Cosentino, Reddito, Netanyahu, Coppa Italia: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Gennaio 2013 - 09:20 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Caso derivati, Mussari lascia. Il Corriere della Sera: “Tempesta derivati sul Monte dei Paschi di Siena. Si dimette l’ex numero uno Giuseppe Mussari, ora presidente dell’Abi, l’associazione bancaria italiana. «Sono innocente, ma non posso coinvolgere le banche». Le ragioni della scelta di Mussari, in seguito alle rivelazioni sull’operazione denominata «Alexandria», sono contenute in una lettera inviata al vicepresidente vicario dell’Abi, Camillo Venesio. Crolla il titolo.”

Cosentino: sono una vittima Berlusconi? È straordinario. L’articolo a firma di Fabrizio Roncone:

“Cominciamo male. La conferenza stampa di Nicola Cosentino, convocata a mezzogiorno, è stata organizzata in una saletta dell’hotel Excelsior. Non ci vuole Renzo Piano per capire che oltre duecento persone (tra cronisti, fotografi, cameraman e fans) non entreranno mai in 40 metri quadrati. Urla, spinte, bestemmie, minacce, sputi. Un operatore, in piedi su una sedia, invoca l’aiuto della Madonna di Pompei. Nick ‘o ‘mericano — la cravatta slacciata, pallido ma perfettamente sbarbato — sembra un filo soddisfatto di riuscire ancora a scatenare simili zuffe. La signora impacciata che lo accompagna (si suppone la sua portavoce) prende il microfono: «Ma quanti siete, eh? Basta! Conferenza stampa sospesa…». (Un’ora dopo). Il salone, adesso, è maestoso, e Nick ‘o ‘mericano — 53 anni, da Casal di Principe, una moglie e due figli, due processi per «concorso in associazione camorristica», due richieste di arresto respinte dal Parlamento, però improvvisamente ex tutto, ex sottosegretario all’Economia, ex coordinatore regionale del Pdl, quasi ex deputato — Nick non ha l’aria tesa e vendicativa che tutti ci aspettavamo: è già tornato a essere l’uomo controllato e affilato, mai un sorriso, casomai un ghigno, che nessuno credeva potesse essere escluso dalle liste del suo partito. Attacca a parlare piano, con eloquio fluido. Seguono decine di domande. Sintesi. Berlusconi (che sembra stia seguendo la diretta tivù piuttosto in apprensione). «A lui mi legano affetto e riconoscenza per tutte le opportunità che mi ha dato. È una persona straordinaria. Certo credevo che lui e il partito sarebbero stati capaci di sfoggiare una cultura garantista, visto che nel Pdl sono tante le persone indagate. Purtroppo, secondo le teorie di alcuni colleghi, la mia candidatura avrebbe portato voti a livello locale per farne perdere a livello nazionale. Mah. Dicono che sono il capo degli “impresentabili”: in verità, io sono solo vittima di un eccezionale accanimento mediatico e di un caso giudiziario incredibile. Anche Berlusconi è indagato dal 1994, ma ora tutti hanno capito che è un perseguitato. Io invece sono indagato dal 1996, però dopo le prime dichiarazioni dei pentiti non si è saputo più niente».”

Il Cavaliere chiude il caso e attacca le toghe «politicizzate». L’articolo di Paola Di Caro:

“Adesso toccherà mettersi questo traumatico passaggio alle spalle, e in fretta. Ed è quello che ha intenzione di fare Silvio Berlusconi, partito lunedì notte per Arcore e al lavoro per definire quel nuovo «Contratto con gli italiani» che dovrà essere il cardine dell’ultimo mese di una campagna elettorale finora a costo quasi zero (solo tv, radio e Internet, pochissimi spazi pubblici prenotati anche per le prossime settimane, manifesti ridotti all’osso). Ma prima c’è da chiudere ufficialmente il caso Cosentino, nella consapevolezza — come dicono i big del Pdl — che «in fondo Nicola nelle sue dichiarazioni si è comportato in maniera civile».”

La rabbia degli ex an: «Usati e abbandonati per far posto a Scilipoti». L’articolo a firma di Virginia Piccolillo:

“È così per Andrea Ronchi: l’unico ministro ex an del governo Berlusconi non compreso nelle liste del Pdl. Fondatore di An, portavoce del partito di Gianfranco Fini, il più accanito sostenitore dell’alleanza con Silvio Berlusconi, in vista di un rafforzamento del centrodestra, aveva avuto fino alla vigilia delle liste ampie rassicurazioni verbali della sua candidatura. Volate, come quelle dei suoi compagni di partito, in silenzio. «Nessuno ci ha cercato. Sono profondamente rattristato e deluso. Dai comportamenti umani ancor prima che politici», dice. Gli pesa che sulla bilancia non sia stato messo il suo «lavoro svolto come ministro delle Politiche europee con attestati di stima del mondo imprenditoriale e internazionale nella battaglia in difesa del made in Italy, contro la contraffazione, a sostegno della lingua italiana, sul clima». Paga l’aver seguito Fini in Fli? «Eravamo amici d’infanzia. E quando Angelino Alfano fece riferimento al Partito popolare europeo con Urso uscimmo da Fli. Tornai nel Pdl senza chiedere nulla in cambio». A differenza di Razzi e Scilipoti, che il premio lo hanno ritirato in lista, per lui nemmeno un posto in coda, malgrado l’appoggio politico dato con Urso ad Alfano portando al fianco del segretario pdl Aznar. Assieme ad Adolfo Urso, Pippo Scalia, Maurizio Saia e Giuseppe Menardi, Ronchi ha scritto ieri una nota: «Nella formazione delle liste hanno prevalso altre logiche sulle quali non ci interroghiamo, lo faranno gli elettori. Abbiamo sempre operato con disinteresse, scegliendo e talvolta sbagliando solo sulla base di convinzioni politiche profonde e coerenti, anteponendo sempre gli interessi generali a quelli personali».”

No agli F35, mossa di Bersani Monti: il Pd non è un pericolo. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

“«Bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno per gli F35. La nostra priorità non sono i caccia, la nostra priorità è il lavoro». Bersani introduce un aspetto inedito nella campagna elettorale, nel giorno in cui la Camera autorizza il governo a dare supporto logistico per le operazioni in Mali. Una dichiarazione, la sua, rivolta a quell’elettorato di orientamento pacifista, tentato di votare per l’ex pm Ingroia. E infatti la sortita di Bersani piace all’alleato Vendola che, non a caso, la rilancia, proprio per impedire lo scivolamento in direzione di Rivoluzione civile di quei cittadini sensibili alla sirena antimilitarista. «Bravo Bersani — scrive su Twitter — le ali da tagliare sono quelle dei cacciabombardieri. Siamo felici di averne fatto da tempo la nostra bandiera». Che lo scopo sia quello di insidiare il movimento di Ingroia lo si ricava dalla reazione indispettita di Di Pietro, alleato di Ingroia. Di Pietro attacca con asprezza il segretario pd. «Caro Bersani — sostiene il leader dell’Idv — si vede che siamo in campagna elettorale, visto che fino ad oggi avete approvato e sostenuto chi quegli F35 li ha comprati ed ha sprecato i soldi dei cittadini per i sommergibili e missioni di guerra. L’ultima perla di questo esecutivo è l’invio di personale e mezzi in Mali». Le tue, oggi, accusa Di Pietro, «sono solo lacrime di coccodrillo».”

Politici, scatta l’obbligo di pubblicare il patrimonio. L’articolo a pagina 6:

“Obbligo di pubblicità per i patrimoni dei politici, compresi i parenti entro il secondo grado e stop agli stipendi in caso l’incarico conferito da una Pubblica amministrazione, ad esempio ad un esterno, non sia stato regolarmente pubblicizzato. Cioè pubblicato online sul sito dell’amministrazione. E lo stesso vale per le gare se i relativi bandi non potevano essere conosciuti da tutti. Accelerando sulla tabella di marcia, perché le elezioni sono ormai alle porte, il governo ha deciso ieri, in Consiglio dei ministri, di approvare un decreto legislativo in attuazione della delega contenuta nella legge anticorruzione approvata nel novembre dello scorso anno. Ora la parola passa al garante per la privacy e alla conferenza unificata Stato Regioni. Poi le norme saranno operative.”

Il reddito degli italiani? Tornato indietro di 27 anni. L’articolo a firma di Roberto Bagnoli:

“Sfuggono a queste agende quelle della Uil, dell’Abi (Banche), dell’Ania (assicurazioni) e delle cooperative. Una defezione che non diminuisce granché l’effetto da «ordine sparso» delle principali organizzazioni imprenditoriali del Paese. E che fa riflettere sul richiamo lanciato l’altro giorno dal presidente del Consiglio in carica Mario Monti (e leader della sua lista Scelta civica) contro gli interessi contrapposti. Per il Professore «sembriamo a volte un insieme di tribù, di corporazioni, di fortini intenti a difendere interessi di parte, di incrostazioni clientelari». Ma la sfida elettorale ormai è partita e non si guarda tanto per il sottile. Anche perché da queste organizzazioni sono arrivate molte candidature: Giorgio Santini (Cisl), Giampaolo Galli (ex direttore generale Confindustria), Luigi Taranto (Confcommercio) e Valeria Fedeli (Cgil) con il Pd, Luigi Marino (Confcooperative) e Alberto Bombassei (Confindustria) con Montezemolo/Monti, Giorgio Guerrini (Confartigianato) con Casini. Ha rinunciato invece Paolo Buzzetti (Ance) che ieri ha denunciato i 10 mila fallimenti delle imprese edilizie.”

Il guru di Obama con Monti. La Stampa: “Primo consiglio: aggredire i rivali. Bersani: tagliare le spese per gli F-35.” L’articolo a firma di Maurizio Molinari: “Si chiama David Axelrod l’uomo che sta suggerendo a Mario Monti come affrontare la sfida alle urne. È lo stesso Axelrod «guru» delle campagne elettorali vincenti di Barack Obama, amico del presidente Usa e suo più stretto consigliere. «Sono stato a Roma per offrire le mie valutazioni e osservazioni al premier».”

Netanyahu crolla: “Coalizione ampia”. L’articolo a firma di Aldo Baquis:

“Al termine di una giornata drammatica, Benjamin Netanyahu è riuscito a strappare una vittoria risicata alla guida della lista Likud-Beitenu. Ma il vero vincitore delle elezioni legislative israeliane risulta essere Yair Lapid, il leader dell’esordiente partito centrista Yesh Atid (C’è un futuro). Secondo gli exit-poll di tre reti televisive, Netanyahu disporrà alla Knesset di appena 31 seggi su 120. Per lui costruire una maggioranza stabile di almeno 61 deputati sarà un vero incubo, vista la grande frammentazione del Parlamento. «È chiaro che gli israeliani hanno voluto me come premier, con un governo di coalizione che sia la più ampia possibile», ha commentato i risultati degli exit poll.”

Tutta da giocare. Pari tra Juve e Lazio, accesso alla finale in bilico. Ai bianconeri non basta una grande ripresa. L’articolo a firma di Marco Ansaldo:

“La qualificazione alla finale di Coppa Italia resta in bilico. Il pareggio di Mauri a 4’ dalla fine ha smorzato l’entusiasmo per una ripresa che la Juve aveva giocato da grande squadra, sfiorando altri gol, nonostante molte presenze fossero piccine, a cominciare da Peluso che non ha ancora cambiato passo e qualità rispetto ai tempi dell’Atalanta. Ieri però ha segnato la prima rete in bianconero a conferma che in questa squadra c’è gloria per tutti. L’1-1 premia la Lazio. È la seconda forza del campionato ma non ci convince. Tiene sempre lo stesso ritmo, è solida ma ottusa. A novembre strappò lo 0-0 con una partita di puro contenimento e senza un tiro nella porta di Buffon. Ieri avrebbe dovuto osare, il «gap» di qualità con la Juve era azzerato dal numero di assenze tra i bianconeri che compensava la mancanza di Klose. Invece i laziali si sono ripresentati nella tana del lupo con l’atteggiamento della pecorella prudente e tremebonda: lo hanno cambiato soltanto negli ultimi minuti, dopo aver considerato che stavano rischiando di prendere altre reti (il palo di Vidal, la prodezza di Marchetti in controtempo ancora sul cileno) e si sono spostati in avanti arrivando al gol soprattutto per gli errori di Caceres e De Ceglie sul cross verso Mauri.”