Caso Cancellieri, scontri No Tav, Sardegna: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Novembre 2013 - 08:57 OLTRE 6 MESI FA
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La Repubblica del 21 novembre

ROMA – “L’ho raccomandata a Berlusconi” ecco le rivelazioni di Ligresti. Cancellieri di nuovo nella bufera.

Leggi l’articolo su Repubblica a firma di Paolo Griseri:

Tanti ne trascorrono dal flash di agenzia delle 14.55 «Cancellieri, Camera boccia mozione sfiducia» e il successivo delle 15.03: «Fonsai: Ligresti, dissi esigenza Cancellieri a cav». La «giornata più lunga» del ministro della giustizia tornaa complicarsi.

Le prime indiscrezioni sulla clamorosa deposizione del patriarca di Paternò si erano diffuse il 6 novembre. Si trattava solo di ipotesi perché quel giorno – lo stesso in cui la Guardia di Finanza aveva consegnato a Torino i tabulati delle telefonate tra i Cancellieri e Antonino Ligresti si era appreso che nelle carte dell’inchiesta Fonsai di Milano compariva il verbale di un interrogatorio compromettente in cui il capostipite parlava degli anni in cui era una vera potenza grazie alle amicizie con i politici a lui riconoscenti. Ieri, pochi minuti dopo il voto a Montecitorio, qualcuna delle parti del processo milanese ha deciso di diffonderne il contenuto. Una scelta a scoppio ritardato che aveva evidentemente l’obiettivo di non interferire con la scelta dei deputati. Come se la rivelazione di quel particolare potesse far pendere la bilancia a svantaggio del ministro di giustizia. Nella parte che riguarda Annamaria Cancellieri il verbale è stringato: «Mi feci latore – dice Salvatore Ligresti – del desiderio dell’allora Prefetto Cancellieri, che era in scadenza a Parma e che preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione». Questa vicenda emerge dall’interrogatorio perché il pm Luigi Orsi chiede a Ligresti in quali occasioni aveva raccomandato qualcuno ai politici: «Mi viene in mente un secondo episodio sempre con il Presidente Berlusconi », racconta Ligresti riandando con la memoria alla presunta spintarella a favore dell’attuale Guardasigilli. Ligresti si premura di far sapere che «in quel caso la segnalazione ebbe successo perché la Cancellieri rimase a Parma». E chiarisce: «L’attuale ministro Cancellieri è persona che conosco da moltissimi anni e ciò spiega il fatto che si sia rivolta a me e io abbia trasmesso la sua esigenza al Presidente Berlusconi».

L’interrogatorio di Salvatore Ligresti è del 15 dicembre 2012.

Annamaria Cancellieri è diventata ministro degli Interni con il governo Monti da poche settimane. Il riferimento di Ligresti è dunque evidentemente al periodo in cui Annamaria Cancellieri è stata commissario straordinario del Comune di Parma nel 1994. L’unica altra permanenza, come commissario prefettizio, sempre a Parma è delle due settimane precedenti la nomina a ministro degli interni. Ma è assai probabile che a Salvatore Ligresti non importassero i particolari della presunta raccomandazione. Il suo messaggio più importante sembra essere quella frase buttata là: «L’attuale ministro Cancellieri è persona che conosco da moltissimi anni.. ».

La Cancellieri si sente sotto assedio “Questo è davvero un complotto vogliono costringermi a lasciare”.

Leggi l’articolo su Repubblica a firma di Liana Milella:

«Nooo…ditemi che non è vero…ditemi che state scherzando… ditemi che non sta cominciando tutto di nuovo…vi prego…non ce la faccio più». Alle 15 e otto minuti Annamaria Cancellieri è in auto diretta a villa Madama per il vertice italo-francese. È fisicamente provata. Ha già mangiato, altro che dieta, l’ennesimo Pocket coffee, la sua fonte di energia primaria in questi giorni terribili. Nemmeno un’ora prima, alla buvette di Montecitorio, mentre addentava affamata un toast prosciutto e formaggio — in piedi, il braccio sinistro operato penosamente appeso al collo, e pure una pochette Bottega veneta a tracolla sull’altro — aveva detto tirando un sospiro di sollievo: «Certo, è stata la giornata più lunga della mia vita». Pensava che fosse finita lì, ma si sbagliava. Se n’è accorta quando le hanno letto l’agenzia con le rivelazioni di Ligresti. «Incredibile tempismo -commentano dal suo staff – una fiducia chiusa alle 14 e 55 e il nuovo verbale che spunta alle 15 e 08. E poi voi andate dicendo che non è un complotto?».

Cancellieri, che per temperamento e storia personale non è una dietrologa, stavolta non ci sta. «Eh no, adesso basta, questo non solo è accanimento allo stato puro, ma anche un’aggressione pianificata nei tempi e nei modi». Ancora: «Troppe coincidenze fanno un sospetto». Poi: «Vogliono distruggermi. Vogliono che me ne vada. Vogliono costringermi a tutti i costi al passo indietro». Ha ancora ore di lavoro davanti, dovrà parlare con la collega Guardasigilli francese («Una gran donna, che ha fatto molto per le carceri »), alla fine pure una cena di rappresentanza al Quirinale. Da Napolitano, l’unico che considera veramente sincero e fiducioso nei suoi confronti.

La berlina di rappresentanza è arrivata a destinazione. C’è tempo per gli ultimi contatti prima di un pomeriggio di black out. Impiega il tempo per smentire la ricostruzione di Ligresti, per indignarsi. Poi, sconsolata: «L’ho già detto, contro il metodo Boffo non c’è niente da fare, se vogliono ti attaccano. Ma io resisterò fino all’ultimo, continuerò a puntualizzare e a ribadire la mia verità». Perché Ligresti parla di raccomandazioni? Con i suoi collaboratori si apre più che con i giornalisti. «Sono balle, non è vero niente. Sicuramente Salvatore Ligresti ha un animo cattivo contro la mia famiglia, vuol far male a me, ma soprattutto a mio figlio». Ecco, è detta, vendetta e complotto diventano i due perni su cui starebbe ruotando il caso Cancellieri.

Don Salvatore: “Parlai a Silvio del desiderio di Anna Maria”. Fonsai, Ligresti ammette di aver raccomandato la Cancellieri a B.

Leggi l’articolo sul Fatto Quotidiano a firma di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali:

L’ancora ministro Annamaria Cancellieri tira un sospiro di sollievo, dopo il voto che la mantiene al governo: “Finalmente”, esclama. Ma le agenzie stanno già diffondendo alcuni atti dell’indagine su Fonsai del pm di Milano Luigi Orsi, depositati alle parti il 13 novembre. Si riapre così non solo la vicenda dei suoi rapporti con Salvatore Ligresti, ma emerge anche la rete di amicizie, favori e protezioni di cui l’ingegnere ha goduto per anni (con amici come Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Ignazio La Russa). E si delineano i contorni di un’operazione, la fusione Fonsai-Unipol, che tanti hanno voluto e spinto a ogni costo: Mediobanca, Isvap, Consob… Intanto una delle figlie di Ligresti, Jonella, ieri ha ottenuto gli arresti domiciliari nell’ambito dell’altra inchiesta su Fonsai, quella della procura di Torino. e ha lasciato San Vittore.

“Voleva rimanere a Parma e l’aiutai”. È il 15 dicembre 2012. Salvatore Ligresti viene interrogato dal pm Luigi Orsi. Ha già raccontato di aver raccomandato presso Berlusconi l’allora presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini. A quel punto, il magistrato gli chiede: “Le è capitato quanto spesso di segnalare delle persone alla autorità politico-amministrativa?”. Ligresti risponde: “Non ricordo che sia successo in altri casi. Anzi, mi viene in mente un secondo episodio e sempre riferito al presidente Berlusconi. Mi feci latore del desiderio dell’allora prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione”. In realtà era commissario prefettizio a Bologna e fu poi effettivamente nominata a Parma. “L’attuale ministro Cancellieri”, aggiunge Ligresti, “è persona che conosco da moltissimi anni e ciò spiega che mi si sia rivolta e io abbia trasmesso la sua esigenza al presidente Berlusconi. In quel caso la segnalazione ebbe successo perché la Cancellieri rimase a Parma”.

“Una sistemazione per Giannini”. “In alcune occasioni ho segnalato al presidente”, cioè a Berlusconi, “il mio personale auspicio che si trovasse una sistemazione per Giannini”. Così, Ligresti racconta a Orsi di essere intervenuto presso l’allora presidente del Consiglio per garantire una poltrona all’Antitrust a Giancarlo Giannini, in scadenza dalla presidenza dell’Isvap, l’autorità di controllo delle assicurazioni, che per otto anni aveva chiuso un occhio e anche due sui conti di Fonsai. Giannini lo sapeva: “Ricordo chiaramente di avergli rappresentato in più di un’occasione questo tema”, mette a verbale Ligresti. “Per quale ragione lei si è speso in favore di Giannini?”, gli chiede Orsi. “Giannini si è sempre comportato bene con me”, risponde Ligresti, “fin dal-l’inizio della nostra conoscenza. Ricordo che quando ancora non avevo formalizzato l’acquisizione della partecipazione di controllo in Fondiaria, siamo tra il 2001 e il 2002, Giannini mi incoraggiò dicendomi che quella società era un buon affare”. E aggiunge: anche l’ex amministratore delegato di Fonsai, Fausto Marchionni, “mi sollecitò nel senso di promuovere una sistemazione a Giannini”. Per questo ora Giannini si ritrova indagato per corruzione, come Ligresti, ma anche per calunnia: perché quando ha preso atto che Ligresti era stato abbandonato dalle banche e sull’orlo del fallimento, lo denuncia (ingiustamente, secondo il pm) per ostacolo alla vigilanza.

Scontri con i No Tav al vertice Italia-Francia.

Leggi l’articolo del Corriere della Sera a firma di Rinaldo Frignani:

Volevano visibilità e l’hanno ottenuta. Pretendevano di muoversi in corteo e, in parte, sono stati accontentati. Almeno per raggiungere la metropolitana al Circo Massimo. Quattro pullman di No Tav e circa 3 mila attivisti dei centri sociali e dei movimenti di lotta per la casa hanno paralizzato il centro ieri pomeriggio, scontrandosi con la polizia in via dei Giubbonari per rompere l’accerchiamento delle forze dell’ordine a Campo de’ Fiori. Lo scenario dell’ennesima giornata di passione per la Capitale: traffico impazzito, serrata di negozi, un intero quartiere blindato per l’incontro fra il premier Enrico Letta e il presidente francese François Hollande a Villa Madama, resa inviolabile da circa 1.500 uomini delle forze dell’ordine.

Un imponente servizio di sicurezza utilizzato anche per contenere la protesta No Tav e antagonista che avrebbe dovuto puntare all’ambasciata francese di piazza Farnese e che, alla fine, oltre che sui celerini, si è invece sfogata sulle sedi del Pd: tentato assalto con bombe carta di un’ottantina di incappucciati all’ufficio centrale in via Sant’Andrea delle Fratte, respinto con le cariche, così come il blitz al Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) in via della Mercede. Il primo atto di quattro ore ad alta tensione culminate nel duro confronto fra polizia e antagonisti in via dei Giubbonari dove alcuni giovani — «Avevano i fazzoletti No Tav», raccontano i testimoni — hanno provato a sfondare il portone della storica sezione Pci «Regola Campitelli», ora Pd Centro storico. «Erano bestie mosse da un odio bestiale — racconta la presidente Giulia Urso — ho tentato di parlare con quei ragazzi, capire le loro motivazioni, ma non mi stavano a sentire: per loro ero il Pd e mi odiavano per questo. Ci urlavano fascisti, pezzi di m…. — aggiunge —, hanno preso a pugni un militante. Volevano spaccare le finestre ma c’erano le grate e non ci sono riusciti. Mai successa una cosa del genere».

Suolo e rischi, una Babele di competenze Così fallisce il federalismo ambientale.

Leggi l’articolo del Corriere della Sera a firma di Sergio Rizzo:

«Centri funzionali decentrati»: con questo nome astruso si chiamano le strutture regionali che dovrebbero essere i pilastri del sistema di allerta in caso di alluvioni. Ieri si è scoperto che nella Sardegna funestata dal ciclone Cleopatra quel «Centro» non era attivo. Anche se non è stata proprio una scoperta. Si sapeva dal 9 ottobre scorso, quando il capo della Protezione civile Franco Gabrielli aveva denunciato, in un’audizione alla Camera dei deputati, che a dieci anni di distanza dal provvedimento che le ha istituite, il 24 febbraio 2004, soltanto in dieci Regioni quelle strutture funzionano a pieno regime. Quali sono? «Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Campania e le Province autonome di Trento e Bolzano. Le Regioni non ancora attive sono sei: Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Umbria, Lazio, Molise e Calabria hanno invece attiva solo la parte idro e hanno il supporto del Dipartimento per la parte meteo». Parole del medesimo Gabrielli.

Il Friuli Venezia Giulia potrà rivendicare di avere una struttura regionale di Protezione civile assolutamente eccellente, mentre la Puglia ha già rispedito l’accusa al mittente, sostenendo che la colpa dei ritardi è tutta dell’apparato nazionale. Replica non incassata a sua volta da Gabrielli, che ha invitato le autorità pugliesi a non girare la frittata. Episodio, a prescindere dalle ragioni di ciascuno, che fa ben capire come il nostro federalismo pasticcione non abbia risparmiato nemmeno la Protezione civile: vittima di quella che il suo capo ha bollato come «una Babele di competenze» capace di frenare la prevenzione dei disastri ambientali. «Sul dissesto idrogeologico hanno competenze Autorità di bacino, Province, Regioni e Comuni», ha spiegato Gabrielli, aggiungendo che davanti a un alluvione come quella del 1966 a Firenze saremmo indifesi come allora.