Carlo Verdone: “Non è l’estate a essere coatta, ma il mondo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Agosto 2014 - 08:23 OLTRE 6 MESI FA
Carlo Verdone: "Non è l’estate a essere coatta, ma il mondo"

Carlo Verdone (LaPresse)

ROMA – “Non è l’estate a essere coatta, ma il mondo”. Carlo Verdone è nella sua casa di campagna alle porte di Roma. Pochi, come lui, hanno raccontato la coatteria. La stessa che, oggi, pare caratterizzare ministre in spiaggia, ragazzi nudi in Spagna e Renzi che si fa la doccia gelata.

L’intervista a cura di Andrea Scanzi sul Fatto Quotidiano:

È l’estate dei coatti?

Da anni assistiamo a un’Europa trasformata in palcoscenico di esibizionismo e volgarità. Grande volgarità. L’Italia, in questa classifica, è sicuramente tra le meglio piazzate.

È così anche nei suoi film. Fin dagli esordi.

Quella di Viaggi di nozze o Grande grosso e Verdone era una coatte-ria diversa. Raccontavo una sorta di estetica del non pensiero, un vuoto pneumatico totale che nelle mie pellicole riguardava gli Ivano e le Jessica, ma che oggi colpisce tutti. Politica compresa. Mi torna in mente una frase di Alberto Sordi, poco prima di ammalarsi.

Quale?

Eravamo a cena al ristorante. Mi disse: ‘Carlo, faticherai molto’ . Gli chiesi perché. Al tavolo accanto c’era una coppia di americane piene di tatuaggi, i culi di fuori come enormi lavatrici, una coi capelli blu e l’altra viola. Terribili. Sordi aggiunse: ‘Lo vedi? Nessuno le ha notate, ormai la gente alla volgarità neanche fa più caso. Sarà un problema per te’.

Aveva ragione?

Alberto è stato spesso un anticipatore e gli è capitato anche quella volta. Ciò che nei miei film era un’anomalia, oggi è diventata norma. La coatteria non fa più notizia e nessuno si scandalizza più. Mai come in quest’estate provo orrore, e terrore, ad aprire i quotidiani.

Perché?

Si passa da notizie frivole, come i ragazzi italiani che vanno in giro a Barcellona con gli uccelli e i culi di fuori, alla lista di omicidi giornalieri di donne e bambini. Uno sterminio continuo che mi terrorizza. Siamo ampiamente oltre la coatteria e la volgarità.
Ha visto le immagini di James

Foley?

Se fossi stato il direttore di un giornale o Tg, avrei fatto vedere il fotogramma della sua esecuzione una volta e poi mai più. Invece, nonostante i divieti di Google e Amazon, foto e video sono ovunque. Ci stiamo anestetizzando alla violenza, alla perfidia, alla cattiveria. Neanche nelle peggiori cronache medioevali si ritrova una tale bassezza. È l’era del voyeurismo coatto. L’immagine stessa è intimamente coatta.

È coatto anche l’Ice Bucket Challenge?

Lo ammetto, l’ho appena fatto anch’io. Mi avevano nominato Lele Propizio e Paola Cortellesi. Sono salito in costume su un trampolino, mi sono rovesciato un secchio d’acqua in testa e mi sono buttato in piscina. Ho nominato Giovanni Veronesi, Marco Giallini e Micaela Ramazzotti. Sono scene ridicole e un po’ stupide, ma innocue. Se non altro servono a parlare di una malattia, la Sla, che l’80% delle persone neanche conosce. La vera coatteria è un’altra.

Per esempio?

Leggo la cronaca di Roma e vedo la tomba allagata di Augusto: un’immagine coattissima, che testimonia da sola il degrado di questa epoca. L’altro giorno, attraversando il viale di una città del centro Italia, ho visto buste con la spazzatura, carte e cartoni sparsi ovunque. Cani e gatti che mangiavano per strada. La differenziata si fa così? Altra immagine coatta. Come le valigie.

Le valigie?

I passeggeri che, in aeroporto, urlano perché i bagagli non arrivano . Qualcuno, addirittura, prova a entrare con la testa dentro il buco da cui escono tutte quelle valigie ammassate e precipitate da chissà dove. Un’immagine coattissima, che dà il polso di un mondo alla deriva.

Sta descrivendo uno scenario irrimediabilmente compromesso.

Vorrei essere più ottimista, lo so che da me la gente si aspetta che io la faccia ridere, ma non ce la faccio. I miei coatti avevano qualcosa in grado di salvarli: una loro dolcezza, una loro malinconia. Se poi salgo di livello e penso alla coatteria ‘alta’ di Pasolini, c’era sempre un’anima. Ecco: io quell’anima non la vedo più. È una società sprofondata dentro la pornografia e livellata verso il basso, che non si stanca mai di scendere ancora più giù (…)