ROMA – Il Cnel, Consiglio nazionale di economia e lavoro, ha una vita breve davanti a sé. Ma nonostante questo è in corso una polemica tra il vertice del Cnel e gli “azionisti” del Consiglio, ovvero i sindacati e Confindustria.
Lunedì il Cdm è pronto a firmare il disegno di legge che lo dovrà abolire. Ma intanto le polemiche non si fermano, come racconta Valentina Conte su Repubblica:
L’aria che tira sta tutta in una lettera interna datata 13 marzo 2014, indirizzata al presidente Antonio Marzano e firmata da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Gli azionisti del Cnel. Che scrivono: «Siamo dell’avviso che nell’attuale situazione i rapporti con i mass media, anche ove richiesti, non siano opportuni, in quanto spetta essenzialmente alle Parti sociali esprimersi sul futuro della nostra associazione ». Zitti tutti, parliamo noi.
Marzano non l’ha presa bene. Tace, declina interviste. Ma fa sapere che per regolamento interno la posizione del Cnel la esprime il presidente. Insomma, aria da fine impero. Da ultima fermata di giostra. Da resa dei conti.
Beghe interne? Può darsi. Che però accentuano la distanza tra Palazzo e piazza, il primo popolo e il secondo popolo, secondo la definizione del sociologo De Rita, gli italiani e i decisori. Distanza che il Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, avrebbe dovuto colmare. I famosi “corpi intermedi”. «Così com’è non funziona, è vero», ammette Franco Massi, segretario generale Cnel. «Non incide nelle scelte politiche, tradisce la sua natura. Non per questo dobbiamo cancellarlo, però. Ma strutturarlo in modo diverso, questo sì». Il Cnel costa 20 milioni l’anno (di cui 7 per il personale, stipendi lordi). Nell’ultimo triennio ha restituito all’Erario circa 20 milioni di pregresso non speso. E risparmiato il 30%, senza rinunciare a produrre 31 documenti.