Governo Renzi, i titoli dei giornali il giorno dopo la fiducia al Senato

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2014 - 08:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Renzi ottiene la fiducia al Senato, e oggi i giornali si schierano. Il Corriere della Sera parla di “Scelte radicali”, Repubblica punta sulla rottamazione (“Basta vecchia politica”). Più pratica La Stampa: “”Scuola e fisco, le sfide di Renzi”.

Dall’altra parte della barricata il Fatto Quotidiano (Renzi promette, ma con quali soldi?) e il Giornale: “Premier furfante”.

Ecco le prime pagine:

Il Corriere della Sera: “Renzi ottiene la fiducia: Scelte radicali”. Le parole non contano. Editoriale di Massimo Franco:

Non serve a molto analizzare la qualità del discorso di Matteo Renzi in Parlamento. Era scontato che pagasse qualcosa all’inesperienza, all’emozione, e al modo convulso e controverso col quale è approdato alla presidenza del Consiglio. Il giudizio su di lui non si baserà su quanto ha detto ieri, ma su quello che riuscirà a fare da oggi. La sua apparizione alle Camere consegna l’immagine di un leader fin troppo sicuro di sé; determinato a scuotere l’Italia; e accolto da gran parte dei senatori con un impasto di curiosità, diffidenza e perplessità: tanto più che il premier non ha nascosto di volere una riforma per svuotare il ruolo del Senato.
La fiducia nei suoi confronti, dunque, non può che essere un’apertura di credito e un antidoto alla disperazione di una classe politica e di un Paese impantanati nelle proprie contraddizioni. È un po’ troppo autoconsolatoria l’idea di un «Palazzo del potere» lento e sconnesso da una società italiana raffigurata come dinamica. Il sospetto è che ci si trovi a dover combattere una mentalità appartenente non solo alla politica ma anche a pezzi consistenti della cosiddetta classe dirigente e dell’opinione pubblica. Per questo è così difficile sradicarla affidandosi unicamente a categorie come «velocità» e «gioventù».
Renzi si propone come l’uomo chiamato a dare l’estremo colpo d’aratro a un terreno duro, a rischio di desertificazione. È convinto di farcela perché altrimenti si aprirebbe la strada delle elezioni anticipate, che un Parlamento sotto accusa vede come un attentato alla propria sopravvivenza; e perché si consoliderebbe un declino del quale si colgono già indizi drammatici. I suoi progetti, tuttavia, si sono rivelati così indeterminati da lasciare uno sconcerto diffuso. Più che un programma è stata illustrata una lista di titoli, elencati con una miscela di passione, confusione e propensione all’azzardo.

La prima pagina di Repubblica: “La sfida di Renzi: basta vecchia politica”.

La Stampa: “Scuola e fisco, le sfide di Renzi”.

Il Fatto Quotidiano: “Renzi sogna e promette. Ma con quale soldi?”

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Il Giornale: “Premier furfante”. Editoriale di Alessandro Sallusti:

Per dirla alla Maurizio Milani, il migliore dei comici in circolazione, ieri tre quarti dei parlamentari e molti prestigiosi commen­tatori hanno «scherzato»Renzi per il suo di­scorso di fiducia. Lo hanno bollato come discorso «poco alto», «da sindaco», «da capo boy scout», non autorevole nei contenuti e non solenne nella mimi­ca. Poveretti. Che brutti scherzi fa l’invidia. Rosicava­no da matti, loro che hanno fatto la questua per un posto in lista da peones, nel vedere un ragazzino nep­pure parlamentare sullo scranno più alto. E allora giù con i giudizi classisti, eccoli scandalizzarsi per quella mano in tasca o per gli aneddoti personali fuo­ri luogo nel tempio della politica. Aggiungo anche io un piccolo aneddoto. Proprio ieri ero a colazione con un imprenditore che, parten­do da un titolo di studio di terza media, ha messo su un impero.Mi ha confessato che vent’anni fa si inna­morò di Berlusconi perché per la prima volta in vita sua sentiva un politico «parlare così semplice che an­che io lo capivo». E poi basta ricordare che Mario Monti, per citarne uno, fece un discorso di insedia­mento talmente alto e autorevole che neppure lui lo capì, almeno a giudicare dai risultati ottenuti. Sicura­mente non lo avevano capito gli italiani che infatti, al­la prima, occasione lo umiliarono nelle urne. Il problema di Renzi non è la qualità oratoria del suo discorso di ieri (lui parlava agli elettori, non alla platea che aveva davanti). E neppure che non ha det­to nulla di concreto, cosa peraltro vera. Un buon poli­tico­non svela a una assemblea di politicanti vendica­tivi le sue vere carte. È giovane, ma non è fesso. Sta te­nendo gli alleati ( e pure il suo partito) sulla corda. Sta nel vago,in modo che tutti siano un po’ delusi ma nes­suno deluso al punto da pugnalarlo in culla. Insom­ma, continua nel gioco che gli riesce meglio: prende­re per i fondelli amici e avversari ( distinzione che pe­raltro nella sua ambiziosa e cinica testa non esiste).