Conti correnti, polemiche per aumento. Draghi: “Un arsenale anti-deflazione”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Aprile 2014 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA

POLEMICHE PER L’AUMENTO AL 26%. DRAGHI: UN ARSENALE ANTI-DEFLAZIONE ROBERTO PETRINIROMA – E’ polemica sull’aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento che include anche le tasse sui conti correnti bancari.

Da Forza Italia si accusa il presidente del Consiglio Matteo Renzi di essere un “simpatico tassatore”, mentre si punta l’indice su quella che viene definita una “stangata”.

Scrive Roberto Petrini su La Repubblica:

Il decreto Irpef, ieri firmato da Napolitano, prevede infatti per il 2015 un gettito di circa 755 milioni su conti correnti, libretti postali e certificati di deposito (il 92,8 per cento delle famiglie possiede un deposito bancario o postale).
Polemiche che hanno provocato una nota di Palazzo Chigi. «Non c’è nessuna tassa sui conti correnti e non c’è nessun collegamento con il bonus di 80 euro», spiegano gli uomini di Renzi. «Il governo — si aggiunge — ha deciso, come annunciato il 12 marzo, di alzare dal 20 al 26 per cento la tassazione sulle rendite finanziarie » per portarle nella media europea e per abbassare l’Irap del 10 per cento. Il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei ha aggiunto su Twitter che l’operazione costerà ai contribuenti italiani «meno di un caffè al mese».

«Tagliamo le tasse per le imprese (Irap-10%), aumentano le tasse sulle rendite finanziarie. La finanza al servizio di impresa e lavoro», ha commentato ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, anche lui con un tweet.
Ma quanto costerà agli italiani l’aumento delle tasse sul conto corrente? I calcoli li ha fatti per Repubblica la Cgia di Mestre: per un conto corrente medio l’aggravio è di circa 1 euro all’anno. Il focus della Cgia di Mestre spiega che in Italia ci sono 38 milioni di conti correnti con una consistenza pari a 453,2 miliardi. Di conseguenza la giacenza media è di circa 12 mila euro. Considerando che il tasso di interesse attivo medio applicato in questa fascia è piuttosto basso, pari allo 0,13 per cento, cioè 15,5 euro l’anno, il rincaro della tassazione passerà da 3,10 (con imposta al 20 per cento) a 4,03 (con imposta al 26 per cento).Ovvero: 93 centesimi.
Il bilancio si aggrava per giacenze medie più alte. Ad esempio per chi ha un deposito tra i 10 mila e i 50 mila euro dovrà sostenere un onere aggiuntivo di 2,3 euro l’anno. Mentre Tra i 50 mila e i 250 mila si sale a 26,1 euro. Più pesante la tassa per chi possiede oltre i 250 mila euro che si troverà a pagare 169,2 euro in più.

Come emerge dal testo del decreto l’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie scatterà dal primo luglio prossimo. Il rincaro dal 20 al 26 per cento interesserà anche i dividendi staccati successivamente, le plusvalenze di azioni e fondi, nonché interessi su conti correnti e depositi postali. L’aumento non tocca i titoli di Stato, come Bot e Btp.

Complessivamente il gettito della misura, finalizzato come spiega Palazzo Chigi al taglio dell’Irap, sarà per quest’anno di 588 milioni, il prossimo di circa 3 miliardi e negli anni successivi si manterrà sullo stesso livello.

Come funziona all’estero? Come al solito in materia di tasse molto spesso all’estero sono più severi, anche se con l’ultimo decreto l’Italia si adegua. In Francia si paga il 30 per cento su dividendi e capital gain e il 18 sugli interessi, in Germania il 26,3 per cento e anche in Spagna il 21 per cento. In tutti i paesi non esiste una aliquota «ridotta» come in Italia per i titoli di Stato — che in Italia restano al 12,5 per cento — che devono rispondere alla stessa tassazione di obbligazioni e azioni. In Francia, ad esempio, dal 2012 la maggiorazione di tassazione sulle rendite finanziarie (Oats, compresi) è utilizzata per coprire i costi delle assicurazioni sanitarie obbligatorie e i contributi pensionistici, in una sinergia tra finanza e Welfare.