Cecile Kyenge, il marito a Libero: “Lei ricattata dal Pd”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Dicembre 2013 - 10:50 OLTRE 6 MESI FA
kyenge

Kyenge (LaPresse)

ROMA – Parla Domenico Grispino, marito di Cecile Kyenge: “Le hanno fatto firmare un impegno a restituire 34mila euro di spese elettorali, ma la campagna l’ho pagata tutta io”.

L’intervista su Libero a cura di Giacomo Amadori:

(…) Non pare avere un alto concetto della politica.

«Mangiano tutti. Destra e sinistra. Non si salva nessuno. A parte mia moglie, che è una persona perbene e avrebbe fatto meglio a continuare a fare il medico, professione in cui è bravissima. Io ho scritto a Beppe Grillo sa? Gli ho detto: io, se non fossi costretto a dimezzarmi lo stipendio, sarei pronto a scendere in campo. Non mi ha neppure risposto. Così in Parlamento ci vanno quelli che guadagnano meno di 2.500 euro o i disoccupati. Delle scamorze. Ma là servono i migliori e non i somari».

Viste tutte le polemiche che accompagnano Cécile, non teme che possano chiederle di dimettersi come hanno fatto con Josefa Idem?

«Pensa davvero che la Idem l’abbiano fatta dimettere per tremila euro di Ici? Da qualche giorno parlava di Dico, unioni di fatto. E questo non è piaciuto ai cattolici del partito. Il resto lo ha fatto Enrico Letta. E comunque su mia moglie che polemiche ci sono? Quelle sul fatto che è nera?»

Ma perché sua moglie non risponde alle domande?

«È colpa del clima che c’è nell’entourage. Sono tutti pronti a farti lo sgambetto. E in pochi hanno festeggiato quando è stata eletta».

È la politica…

«È una politica di merda».

Dawa è stata un trampolino politico per sua moglie?

«Io non credo. La sua fortuna è che Livia Turco l’ha segnalata a Pier Luigi Bersani e Bersani ha ascoltato il suggerimento. Altrimenti non sarebbe mai stata eletta. Il partito per le primarie aveva puntato su altri tre nomi».

Quindi non avete fatto campagna elettorale?

«Sì che l’abbiamo fatta. Il partito le diceva dove andare a parlare e lei andava. Ma a spese proprie. Per i tre mesi di campagna ho investito io quasi duemila euro perché in giro non raccoglieva niente».

Beh, quei soldi adesso li avrete recuperati.

«Mia moglie oggi guadagna circa cinquemila euro netti. Poi ne ha tremila di diaria con cui affitta la casa a Roma e paga le spese di trasferta e altri tremila da rendicontare, di cui ben duemila vanno al Pd».

Perché?

«Questa è una bella domanda visto che prendono anche il finanziamento pubblico. Le hanno fatto firmare un accordo molto generico per presunte spese elettorali con cui lei si impegna, dopo l’elezione a versare al Pd 34 mila euro. Ma quali sono queste spese elettorali? Era nel listino. Il partito non le ha dato niente e sono anche stupidi perché quei contratti sono atti impugnabili ».

Qualcuno in passato ha protestato perché i candidati sono costretti ad accettare, altrimenti non vengono candidati.

«Questo è chiaro. Sono stati portati come una mandria di vacche a firmare questo “accordo”. Non c’erano alternative. C’era il fumus del ricatto».

Per circa 400 eletti fa 13 milioni di euro.

«Guardi che il Pd è una macchina da soldi».

Sua moglie si aspettava di diventare ministro?

«No. Nei giorni in cui si formava il governo, gli altri parlamentari erano quasi tutti giù a Roma a leccare le scarpe di chi decideva. Cécile era in giro per Bologna con una sua amica. L’ha chiamata Letta e le ha detto che voleva nominarla ministro. Quasi sveniva ».

Non sarebbe stato meglio il dicastero della Salute?

«No. Quello è un ministero con potere di spesa e mia moglie non ha capacità gestionali».

Veniamo alla Dawa. Libero ha svelato che non avete pagato le assicurazioni per i volontari, obbligatorie per legge. Di chi è la colpa?

«Mia, è solo mia. Io sono il più intelligente dell’associazione (ride, ndr) e avevo il compito di occuparmi delle questioni burocratiche».

Però la firma sui documenti è di sua moglie e le raccomandate con il sollecito di pagamento sono inviate a Cécile Kyenge.

«Che vuole che le dica? Lei quella roba non la guarda. Mettete in croce me. Si va in galera per questo?».

No, non si va in cella, ma è una grave irregolarità: i vostri volontari andavano in Africa senza assicurazione.

«Sono tornati tutti a casa. E allora dove è il problema? Purtroppo di quelle questioni non mi sono mai occupato. Se di ignoranza devo morire, morirò».

Ma questi documenti chi li ha controllati?

«Non so dirle. Io no, ma mia moglie non ha fatto errori. E poi, in realtà, i nostri volontari non facevano praticamente un casso. L’operativa era Cécile » (…)