Bersani, M5s e Napolitano. Debiti alle imprese e Monti: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Aprile 2013 - 08:36 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Risparmi e Bot per le imprese”. A corto di idee e senza capitali. Editoriale di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi:

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“I tempi della democrazia e della politica mal sopportano vincoli esterni, sia quelli che derivano dai nostri impegni europei, sia quelli imposti da chi possiede i titoli del nostro debito pubblico. L’apparente tranquillità dei mesi recenti può indurre nell’errore di farci sentire liberi di decidere, di muoverci nella direzione in cui ci porta la navicella del fragile equilibrio politico. Non è così.
La soluzione adottata per salvare le banche di Cipro potrebbe cambiare il modo in cui d’ora in avanti verranno affrontate le crisi bancarie nell’area euro. Tre anni fa le banche irlandesi furono salvate facendo pagare un conto salatissimo ai contribuenti e proteggendo tutti i depositanti (grandi e piccoli) e chi ne aveva acquistato le obbligazioni. A Cipro invece lo Stato non interverrà: i 10 miliardi di euro che l’isola riceverà dall’Europa non potranno essere usati per salvare le banche. Le loro perdite verranno assorbite da chi vi aveva investito, acquistandone azioni, obbligazioni o aprendo un conto corrente. Verranno salvati solo i depositi di ammontare inferiore ai 100 mila euro”.

Un vicolo cieco che fa nascere strane tentazioni. La nota politica di Massimo Franco:

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“Ormai sembra chiaro che l’incarico per formare il governo sarà dato dal prossimo presidente della Repubblica. Un Pier Luigi Bersani non ancora rassegnato a farsi da parte, su questo punto ieri è apparso privo di dubbi. «Osservo le affermazioni e le decisioni del capo dello Stato», ha detto il candidato del Pd a Palazzo Chigi alludendo ai limiti temporali dei «10 saggi» designati dal Quirinale e in scadenza poco prima della metà di aprile. Dando a queste personalità fra gli otto e i dieci giorni di tempo per svolgere il loro lavoro, «mi pare che Napolitano alluda al fatto che la ripartenza sarà consegnata al nuovo presidente».
Insomma, per tentare di avere una maggioranza che risolva il rompicapo del risultato elettorale del 24 e 25 febbraio bisognerà aspettare almeno un altro mese: le Camere e i delegati regionali chiamati a scegliere il capo dello Stato saranno convocate a partire dal 15 aprile. E probabilmente saranno le dinamiche parlamentari a plasmare anche le alleanze successive. Il problema che si comincia a delineare riguarda il vuoto decisionale delle prossime settimane. Il governo di Mario Monti è dimissionario, e per ora non ci sono reazioni troppo negative dei mercati finanziari. Ma i partiti sono inquieti, e le tentazioni elettorali serpeggiano quanto i sospetti di manovre dilatorie”.

No a indicazioni per un governo. Linea dura, tensione tra i 5 stelle. Articolo di Emanuele Buzzi:

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“Di nuovo alla carica e presto anche in tour elettorale. Dopo il (breve) silenzio di Pasquetta, Beppe Grillo torna a ribadire le posizioni del movimento con un post sul blog: «Il M5S non accorderà nessuna fiducia, o pseudo fiducia, a un governo politico o pseudo tecnico (in sostanza di foglie di fico votate dai partiti)». E detta la sua agenda: «Il Parlamento è sovrano e da subito, con un tratto di penna, può eliminare il Porcellum e avviare le riforme di cui i partiti si riempiono la bocca (solo quella) da vent’anni come la legge sul conflitto di interessi o la legge anticorruzione».
Nel mentre il leader lancia poi la sua stoccata al segretario pd — «Bersani non è meglio di Monti, è semplicemente uguale a Monti, di cui ha sostenuto la politica da motofalciatrice dell’economia» — che suona però come una sconfessione alle dichiarazioni di Vito Crimi. Il capogruppo al Senato, infatti, aveva apprezzato poche ore prima l’ipotesi di un governo Bersani per gli affari correnti: «Almeno sarebbe stato rappresentativo di una maggioranza relativa e non di una strettissima minoranza come il governo Monti in regime di prorogatio». Tra polemiche e impasse, Grillo si prepara a scendere di nuovo in piazza. Ad annunciare le nuove tappe dello Tsunami Tour è Saverio Galluccio, candidato governatore Cinque Stelle in Friuli Venezia Giulia, dove il movimento è risultato primo partito alla Camera con il 27,22%. Grillo, probabilmente sarà impegnato in sei comizi intorno al 17-19 aprile (si vota il 21-22)”.

«Apocalisse dell’aria» Un milione di cinesi uccisi dallo smog. Scrive Guido Santevecchi:

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“Un milione e duecentomila cinesi sono morti prematuramente nel 2010 per malattie collegate all’inquinamento dell’aria. Il numero è impressionante, come tutti quelli che vengono dal Paese che conta poco meno di un quinto della popolazione mondiale. Ma questi sono particolarmente gravi, perché rappresentano il 40 per cento dei 3,2 milioni di morti premature causate dallo smog nel mondo.
La statistica è stata elaborata dalla University of Washington in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità e presenta un’altra cifra apocalittica: quella dei 25 anni di vita in salute bruciati dalla cappa di aria malata che avvolge molte città della Cina. Lo studio è stato pubblicato per la prima volta a dicembre dalla rivista britannicaThe Lancet, che aveva fornito il numero complessivo dei decessi nel mondo. Ma gli autori adesso hanno deciso di sottolineare come i due Paesi più colpiti siano la Cina, con i suoi 1,2 milioni di vittime, e l’India con 620 mila morti premature: «Lo abbiamo fatto per richiamare l’attenzione dei leader di questi due grandi Paesi», ha detto al New York Times Robert O’Keefe, vicepresidente dello Health effects institute, che è venuto a Pechino a presentare il rapporto”.

La Repubblica: “Voto anticipato per il Quirinale”. Le oligarchie dei sapienti. Editoriale di Barbara Spinelli:

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“Positivo fu l’insorgere di movimenti cittadini che diedero vita a nuove forme di democrazia deliberativa, correggendo dal basso l’atrofizzata, oligarchica democrazia rappresentativa.
Non meno fuorviante il modello olandese, caro agli uomini di Monti e sfociato nei due comitati di Saggi incaricati da Napolitano di negoziare punti d’accordo istituzionali ed economici fra destra, centro e sinistra. Due volte, nel 2010 e nel 2012, i Paesi Bassi ricorsero ai Facilitatori (Napolitano ricusa la parola Saggio), dopo voti dall’esito dubbio. Nel 2010, la regina nominò suoi «esploratori » sette volte. Il metodo funzionò male, ed ebbe come conseguenza un Parlamento esautorato, l’espandersi della partitocrazia (più precisamente: del male che andava combattuto), e una monarchia screditata. Il 13 settembre 2012, la Costituzione olandese fu riformata, abolendo i poteri d’influenza del monarca — e delle sue camarille partitiche — nella formazione dei governi. Il futuro Presidente italiano farebbe bene a trarne insegnamento: incoraggiare inciuci rigettati da gran parte dell’Italia estenua la forza della carica. Il Parlamento olandese fece sapere alla regina che i Sapienti erano in Parlamento, non nelle regali stanze. Napolitano si dice abbandonato dai partiti che pure ha assecondato.
Ma anche il secondo tentativo olandese, che nel 2012 facilitò una grande coalizione all’insegna di «Costruire Ponti», è un esempio bislacco. Se l’ingovernabilità ha dominato i Paesi Bassi così a lungo, è perché nel 2010 aveva fatto irruzione, rompendo gli appassiti equilibrismi fra destre e laburisti, un inedito soggetto politico: Geert Wilders, islamofobo e nazionalista. Le sue idee sono già ben radicate nella destra italiana (nella Lega, in parte del Pdl). Con Grillo hanno poco a che vedere. Una sinistra rinnovata può allearsi con 5 Stelle e approvare leggi democratiche essenziali; con personalità che somigliassero a Wilders no”.

Partiti, Vaticano e diplomazie la fine dei kingmaker del Colle ora lo scontro è tra poteri deboli. L’inchiesta di Concita De Gregorio:

“C’è una cosa — una sola — che non cambia. Come si fa un Presidente. Cosa governa il gioco, quali sono le regole che portano alla nomina più ambita: quella che dura sette anni, un’eternità quando l’unità di misura del potere sono i giorni. Il segreto, quello, è intatto. Non c’è tsunami che possa violarlo. Il varco per entrare nella porta si trova all’incrocio fra il calcolo e il caso, fra l’esperienza e l’ignavia. Lo conosce Giulio Andreotti, venti volte ministro e sette presidente del consiglio, che aveva 29 anni quando all’alba dell’11 maggio 48 bussò alla porta di Luigi Einaudi, una villetta sulla Tuscolana, per convincerlo che il suo essere zoppo non gli avrebbe impedito di fare il presidente: “Del resto anche Roosevelt”, gli rammentò con discrezione… Ma per la prima volta, questa volta, Andreotti non ci sarà. Se avesse potuto votare, fra qualche settimana, avrebbe eletto il suo dodicesimo presidente. L’unico politico vivente insieme ad Emilio Colombo ad essere arrivato sin qui dalla Assemblea Costituente: Teresa Mattei se n’è andata pochi giorni fa ed era da molto fuori dalla politica, delusa e lontana. Ma Andreotti sta molto male, la sua famiglia non lascia che nessuno lo avvicini.

E’ ancora alle sue ultime parole, tuttavia, che bisogna ricorrere per decifrare il primo degli enigmi che portano al Colle. “Non c’è nessun metodo che garantisca la vittoria: ci
sono solo errori da non commettere”. Sorride, a riascoltare queste parole, Paolo Cirino Pomicino: l’ultimo dei democristiani attivi della vecchia scuola, Forlani essendosi da tempo, dopo il pegno pagato ai lavori socialmente utili cui la giustizia l’aveva destinato, chiuso in un riserbo inviolabile”.

La Stampa: “Arretrati, così lo stato pagherà”. L’economia su un sentiero pericoloso. Editoriale di Mario Deaglio:

“Ha ragione il presidente Napolitano a definire «surreale» l’atmosfera in cui si sta muovendo la politica italiana: nonostante gli sconvolgimenti elettorali e il profondo senso di disagio civile e sociale impietosamente messo in luce dai risultati delle urne, il mondo politico continua ad occuparsi soprattutto, se non esclusivamente, dei propri problemi interni. Appare sordo e cieco, o quanto meno largamente indifferente, ai segnali di grave pericolo che con sempre maggiore insistenza provengono dal mondo dell’economia. E non è certo che ai saggi – alcuni dei quali, assai poco saggiamente, si sono profusi in esternazioni pubbliche prima ancora di cominciare il proprio lavoro – siano chiare le dimensioni del problema economico-finanziario, la cui evoluzione non può non condizionare, in questo momento, le dimensioni di tipo giuridico-istituzionale”.

Nord Corea, sfida agli Usa. Riapre il reattore proibito. Scrive Ilaria Maria Sala:

“Riattivazione del reattore «proibito», quello alla base del programma nucleare nordcoreano. Spese militari che balzano al 16% del Pil. Ma anche nomina, o meglio rinomina, di un premier sulla carta riformatore e fautore di aperture economiche «alla cinese». Da Pyongyang continuano ad arrivare segnali contradditori in una crisi che, come ha ammonito ieri il segretario generale dell’Onu Ban Ki moon lunedì, «si sta spingendo troppo oltre». E rischia di finire fuori controllo”.

Il Fatto Quotidiano: “Monti ultimo regalo. I debiti alle imprese li paghiamo noi”. I saggi di cosa nostra. Editoriale di Marco Travaglio:

“Se non fosse che le Procure di Palermo e Caltanissetta la prendono molto sul serio, per i troppi particolari precisi degli spostamenti delle vittime designate, verrebbe da sperare che la lettera giunta nei giorni scorsi alla Procura di Palermo e svelata ieri dal Fatto fosse una bufala. E non solo perché preannuncia una nuova stagione stragista contro magistrati siciliani impegnati nei processi sui rapporti fra Stato e mafia. Ma anche per un altro motivo, se possibile ancor più grave: il terribile e irresistibile richiamo al 1992, quando crollò la Prima Repubblica sotto i colpi della crisi finanziaria, di Mani Pulite e della Lega Nord. Il vuoto di potere allarmò i poteri criminali, che rischiavano di perdere il controllo del sistema e reagirono come sappiamo: con un mix di stragi e trattative che miravano a “destabilizzare per stabilizzare”, secondo il vecchio schema della strategia della tensione (“fare la guerra per fare la pace”, disse Riina). Allora come oggi il sistema era privo di politici credibili, tant’è che fece ricorso ai tecnici. Allora come oggi la mafia e i suoi referenti erano sotto scacco anche giudiziario: nel ‘ 92 la sentenza della Cassazione che confermò le condanne del maxiprocesso; ora la condanna di Dell’Utri, la requisitoria del pm Di Matteo contro il Ros per la mancata cattura di Provenzano, il rinvio a giudizio di tutti gl’imputati per la trattativa Stato-mafia. Ventuno anni fa i magistrati più esposti erano Falcone e Borsellino, oggi sono Di Matteo, Sava, Delbene, Tartaglia e il loro ex coordinatore Ingroia che han chiuso l’indagine sulla trattativa, e i pm di Caltanissetta impegnati nell’inchiesta sui depistaggi di via D’Amelio. Infatti la lettera di Mister X avverte che è in programma un attentato a Di Matteo, ma anche a uno dei quattro pm palermitani in servizio alla Procura nissena”.

Il Giornale: “I saggi e Bersani pensano. Gli imprenditori si uccidono”. Editoriale di Alessandro Sallusti:

saggi pensano, Bersani pure, Grillo conti­nua a fare il matto. Ci chiedono di aspetta­re. Settimane, forse mesi. Ma sono fuori tempo massimo. Ieri altri due imprendito­ri, uno di Ferrara e l’altro siciliano, si sono suici­dati: senza lavoro non ci può essere vita, hanno scritto dopo aver aspettato e votato invano. So­no gli ultimi di una lunga serie, anelli diventati deboli di una catena che una volta, non tanto tempo fa, ha retto colpi e strappi. Ma adesso non ce n’è davvero più e presto arriveranno nuove tasse: quella sui rifiuti, l’aumento dell’Iva, la ra­ta dell’Imu, il ventilato aumento dei contributi regionali e, non escluso, una manovra finanzia­ria aggiuntiva lacrime e sangue in pieno stile Monti-Merkel. Signor presidente Napolitano, io che ho speri­mentato sulla mia pelle il suo buonsenso devo dirle, a nome di questa gente disperata, che le sue scelte dilatorie, sagge a parole ma scellerate nei fatti, stanno distruggendo le nostre famiglie e quel che resta delle piccole imprese. Per sua ammissione i suoi dieci saggi non hanno potere di indicare nomi né di stendere programmi. Cioè non serviranno a nulla se non a perdere al­tro tempo prezioso. L’incerto e complicato esito elettorale non è colpa sua, ma la gestione della crisi è solo nelle sue mani, visto che quell’irre­sponsabil­e di Bersani preferisce assistere al bol­lettino quotidiano di morte piuttosto che gover­nare con il Pdl ( unica soluzione possibile) o tor­nare subito al voto”.