Da salvare e da buttare nel 2014 nel mondo: la redazione esteri Corriere dice

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Dicembre 2014 - 15:58 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – La redazione esteri del Corriere della Sera ha stilato due elenchi di “cose” da salvare e da buttare, eventi e personaggi del 2014 in tutto il mondo e li ha presentati in uno “spread” di due pagine.

PROMOSSI

Ebola – Quegli angeli con lo scafandro contro il virus  Medici tuttofare, infermiere cacciate per il terrore del contagio. Tanti che hanno dato la vita, lavorando spesso senza basilari strumenti di protezione, un paio di guanti, gli occhiali: sono oltre 300 gli operatori sanitari morti curando i pazienti del virus Ebola che non si arresta in Africa Occidentale. Un anno di epidemia, oltre 7.500 vittime, migliaia di bambini rimasti orfani, governi sordi che hanno atteso troppo per attivare gli aiuti. A salvarci la faccia, e a salvare vite, ci ha pensato chi, anche dall’Italia, è andato a chiudere il cuore e la paura in soffocanti scafandri, dal primo dottore all’ultimo dei becchini.

Ombrelli a Hong Kong – La rivolta degli ombrelli per la libertà Ombrelli per la democrazia, contro il sole cocente e gli spray della polizia: se i ragazzi di «Occupare Wall Street» hanno altro da fare (l’economia Usa tira come un bisonte), la bandiera degli indignados del mondo è stata raccolta dagli attivisti di «Occupy Central» a Hong Kong, i ragazzi che a settembre hanno organizzato quella che è stata chiamata «la rivolta degli ombrelli». A 25 anni dal massacro di Piazza Tiananmen uno strano, astuto simbolo per chiedere più libertà. Con Pechino non si scherza (ne sanno qualcosa Google e il Dalai Lama). Anzi sì: bravi ragazzi di Hong Kong, più coraggiosi della Sony.

Catia e i migranti – La scelta dei marinai (e dei migranti) Il confine più pericoloso del mondo, mobile e mortale: per il Financial Times è il Mar Mediterraneo. A sud di Lampedusa una dimenticata frontiera d’Europa: una fossa comune per il 75% dei migranti che perdono la vita sulla Terra. Fossa che sarebbe stata ancora più affollata quest’anno senza coloro che hanno lavorato all’operazione Mare Nostrum: oltre 100 mila persone salvate da equipaggi come quello di Catia Pellegrino, prima donna italiana a comandare una nave militare. La scelta di Catia è la stessa dei marinai cui è capitato di lasciare le reti per ripescare esseri umani e, ancora troppo spesso, cadaveri.

Papa Francesco – Stile telefonico: «Pronto, sono il Santo Padre» «Quando uno chiama — ha detto il Papa nell’intervista al Corriere della Sera — è perché ha voglia di parlare, ha una domanda da fare, un consiglio da chiedere». Che c’è di strano se un Papa twittante telefona pure? C’è che le telefonate di Bergoglio sono diventate un marchio di stile quanto le scarpe nere e le ramanzine alla Curia. Dalle conversazioni diplomatiche (con Obama su Cuba) agli interlocutori a sorpresa: una centenaria bergamasca che gli ha mandato una sciarpa, una mamma che ha perso il figlio, Benigni che racconta i Dieci Comandamenti. Undicesimo, occhio alla bolletta.

Rosetta – E l’Europa si aggrappa a una cometa Ha vissuto soltanto 60 ore, è costata una cifra stellare, ma ci ha fatto sognare: dopo aver viaggiato addormentata per 6,5 miliardi di chilometri e 10 anni, è rimasta aggrappata alla gelida cometa 67P che volava a 18 chilometri al secondo: orfana della sonda «madre» Rosetta, la «figlia» Philae (con 10 strumenti a bordo) ci ha spedito tutto quello che poteva raccogliere da lassù. Ci ha fatto sapere per esempio che l’acqua delle comete non assomiglia granché a quella sulla Terra. Frutto di tecnologia europea, Philae ci ha innalzato per 60 ore sopra le nostre (molto europee) nubi quotidiane.

Primavera araba – La Primavera che ha dato pacifici frutti Partita per prima e arrivata da sola al traguardo: tra le nazioni della Primavera araba la Tunisia è l’unica ad aver raccolto pacifici frutti. In quattro anni, dopo la cacciata dell’autocrate Ben Ali a lungo coccolato dall’Occidente, i tunisini hanno percorso un erto cammino costituzionale fino al voto democratico di dicembre. Certo non mancano incognite e ombre (è il Paese da cui parte il maggior numero di volontari stranieri dell’Isis) ma la rivoluzione dei Gelsomini ha mantenuto il suo autoctono profumo. Una porta stretta tra l’immobilismo algerino e il caos libico (che l’intervento occidentale ha propiziato).

Malala – Il Nobel alla minorenne rivoluzionaria È quasi irritante nella sua onnipresenza: premi, libri, tour, conferenze (e questa lista di «salvati»). A 17 anni anche il Nobel le hanno dato: Malala Yousafzai in una scuola di Manchester studia già da primo ministro del Pakistan. O da Segretario dell’Onu. Ma si capisce che il Nobel per la Pace è un premio azzeccato proprio guardando ai potenti del suo Paese, a come i tradizionalisti nascosti sotto una cravatta o una divisa vedano in realtà con sospetto quella ragazza della Valle di Swat sopravvissuta alla violenza dei talebani. La sua campagna «Educazione per tutti» è semplice, urticante, tonificante rivoluzione.

Regina Elisabetta – Insostituibile vegliarda sulla tolda Passano gli anni (i prossimi sono 89) e la regina sembra sempre più insostituibile. Elisabetta II ha superato anche lo scoglio scozzese che a fine estate le ha fatto, se possibile, imbiancare ulteriormente la chioma, quando sembrava che al referendum dovessero prevalere gli indipendentisti. Chiusa in un’armatura super partes, dal castello di Balmoral la sovrana è riuscita con un colpo di teatro (combinato) a salvare la capra dell’equanimità e i cavoli del Regno. Uscendo da messa una suddita le ha offerto la battuta e lei ha risposto: Well, gli scozzesi ci pensino bene. Un po’ come il celebre tormentone di Dario Fo: «Attento te».

Piketty –  Il Capitale che ha stregato l’America Un bestseller di 700 pagine, sulla scia di Karl Marx intitolato «Il Capitale», che diventa fenomeno mondiale a partire da quella culla di nostalgici marxisti che sono gli Stati Uniti. Obama avrà pure fatto pace con i Castro, ma qualcosa non quadra, anzi è un segno dei tempi, nella vicenda straordinaria dell’economista francese Thomas Piketty, 43 anni. Cifre e dati della sua ponderosa storia di crescenti diseguaglianze nella società del XXI secolo sono state discusse e contestate. Se Piketty avesse avuto il grigio barbone del suo anticapitalista predecessore avrebbe avuto questo successo? Chi lo dice è un invidioso.

Meccanici cubani – Un vitalizio ai meccanici dell’Avana Pace economica con gli Usa, addio embargo dopo 52 anni: nella nuova stagione (cinese?) dell’Avana largo a Internet (il 5% dei cubani ha accesso alla Rete) e vade retro gipponi col bluetooth. Il garage del periodo prerivoluzionario è un patrimonio che i meccanici-archeologi dell’isola hanno mantenuto oliato: 60 mila máquinas (dette anche Yank Tank ) circolano a Cuba. Deve pur esserci una postilla agli accordi Castro-Obama: preservare Dodge e Chevrolet ( foto ) anni 50. Ma anche i reperti sovietici: Volga, Moskvitch. Compresa la Lada dark di un nostro amico dell’Avana, coi teschi sui pedali.

BOCCIATI

Selfie –  Tutti pazzi per l’autoscatto (ai funerali) COSE DA BUTTARE Nessuno resiste al selfie. Obama al funerale di Mandela sotto lo sguardo non divertito di Michelle. Ellen DeGeneres all’Oscar, un selfie zeppo di star del cinema e il più retweettato di sempre. Perfino il mite Francesco cede alla tentazione: lo scatto non è suo, ma il vicario di Pietro è stato volenteroso protagonista del primo selfie papalino. Gesto edonistico per eccellenza, nessuno lo fa senza mandarlo sui social network, l’autoscatto parla della moderna condizione umana. Con il poeta, ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole, ed è subito selfie. Un po’ troppo.

Tje Interview – Se manca il senso dell’umorismo Ha reagito in modo scomposto, il regime nordcoreano, all’uscita del film The Interview negli Usa, accusando Barack Obama di aver costretto la Sony a rimangiarsi la decisione iniziale. All’evidenza, il senso del dittatore Kim Jong-un per l’ironia equivale a zero. Ma forse, pensandoci bene, ha ragione. Ce lo ha insegnato Charlie Chaplin che la più grande minaccia per un despota è il ridicolo. E se i nordcoreani cominceranno a vedere clandestinamente una pellicola che mostra il caro leader come una macchietta, Kim corre un rischio: quello di essere seppellito da una risata.

Kim Kardashian – Il lato B virale, punto più basso dell’anno Non sono solo le chiappe più viste del pianeta, ma il tema che ha più infiammato il web nel 2014. Se «break the Internet», far esplodere la Rete, era l’intenzione del periodico Paper, il successo è stato totale. Nel contesto mediatico virale, «break the Internet» significa inventarsi qualcosa in grado di dominare Facebook e Twitter a spese di altri contenuti, compresi quelli più degni di «far notizia». Sarebbe quindi più giusto dire «prendere in ostaggio la Rete», grazie al fondoschiena ingigantito di Kim Kardashian. E se Paper non manca l’ironia, il lato B della signora resta, è il caso di dirlo, uno dei punti più bassi del 2014.

Hollande e Gayet – Ma dove corre, Monsieur le Président? Un leader della Grande Nation col casco sulla moto non s’era mai visto. Certo, Napoleone amava le corone e i cappelli militari, spesso ne disegnava egli stesso i modelli, ma volete mettere? Al generale servivano nella corsa alla gloria. Le casque du Président serviva invece a François Hollande per coprirsi il volto, nel tragitto stradale che lo portava tra le braccia della sua maîtresse , l’attrice Julie Gayet. Lo ha solo coperto di ridicolo. Con l’aggiunta della beffa di vedersi pubblicamente ringraziato dal produttore, che ha venduto migliaia di esemplari dell’attrezzo. Un casco da gettare.

Femen – Il topless impazzito delle Amazzoni Da ultimo hanno provato a rubare il Bambin Gesù dal presepe di piazza San Pietro, protesta contro la linea antifemminista della Chiesa cattolica. A seno nudo, ovviamente, come vuole la loro cifra. Sono le ragazze di Femen, il gruppo attivista originario dell’Ucraina, che appare sempre più incontrollabile nelle sue uscite in topless. Le nuove Amazzoni agiscono all’impazzata, agitano le tette contro Putin e papa Francesco, Merkel e Nazarbaev, in una moschea in Svezia o a un comizio della Spd ad Amburgo. La chiamano l’ideologia del sexstremismo. Come ogni altro estremismo, da gettar via.

Scozia indipendente – Il sogno scozzese a corto di fiato Le cornamuse del destino scozzese hanno suonato d’estate. E man mano che il giorno del giudizio si avvicinava, una vittoria degli indipendentisti e la fine del Regno Unito sembrava una possibilità concreta. Sappiamo com’è andata. Ed è tutta l’Europa che può respirare sollevata a pieni polmoni. Ma il sogno della Scozia non è morto con la sconfitta nel referendum. Come non è morto quello di catalani, fiamminghi e baschi. Nell’Europa del riflusso nazionalista, occorre convincere i popoli con una nuova narrazione sui vantaggi dello stare insieme.

Talk show – Per i ring in tv il tempo è quasi scaduto C ome quelle su Mark Twain, le notizie sulla morte del talk show politico televisivo sono state un tantino esagerate. Ma è certo che il suo stato di salute sia fonte di preoccupazione: ascolti in calo, usura dei format, totale mancanza di idee nuove. Di più, a parte il chiacchiericcio nauseante, difficilmente si lasciano dietro temi o questioni su cui abbia senso discutere per più di 5 minuti. Se n’è accorto perfino Michele Santoro, padre nobile e fra i migliori interpreti del genere. Il talk show politico nella forma della disputa, del pro e del contro, del confronto-scontro fino alla rissa verbale, entra di diritto in questo elenco.

Ice Bucket Challenge – Più che carità, il gioco (avaro) delle celebrità Lo scopo rimane nobile: rovesciarsi addosso un secchio d’acqua gelata per attirare l’attenzione del mondo sulla Sla e spingere a donare per la ricerca. Ma l’ice bucket challenge sembra concentrarsi più sull’aspetto ludico che non sulle donazioni: i dati rivelano che la maggioranza di chi lo fa non dona un euro per la causa. Diventata una sorta di prova del nove per qualsiasi celebrità ansiosa di mostrare il proprio star power, la mettiamo volentieri nel cestino dei rifiuti del 2014. Forse le campagne pro bono dovrebbero scegliere attività meno triviali e coinvolgere più le persone in modi più genuini.

Tavecchio e il razzismo – Tavecchio e la buccia del razzismo Carlo Tavecchio è presidente della Federcalcio nonostante le bucce di banana da lui stesso disseminate sul suo cammino. Correva luglio e l’allora candidato, criticando l’eccessiva valutazione dei giocatori extracomunitari in Italia, si lanciò in uno strabiliante paragone: «L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità, per farli giocare, noi invece diciamo che “Optì Pobà” è venuto qua che mangiava le banane e ora gioca titolare nella Lazio». Scuse, elezione, altre gaffe, qualche mossa giusta da leader della Figc. Ma come i diamanti, le banane sono per sempre.

Blair – Consulenze ben pagate per i dittatori T ony Blair giura di avere un patrimonio di «solo» 10 milioni di sterline, circa 13 milioni di euro. Ma secondo alcune stime, l’ex premier inglese sarebbe un nababbo da 100 milioni di sterline. Il punto non sono i soldi, ma chi glieli dà. Se Blair da un lato è l’inviato non retribuito dell’Onu in Medio Oriente e dona generosamente pro bono, finanziando la lotta alla corruzione in Africa, dall’altro incassa parcelle milionarie per le consulenze a governi di Paesi come Arabia Saudita, Azerbaigian, Kazakistan, Stati non proprio campioni dei diritti umani. Per lui che ama la Bibbia, è come servire Dio e Mammona.