Alla Camera 104 dipendenti guadagnano più di Re Giorgio. Fabrizio De Feo, Il Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Giugno 2014 - 14:38 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo del Giornale

L’articolo del Giornale

ROMA – “Alla Camera 104 dipendenti guadagnano più di Re Giorgio” scrive Fabrizio De Feo del Giornale: “Eldorado Camera. Non è certo un mistero che il giardino incantato delle sontuose retribuzioni di Monte­cit­orio abbia as­sunto nell’im­maginario co­mune connota­zio­ni quasi mito­logiche. La real­tà, però, molto spesso supera la fantasia. E an­dando a spulcia­re il quadro del­le retribuzioni annue lorde dei dipendenti ci si rende conto che i titoli a effet­to e le iperboli giornalistiche descrivono sol­tanto per difet­to i contorni una vera e pro­pria realtà paral­lela, lontana an­ni luce dal resto del pubblico im­piego”.

L’articolo completo:

All’ombra di Montecitorio (e Palazzo Mada­ma) dimora un piccolo esercito di lavoratori che può godere di ricchissimi trattamenti. Dipendenti con le più disparate qualifiche, uniti da un sistema di progressione degli stipendi così impetuoso da suscitare l’invidia di chiun­que. Persino del Capo dello Sta­to. Sì, perché alla Camera ci so­no ben 104 persone con stipen­di superiori a quelli di «Re» Gior­gio Napolitano, ovvero oltre i 238mila euro lordi, la soglia fis­sata come nuovo tetto massi­mo per le retribuzioni pubbli­che. Un numero esorbitante che si compone di: 11 documen­taristi­ tecnici-ragionieri; 1 in­terprete- traduttore; 89 consi­glieri- parlamentari. E poi natu­ralmen­te i due vicesegretari ge­nerali e il segretario generale, al vertice della piramide dorata.
Se il paragone con il presiden­te della Repubblica, surclassa­to dai terzi e quarti livelli di Montecitorio, è il dato più ecla­tante, appena meno clamoro­so ma ugualmente stupefacen­te è il confronto con le retribu­zioni dei tanto bistrattati parla­mentari italiani. Basti pensare che i lavoratori di Montecitorio che guadagnano più dei nostri 630 deputati sono ben 522. Tra questi non solo documentaristi e consiglieri parlamentari- le fa­sce più elevate- ma anche sem­plici operatori tecnici, commes­si, addetti alla vigilanza, assi­stenti parlamentari, collabora­tori tecnici e segretari parla­mentari.
In sostanza più di un terzo dei dipendenti della Camera gua­dagna più dei parlamentari che pure sono lì pro-tempore e so­no sottoposti alla prova del vo­to ogni cinque anni (salvo im­previste interruzioni della legi­slatura).
I fortunati vincitori del con­corso per l’ingresso a Monteci­torio, inoltre, possono godere di inesorabili progressioni del­la loro busta paga. Le responsa­bilità in­capo a quadri e dirigen­ti non sono paragonabili a quel­le di altre figure apicali della Pubblica Amministrazione. Tanto per recuperare un esem­pio già utilizzato in passato la busta paga dei 174 consiglieri parlamentari ha in media lo stesso peso di quella di un pri­mario ospedaliero, ma a fine carriera supera i 400mila euro lordi l’anno. Sul primario, pe­rò, grava la responsabilità di un reparto, i consiglieri svolgono attività di studio, ricerca o assi­stenza giuridico-legale.
A questo punto dopo mesi di annunci la maggioranza gover­nativa è attesa al varco. Alla lu­ce delle nuove regole governati­ve, la Camera – alla quale biso­gna dare atto di aver iniziato un percorso di trasparenza con la pubblicazione dei dati sul suo sito internet, pratica poco fre­quentate da altre amministra­zioni – è chiamata a procedere rapidamente al taglio delle bu­ste paga. La prima mossa do­vrebbe essere l’abbattimento delle «retribuzioni monstre», quelle dei 104 dipendenti oltre la «soglia Napolitano». Poi biso­gnerà fissare dei tetti, una sorta di «salary cap». Una battaglia complicatissima perché in ba­se alla autodichia parlamenta­re lo Stato sovrano di Monteci­torio dispone di un solido scu­do con cui proteggersi dai tagli.
Forza Italia è pronta a tenere il punto su una battaglia contro i privilegi della Pubblica Ammi­nistrazione che il capogruppo Renato Brunetta ha sempre condotto in prima persona. Bi­sognerà vedere, invece, come si muoverà il Pd chiamato a una sorta di corpo a corpo con una platea di dipendenti che stori­camente, nella sua maggioran­za, guarda con attenzione a sini­stra.
A sferrare l’offensiva sarà Ma­rina Sereni, vicepresidente del­la Camera con delega al perso­nale. «Siamo al lavoro per inter­venire sulle retribuzioni. Fisse­remo un tetto per i dirigenti e, proporzionalmente, anche per gli altri livelli». L’ipotesi è di in­trodurre almeno tre o quattro soglie che i dipendenti delle va­rie fasce non potranno supera­re neanche al culmine della car­riera. Un intervento che vorreb­be essere realizzato mettendo d’accordo le dodici sigle sinda­cali interne. Una «missione im­possibile » che secondo alcune previsioni potrebbe rischiare di tramutare l’annunciata «po­tatura » in una «spuntatina».