Da Prodi a Chiamparino: i “disertori” delle primarie. Trocino sul Corriere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Novembre 2013 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA
Da Prodi a Chiamparino, per le primarie si fa largo il partito del non voto

Romano Prodi (LaPresse)

ROMA – Prima Romano Prodi. Poi Susanna Camusso. Poi ancora Sergio Chiamparino. Personalità di peso, che potrebbero però rappresentare solo la punta dell’iceberg. Perché il partito di chi si asterrà alle primarie, rinunciando ad andare a votare fra i tre candidati del Pd, sembra ingrossarsi. Disaffezione, disillusione, scoramento. Effetto combinato prodotto dallo scandalo delle tessere, dalla mutazione genetica del Pd ulivista, ma anche da risentimenti e giochi tattici legati all’affluenza.

Scrive Alessandro Trocino sul Corriere della Sera:

L’annuncio di Prodi sul suo disimpegno è caduto sulla campagna come un macigno. Il timore di un flop nell’affluenza preoccupa soprattutto i renziani, che sarebbero favoriti da una grande partecipazione. E se i prodiani in Parlamento si sono affrettati a dire che voteranno, sia pure in direzioni diverse (…), i vecchi collaboratori del Professore diserteranno le urne delle primarie. È il caso di Mario Barbi. Curiosa presa di posizione per uno dei tre organizzatori (insieme a Nicodemo Oliverio e Maurizio Migliavacca) delle primarie del 2005, che incoronarono Prodi: «Effettivamente non è una decisione presa a cuor leggero, le primarie restano uno strumento straordinariamente valido». Perché non votare allora? «Perché ho trovato la reazione del gruppo dirigente alla sconfitta elettorale imperdonabile. Si è chiesto in ginocchio al presidente Napolitano di restare, ben sapendo che sarebbe arrivato un governo di larghe intese. E invece di sostenere questo esecutivo, si è fatto finta di non essere coinvolti, con atteggiamento ipocrita e schizofrenico». Neanche i quattro candidati appassionano: «Sono tre socialisti, compreso il movimentista Civati, e un punto interrogativo, Renzi. Quest’ultimo lo seguo con interesse, ma ha mostrato una disinvoltura tattica eccessiva e non dimostra di avere la consapevolezza adeguata alla profondità dei problemi».

Un altro prodiano chiave uscito di scena è Silvio Sircana, già portavoce: «Da tempo ho deciso di non votare. Non mi sono consultato con Romano, saranno affinità elettive. Comunque sono rimasto scioccato da come sono state organizzate nel dicembre 2012 le primarie dei parlamentari. Con un’operazione demagogica e molto mal organizzata, se non vogliamo pensare peggio». Ma la ragione principale è un’altra: «Non mi riconosco in questo Pd. Noi forse eravamo molto naïf e poco moderni, ma non parlavamo d’altro che di politica. Qui sono mesi che si parla solo di tessere e di numeri. Per parlare di politica devo rivolgermi all’amico Reichlin, che ha 88 anni».(…)

Hanno scelto il disimpegno anche altri protagonisti di stagioni passate del Pd. Riccardo Illy, per esempio: «Sono anni che non mi occupo di politica e non mi sono mai iscritto a un partito. Il Pd? Lo guardo da lontano e certo non andrò a votare». Renato Soru invece voterà Renzi: «Ma sono fuori gara». Un altro prodiano doc, Ricardo Franco Levi, tornato al giornalismo, si schiera per Renzi. Come Ernesto Carbone, che è stato a lungo un collaboratore di Prodi: «Ovviamente andrò. Ma capisco chi dei nostri annuncia che resterà a casa: in questi anni hanno ucciso il Pd. Però sono certo che dopo il voto cambieremo il partito. E chi credeva nel progetto prodiano tornerà a iscriversi e ad appassionarsi».(…)