Datagate, Egitto, riforma Imu, Brasile-Spagna: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Luglio 2013 - 09:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Spionaggio Usa, l’ira dell’Europa. Il Corriere della Sera: “L’ira dell’Europa contro lo spionaggio americano. Da Washington un unico grande orecchio ascoltava il resto dell’Occidente amico. Ma «tra alleati non ci si spia», ammonisce la commissaria europea alla giustizia Viviane Reding. Intercettate milioni di chiamate e comunicazioni via Internet. Sotto controllo, in particolare, le ambasciate. La Commissione europea chiede «informazioni». E Berlino protesta: è come ai tempi della Guerra fredda. A questo punto potrebbero essere a rischio i negoziati sul trattato del libero commercio fra Usa e Ue.”

Nel mirino degli agenti americani anche le sedi diplomatiche italiane. L’articolo a firma di Luigi Offeddu:

“«Obiettivo Cicuta», così gli agenti segreti americani chiamavano in codice la missione diplomatica italiana presso l’Onu, a New York, messa sotto sorveglianza grazie alle cimici, alle microspie, piazzate nelle sue linee telefoniche e in quelle dei computer. «Obiettivo Bruneau» era invece la nostra ambasciata a Washington, ugualmente spiata. E «Dropmire» (traduzione per ora ignota) si chiamavano il sistema d’ascolto e l’intera operazione di spionaggio attivata su 38 ambasciate occidentali in tutti gli Usa («Perdido» quando si trattava delle rappresentanze all’Onu). Tecniche sofisticate: si cercavano prove di contrasti fra le capitali, si usavano anche antenne nascoste e «cimici» piantate nei fax criptati usati per le comunicazioni con i vari governi. Non vi sono ancora conferme alle rivelazioni pubblicate dal quotidiano britannico Guardian e dal settimanale tedesco Der Spiegel , e tratte da un presunto rapporto della Nsa, il servizio segreto americano: uno dei tanti regali portati a Hong Kong e poi a Mosca dalla «talpa» Edward Snowden. Non vi sono conferme, ma quanto continua a trapelare basta a danneggiare i rapporti fra Usa e Ue.”

«Non c’è da scandalizzarsi. E’ la nostra prassi. E la seguite anche voi». L’articolo a firma di Ennio Caretto:

“«Prima di gridare allo scandalo e di analizzare il Datagate bisogna capire bene due cose. Che non si tratta di spionaggio a tappeto su tutti i cittadini, ma che si tratta di immagazzinaggio di dati elettronici e telefonici da usare esclusivamente nella lotta contro il terrorismo. E che anche i Paesi nostri alleati, l’Italia a esempio, hanno un programma di intercettazioni più o meno simile al Prism della nostra National Security Agency o Nsa. Non soltanto: noi, voi, gli inglesi, i tedeschi, i francesi, insomma tutti gli Stati membri della Nato si scambiano le informazioni così ottenute per difendersi dal nemico comune. L’America non è il Grande Fratello, e il ritratto che ne traccia il Guardian è incompleto». Vincent Cannistraro fa una pausa. «Forse questa nostra telefonata — riprende — viene intercettata. Ma se è così, giacerà probabilmente per anni e anni negli archivi elettronici senza che nessuno l’ascolti perché i nostri numeri telefonici non sono tra quelli che fanno scattare l’allarme della Nsa. Nel corso del tempo, io ho avuto conversazioni telefoniche o scambi di posta elettronica con gente sospettata di terrorismo e spero proprio che la Nsa li abbia registrati ed esaminati, mi preoccuperebbe molto se non lo avesse fatto. Per quanto riguarda Internet, aggiungo che tutti noi siamo comunque sorvegliati speciali di server come Google a scopi commerciali, non spionistici. I server sanno fin troppo di noi». Al telefono da New York, Cannistraro rievoca i quasi trent’anni da lui trascorsi alla Cia. Sotto la presidenza di Reagan e di Bush padre, Cannistraro fu prima direttore della Cia a Roma, poi direttore del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, infine direttore dell’Antiterrorismo a Washington. Ritiene che la reazione dell’Ue al Datagate sia dovuta a un grosso equivoco sull’attività della National security agency americana.”

Gli 007 italiani: «Scambi limitati» Ma la legge può essere aggirata. L’articolo a firma di Fiorenza Sarzanini:

“La falla può essersi aperta grazie agli accordi bilaterali siglati dall’intelligence nella lotta al terrorismo. È il sistema più semplice, probabilmente anche più sicuro, per il passaggio di informazioni riservate sui cittadini italiani e sulle loro comunicazioni telefoniche e informatiche. Ma i vertici dei servizi segreti italiani escludono che questo possa essere accaduto «in maniera generalizzata». Spiegano che la trasmissione dei dati sensibili avviene soltanto «in casi particolari e seguendo le procedure previste dalla legge». In realtà, andando oltre l’ufficialità, si scopre che lo scambio con gli 007 statunitensi è costante perché esistono svariati modi per aggirare gli ostacoli legislativi oppure utilizzando le pieghe delle norme esistenti. Proprio di questo si occuperà nei prossimi giorni il comitato parlamentare di controllo sull’attività degli apparati di sicurezza. Indagine conoscitiva che difficilmente consentirà di confermare il sospetto rilanciato in queste ore su una collaborazione del nostro Paese che va ben oltre i limiti stabiliti. Ma certamente potrà evidenziare quei punti deboli che rischiano di vanificare i divieti. E uno viene individuato dagli esperti in quel decreto firmato dall’ex presidente del Consiglio Mario Monti il 24 gennaio scorso. Il provvedimento consente all’intelligence di firmare convenzioni per accedere alle banche dati di società private che operano in concessione «nei settori nevralgici dell’energia, dei trasporti, della salute, del credito bancario, delle telecomunicazioni». L’obiettivo dichiarato è quello di «rafforzare la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali» tanto che le società hanno l’obbligo di avvisare il Dis — il Dipartimento che coordina l’attività delle due agenzie Aisi e Aise — «riguardo a eventi di natura cibernetica quali attacchi o tentativi di violazione dei propri sistemi informatici». Inoltre ogni accesso deve essere registrato e comunicato proprio al Copasir.”

Riforma Imu, allo studio del governo l’imposta collegata al «riccometro». L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:

” Nel braccio di ferro su come riscrivere le regole per l’Imu sulla prima casa, per il momento solo sospesa, spunta l’ipotesi del compromesso. E cioè l’idea di esentare dal pagamento della nuova tassa non chi ha un reddito basso, anche perché di mezzo ci sarebbe sempre il problema dell’evasione fiscale. E nemmeno chi ha una casa non di pregio, visto che i valori del catasto sono molto spesso lontani da quelli reali. No, fuori dalla nuova Imu potrebbe restare chi rimane al di sotto di un certa soglia nel calcolo del nuovo Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, il cosiddetto «riccometro», usato già oggi per decidere chi ha accesso ad una serie di servizi, come gli asili nido o le borse di studio. I punti di partenza sono distanti: il Pdl dice che l’Imu deve essere abolita per tutti, il Pd che invece andrebbe mantenuta per i ricchi. Ma al di sotto delle dichiarazioni pubbliche ad avvicinare le posizioni è il solito problema, trovare i soldi necessari. Cancellare per tutti l’Imu sulla prima casa costerebbe 4 miliardi di euro l’anno, somma da trovare in larga parte con quei tagli alla spesa pubblica non facili da fare, specie in tempi brevi. Mantenere in piedi la tassa solo per i più ricchi significherebbe aver bisogno di meno soldi e quindi di meno tagli. Ma perché l’Isee?”

Monti sfida l’esecutivo: cambi oppure Scelta civica se ne andrà. L’articolo a firma di Marco Galluzzo:

“«Ci vuole un contratto scritto di coalizione, come in Germania. Pd e Pdl, il secondo più del primo, fanno troppa propaganda elettorale. Bisogna fare un vero e proprio contratto sull’agenda di governo, e poi anche un codice di condotta, con elementari regole di comportamento per chi vuole partecipare in buona fede ad uno sforzo comune per risollevare il Paese, dimenticando per qualche tempo gli interessi elettorali. Viceversa siamo pronti ad uscire dal governo». Sarà forse una minaccia spuntata, visto che Scelta civica non manda in minoranza il governo né alla Camera né al Senato. Eppure è la prima minaccia, politica ovviamente, reale, argomentata e siglata dall’ex premier: dunque molto visibile all’estero. Il messaggio, nero su bianco, ieri pomeriggio, lo ha mandato Mario Monti. «Ha ragione Matteo Renzi, “piccoli passi non bastano”. Il governo Letta ha iniziato bene, ma la sua missione — trasformare l’Italia in un Paese competitivo e capace di crescere, mantenendo la ritrovata disciplina di bilancio — richiede riforme radicali. Queste non potranno essere decise e realizzate senza una grande e genuina unità di intenti, non solo all’interno del governo ma anche fra i par-titi che hanno dato vita alla grande coalizione».”

Primarie aperte, asse anti Renzi. Il sindaco: non mi farò impiccare. L’articolo a firma di Maria Teresa Meli:

“Matteo Renzi agli amici la racconta così: «La verità è che hanno tutti paura che io scenda in campo. Non solo: sono preoccupati perché non riescono a capire quello che ho veramente in testa. Ma io non pongo questioni di regole, la mia è una questione politica: le primarie devono essere aperte a tutti, e se lo sono sul serio, primo, io concorro, secondo, chi vincerà sarà anche il candidato alla premiership. Per il resto, io non mi impicco alle regole… ma non mi ci faccio nemmeno impiccare». Dunque parla così il sindaco di Firenze, ma i suoi avversari interni sono agguerriti. In prima fila, contro di lui, Beppe Fioroni, che dà il la a quello che sarà il nuovo tormentone degli antirenziani per fermare la corsa del sindaco e arrivare al 2015, nella speranza che in questi due anni si bruci. Ecco il ragionamento che Fioroni oppone alle dichiarazioni rilasciate da Renzi alla “Faz”: «Dopo quell’intervista dobbiamo ricrederci sul fatto che sarà il Pdl a far cadere il governo. Già, perché se è vero, e su questo io sono d’accordo con Matteo, che non ci devono essere regole per stopparlo, non devono essercene nemmeno per bloccare Letta. E dire, come fa Renzi, che la figura del segretario e quella del candidato premier devono coincidere significa esattamente questo. Così Enrico per potersi candidare ancora a guidare il Paese, nel caso faccia bene, o è costretto a partecipare alla corsa alla segreteria, facendo ovviamente fibrillare il suo esecutivo, oppure deve restare al palo, pronto a cedere il posto a un altro perché così vuole lo Statuto, anche se i sondaggi fossero dalla sua parte».”

Due milioni di “guerrieri” sfidano Morsi al Cairo “In piazza finché non va via”. L’articolo de La Stampa a firma di Francesca Paci:

“Di certo Mohammed Morsi non ha festeggiato in modo particolarmente rilassato il suo primo anniversario alla guida del Paese, blindato com’era nel palazzo della guardia presidenziale dove, raccontano fonti insider, avrebbe trascorso la notte di sabato passeggiando insonne intorno alla piscina e leggendo il Corano. Se la sua preoccupazione riguardava l’entità della protesta più che la possibile degenerazione violenta dell’attesissimo 30 giugno, le immagini della folla oceanica, colorata e determinata, riversatasi nelle strade della capitale, ma anche di Alessandria, Suez e Port Said, deve averlo mandato a letto ancora più agitato. «Resteremo in strada finchè non otterremo elezioni anticipate e le cifre ci dicono che alla fine Morsi dovrà cedere» afferma il contabile 33enne Gasser Mahmoud distribuendo adesivi e coccarde in piazza el Hegaz, uno dei mille raccordi per la grande marcia cairota su piazza Tahrir e il palazzo presidenziale. Intorno a lui affluiscono la borghesia diHeliopolis, i volontari di Tamarod infaticabili nonostante la raccoltadi oltre 22milioni di firme contro il presidente, il proletariato del quartiere Ein Shams e i nostalgici del regime come l’impiegata velata Souad Mansour, che ammette di aver votato per l’ex sodale di Mubarak Shafik ma si sente pienamente a suo agio tra i pentiti dell’ingenuo sostegno ai Fratelli Musulmani.”

Brasile show, Spagna strapazzata 3-0. Per Neymar & C. è già clima Mondiale. L’articolo de La Stampa a firma di Marco Ansaldo:

“La Confederations Cup è del Brasile per la quarta volta ma in nessuna delle precedenti i brasiliani l’avevano goduta con tanta soddisfazione. Vincerla al Maracanà è stato il regalo a un popolo. E riuscirci surclassando la Spagna (che qui subì un 6-1 nel ‘50) è stato il segnale dato al mondo a un anno dal Mondiale che si giocherà qui. Il 3-0 descrive la superiorità dei sudamericani che avrebbero potuto andare oltre. La Spagna è rimasta a guardare, ha sbagliato di tutto e di più compreso il rigore che Sergio Ramos ha spedito fuori nel secondo tempo e se l’avesse fatto giovedì contro l’Italia sarebbe stato un successo per gli azzurri. E come carico da undici ci si è messo pure Piquè che ha abbattuto Neymar ed è stato espulso: un fallaccio di benvenuto al nuovo compagno nel Barcellona. La sfida tra le due scuole che oggi si sentono depositarie del calcio spettacolo ha avuto un solo interprete.”