D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Marzo 2014 - 10:27 OLTRE 6 MESI FA
D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero

D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero

ROMA – Scrive Mario Giordano su Libero: “Produce spumante rosé, ma gli piace chiamarlo «champagne in esilio». È più chic.Non ha dimenticato l’Ulivo di Prodi, ma gli preferisce decisamente l’ulivo secolare del giardino,che vale 1.500 euro. Che poi non è niente, se confrontato ad altri alberi  ancor più rari, che s’è regalato: un giuggiolo da 15mila euro, per esempio”.

Mostra la sua tenuta messa su con i soldi dell’Europa (60mila euro) e la consulenza dell’enologo deivip: 16ettari divi- gneto, un paio di colline, un casale trasformato in residence d’été, pieno di gioielli del design, uova di Fabergé e collezioni di gufi. Tutto green naturalmente, con tempe- ratura costante, sempre 25 gradi all’interno. Epoi esibiscei suoica- ni, che azzannano persino più di quantoazzannava lui.«Sonomol- tocattivi,sbagliuna mossaetiuc- cidono», dicecon orgoglio.Quello che gli piace più di tutti è Ajace, co- sì feroce da dover rimanere rin- chiuso in gabbia: «Sempre oblia- sti, Ajace Telamonio, ogni pru- denza in guerra…», recita di slan- cio citando Vincenzo Cardarelli. E si capisceche glipiacerebbe fosse un’autobiografia.Infatti ,aggiun- ge, questo cane «non abbaia». Morde direttamente. Sembra quasila caricaturadi se stesso il Massimo D’Alema che salta fuoridai videoinediti edalle paginedellibro diAlanFriedman («Ammazziamo il Gattopardo», Rizzoli):per annil’hanno accusa- to diavere undebole peril lusso, dalle scarpe alla barcaa vela, e lui qui rivendica il diritto a circondar- si di un giuggioloda 15mila euro; l’hanno accusato di essere snob e lui parla di «champagne in esilio» prodotto con l’enologo dei vip; l’hanno accusato di essere aggres- sivo e lui qui si esalta a mostrare cani con denti «che sembrano squali». «Penso ai canini di D’Ale – ma. E al collo di Prodi», commenta Friedman con anglosassone per- fidia. Incasa spuntanodue teiere originalidella rivoluzionefrance- se e una candela rossa che raffigu- ra Mao. Avantipopolo, alla riscos- sa, con lo spumante rosé. Quellacheè statamostratal’al – tra sera nel video di Piazzapulita,e raccontata nelle pagine di «Am- mazziamo ilGattopardo», èla te- nuta diOtricoli, inUmbria. D’Ale – ma se l’è comprataperconsolarsi dellavendita dellabarcaa vela,la famosa Ikarus. È ancora un po’ar – rabbiato per quel distacco, così ar- rabbiato da risultare confuso. Da unaparte,infatti, dicechebarcaa vela non può essere sinonimo di lusso, dall’altra dice che l’ha ven- duta perché costava troppo man- tenerla. La contraddizione è evi- dente. Comunquelui l’harisolta a suo modo:si è comprato16 ettari di vigneti, pregiati filari di caber- netfranc epinotnero chedanno 35mila bottiglie l’anno diunvino che è entrato fra i primi 320 del mondo.Se questoèrisparmiare… Eppure il compagno D’Alema non si accontenta. Al giornalista indica un ex monastero che sovra- sta la sua tenuta e fa capire che vorrebbe comprarlo. «Se l’azien – daandrà bene,forsefaròun po’di soldi…», dice. Si capisce: finora, con le piante da 15mila euro e l’enologo dellecelebrity, èandato al risparmio. D’Alemasi presentaperl’inter – vista in jeans, scarpe da ginnastica e polo bianca firmata Les Copains. «Abbigliamentoda veroviticolto- re»,annota Friedmancheeviden- temente conoscei viticoltoriassai menodellafinanza. Ineffetti:ave- te mai visto qualcunoche pota le viti con la polo firmata Les Co- pains? Il peggioperò arriva quan- do l’ex segretario Ds smette di mo- strare il suo podere e comincia a parlare.Sipavoneggia conillibro di Condoleezza Rice che lo cita (bye bye Massimo, ricordate?), si compiace per qualche telefonata con Berlusconi, si vanta come al solito per i soliti convegni a Craco- via o dintorni (c’è sempre «gente importante»che vipartecipa,ov- viamente) .Ma quando sitratta di arrivare al punto,svicola sempre. Glissa. Glichiedono della Cgile lui si mettea recitare lastoria d’Italia, gli chiedono dell’economia e lui risponde che non c’era mai, e se c’eradormiva («ionon c’entro, io no…»), sela prendecon ilfederali- smo perdendosi in un lungo rac- conto su un cantiere alla foce del Tevere, ma dimenticando che le riforme del federalismo le hanno promosse lui e il suo partito… Prende vita solo quando gli ci- tano Prodi: allora scatta «come una tigre infuriata (o forse come un gattopardo)», annota Fried- man. Nega il complotto del ’98, parla convigore di menzognee di «odio politico». Ma è solo una fiammata.Subito dopotorna ain- serire il pilota automatico, con pa- role sfuggenti e discorsi in politi- chese cheal giornalistaanglosas- sonericordano Andreotti.UnAn- dreotti di sinistra,grande difenso- re dei partiti edella prima Repub- blica, un Andreotti pieno di rim- pianto per il passato, ma anche un Andreotti con spumante rosé, il giuggiolo da 15milaeuro, il design eil caneAjacechenon abbaiama morde direttamente.Un po’stra – no, no? Quando saluta Friedman, D’Alema gli fa un complimento: «La leggo sull’Heraldogni giorno e spesso sono d’accordocon quello che scrive», dice. E il giornalista non ha ilcoraggio di rispondergli la verità: è da 10anni che non scri- ve più sull’Herald. Andreotti l’avrebbe mai sbagliato? Povero D’Alema, caricatura di se stesso, fa quasi tenerezza: i complimenti non sono mai statiil suo forte. Ma adesso il vero problema è che, con buona pace di Ajace, non riesce nemmeno più ad essere cattivo: cerca di sputar veleno, e gli escono solonostalgia, ceramicheindesi- gn e pinot-cabernet.