Bersani ha salvato il cervello ma perde la testa, Salvatore Tramontano sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2014 - 09:35 OLTRE 6 MESI FA
"Bersani ha salvato il  cervello ma perde la testa".

“Bersani ha salvato il cervello ma perde la testa”.

ROMA –  Chi tocca Matteo Renzi non muore ma incorre nelle ire di Berlusconi o quanto meno del Giornale del fratello Paolo. Matteo Renzi sta facendo di tutto per spostare milioni di voti moderati a Berlusconi, tenendo per il Pd quelli dei descamisados. Questo contribuirà a una migliore definizione del perimetro dei blocchi sociali di riferimento dei due principali partiti “classici”, a parte M5S, ma è probabile che dia una mano a consolidare la posizione elettorale di Berlusconi.

Per ora Berlusconi sta zitto e gode in silenzio, ma appena qualcuno alza la voce, la reazione scatta.
Sarà una lettura dietrologica, ma questo è il primo pensiero che viene leggendo l’articolo di Salvatore Tramontano sul Giornale, sotto un titolo degno del migliore Sallusti: “Bersani ha salvato il  cervello ma perde la testa”.
Ecco l’articolo:
È lui che viene usato come volto e voce di tutti i maldipan­cia sommersi e palesi. È lui che i sabotatori del progetto Renzi tornano a indicare come lea­der. È nel suo nome che i fran­chi tiratori trovano coraggio. Tutto questo Pd riluttante, che scommette sul fallimento del governo, che sta nella maggio­ranza ma non perde mai l’occa­sione di ricordare che lo fa solo per responsabilità di partito, usa perfino la malattia del vec­chio leader per stuzzicare i sen­si di colpa del nuovo segreta­rio. Tentativo inutile, peraltro. Visto che Renzi non sembra ca­dere nel gioco dei rimorsi. An­che quando è lo stesso Bersani a evocare, a Skytg24, il recentepassato: «Con Renzi sono lea­le. Ho sentito che parla di com­plotti, ma non sa di chi parla. Se ho qualcosa da dire lo dico aper­tamente, lo facevo con Letta e lo faccio con Renzi. Ho salvato il mio cervello per un pelo e non voglio consegnarlo ades­so. Mi si lasci libertà di pensie­ro ».
C’è un po’ di vittimismo in questa richiesta di libertà. Nes­suno pensa di mettere a tacere Bersani.Non c’è motivo e c’è ri­spetto per la sua storia. Ma, da osservatori esterni, non si può non notare la solita contraddi­zione del Pd. Il segretario del partito guida un governo che af­fr­onta una sfida ai limiti del pos­sibile. Le riforme che Renzi so­gna di fare sono tante e difficili. Forse non ce la farà, ma finora dai suoi stessi compagni gli so­no stati negati i cento giorni ca­nonici di fiducia. Gli sgambet­ti, le risse, i malumori sono co­minciati subito. L’impressione è che ci fosse fretta di far cadere il segretario, per paura che prendesse vento e riuscisse nel­l’impresa. Non è questo un atto di egoismo? Non è una guerra alla persona? Non è un gioco autolesionista? Ancora una vol­ta una parte del Pd sacrifica il bene del Paese per occuparsi delle sue beghe interne, per mettere in scena l’eterna guer­ra civile di un partito irrespon­sabile. E tutto questo non solo è triste, ma comincia davvero a fare rabbia.
Non solo. Il vecchio Pd anco­ra una volta sceglie di mostrar­si al mondo come il partito del­la conservazione, dell’immobi­lismo, della palude. È la forza politica che da vent’anni bloc­ca le riforme. Già questo atteg­giamento indebolisce Renzi. Come ci si può fidare di un pre­mier che n­on è in grado di gesti­re il suo partito e la propria mag­gioranza? Battuta irriverente sussurrata tra i parlamentari di Forza Italia:meno male che c’è la Ditta, altrimenti Berlusconi che ci sta a fare? E Renzi, sve­glio com’è, l’ha capito prima di tutti.