roberto Formigoni, presidente della Lombardia: «Plaudo alla decisione. È una scelta nobile: ora con le primarie, il Pdl potrà rinascere». A sinistra, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani sceglie di commentare non l’uscita di scena ma le primarie: «Abbiamo indicato noi la strada, sono un fatto positivo. Ora aspettiamo le primarie di Grillo». Matteo Renzi coglie l’occasione al balzo per un commento in chiave interna al Pd: «Sono molto felice per la democrazia italiana: è un passo in avanti non banale. Sono curioso di vedere le regole che faranno loro: non vorrei che fossero più attenti alla partecipazione di noi». Parla di una buona notizia per una «malconcia democrazia» il vicesegretario del Pd, Enrico Letta: «Dunque anche nel centrodestra la rottamazione diventa realtà».”

Lotta Alfano-Santanchè con Crosetto guastatore. L’articolo de La Stampa a firma di Amedeo La Mattina.

“La chance di trasformare il suo partito in un protagonista dello schieramento che fronteggerà la sinistra alle politiche del 2013. Protagonista non in una ridotta isolata del centrodestra berlusconiano, ma attore insieme alla lista per l’Italia di Casini e Fini, ai soggetti politici di area cattolica o che nasceranno nell’orbita di Luca Cordero di Montezemolo. E’ proprio su questo obiettivo e linea politica, che passa per l’agenda Monti e un profondo rinnovamento del Pdl, che si baserà la candidatura di Alfano che vedrà contro altri competitori agguerriti. Sicuramente a sfidarlo ci sarà Daniela Santanchè, la più delusa del cambio di passo repentino del Cavaliere che fino a lunedì continuava a immaginare lo spacchettamento della sua creatura politica e il ritorno a Forza Italia. Una inversione a U talmente repentina, suggerita da sondaggi non proprio brillanti, da ingenerare tanti sospetti del tipo «vedremo cosa saprà fare Angelino».”

“Tagliamo le tasse sul lavoro”. L’articolo a firma di Alessandro Barbera.

“A dar retta alle parole rassicuranti di Bersani sull’atteggiamento di Monti, alle iniziative a raffica del Parlamento, alle intenzioni di Alfano, la manovra per il 2013 è già riscritta. Via il taglio Irpef, via l’aumento Iva, più soldi per gli esodati e la scuola, niente tasse per le pensioni di guerra. Alle elezioni mancano sei mesi, ma la campagna elettorale è cominciata da un pezzo. Nel Grand Guignol della politica che guarda al dopo Monti c’è ormai spazio per tutti. Per Brunetta che parla di «collaborazione con gli amici del Pd» per cambiare la legge di stabilità, per Alfano che si dice convinto di non aumentare l’Iva ma di tagliare comunque l’Irpef (6,5 miliardi di copertura da trovare) o per Fassina che a nome del Pd chiede al governo di rinunciare all’una e all’altra.”

Povero diavolo. La Gazzetta della Sport: “In Champions, Allegri si inventa una nuova difesa, ma a Malaga il Milan cade per la terza volta di fila. Il tecnico: «Io non lascio».”

L’articolo a firma Paolo Condò: “Malaga, e va bene. Ma stracciatella no: il Milan riparte dalla Spagna battuto, non stracciato come – adesso ve lo possiamo dire – un po’ tutti si temeva visto il momento. Riparte battuto perché una giocata di gran qualità coprodotta da Iturra e Joaquin riesce lì dove il rigore fasullo concesso da Proença e sbagliato dallo stesso Joaquin non era arrivato: l’equilibrio si spezza a metà ripresa, e i tentativi di riaggiustarlo sono troppo flebili per dire che il Milan meriterebbe di più, in pratica c’è un solo minuto, l’85’, nel quale prima El Shaarawy in bella proiezione e poi Mexes in mischia avvicinano l’1-1. La sconfitta obbliga ora il Milan a vincere col Malaga fra quindici giorni a San Siro per riprendere la marcia – corsa sarebbe troppo – verso la sponda del secondo posto. Però, con tutti i tremendi limiti di cui si è già ampiamente dibattuto, questo di Andalusia è stato un Milan vivo e intelligente. E Allegri, l’ultra-discusso Allegri, ha affrontato la serata più delicata e pericolosa del suo ciclo rossonero con una formazione rivoluzionata e perfino coraggiosa. Un modo per dire «se devo andare a fondo, lo faccio a modo mio»; il modo di reagire di un allenatore e non di un travet.”