“Decreto Fare”, Berlusconi, Beppe Grillo e Turchia: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Giugno 2013 - 08:03 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Berlusconi spinge il governo.” Buona volontà e vecchi riflessi. Editoriale di Enrico Marro:

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“Ottanta articoli «per gli italiani che vogliono fare», dice il presidente del Consiglio Enrico Letta. Col provvedimento approvato venerdì il governo prova a invertire le aspettative, superando la fase dei sacrifici acuti che ha caratterizzato il «montismo». Le aspettative sono importanti, ma il decreto «del fare» è solo un primo passo. Ora ci vuole che il Parlamento lo approvi rapidamente, che le imprese facciano la loro parte e che l’esecutivo affronti con coraggio il taglio della spesa e la lotta all’evasione.
Le misure più importanti del decreto sono indirizzate agli imprenditori. I 5 miliardi della Cassa depositi per i prestiti agevolati; il potenziamento del fondo di garanzia; l’alleggerimento del costo dell’energia; i tre miliardi spostati sulle infrastrutture comunali; l’allentamento della morsa di Equitalia e il piano per smaltire un milione di cause civili prefigurano un ambiente meno ostile all’impresa. Che si spera venga colto. Anche le famiglie, con più difficoltà, possono trovare qualcosa di buono: dalle bollette che si ridurranno (ma prima vediamo di quanto) alle borse di studio per gli studenti fuori sede. Oggettivamente segnali modesti, in attesa delle decisioni che il governo deve ancora prendere su Iva, Imu e occupazione giovanile, cruciali per stabilire se l’esecutivo Letta sarà capace di una manovra a tutto tondo per la crescita.”

I patti di Renzi: primarie aperte o resto a Firenze. Articolo di Tommaso Labate:

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“Non possiamo permetterci di avviare la fase congressuale con uno scontro sulle regole», ha spiegato l’altro giorno ad alcuni deputati. Di conseguenza, è stata la nota a pie’ di pagina con cui ha sorpreso i suoi interlocutori, «se la discussione partisse nel modo sbagliato, allora la gestirò io. In prima persona».
Dalla partita che comincia ufficialmente oggi con la riunione della commissione per il congresso del Pd, Guglielmo Epifani avrebbe voluto rimanere fuori. Defilato il più possibile. Ma quando il segretario ha capito che alle perplessità dei renziani sul responsabile Organizzazione (bersaniano) Davide Zoggia sta per aggiungersi l’intenzione dei giovani turchi che sostengono Gianni Cuperlo (e legati a Massimo D’Alema) di avanzare la candidatura dell’europarlamentare Roberto Gualtieri alla presidenza dell’organismo, a quel punto il leader ha suonato il gong. «Se va avanti così, di questa questione me ne occuperò io».
Tranquillizzato da un risultato elettorale che ha regalato al Pd un inaspettato filotto alle amministrative, e soprattutto sempre più deciso a mantenere la promessa pubblica di limitarsi al ruolo di «segretario a tempo», Epifani si appresta a gestire da «arbitro» la difficile contesa incrociata tra bersaniani, renziani e giovani turchi. Un compito difficilissimo anche per chi, come lui, alla guida della Cgil è riuscito a far andare d’accordo il suo personalissimo dna riformista da ex socialista con le posizioni oltranziste della Fiom. Che si ritagli un ruolo da «coordinatore» della commissione per il congresso o che si limiti a fare da garante rispetto alla nomina del bersaniano Zoggia o di qualche outsider (tipo Gualtieri), una cosa è certa. Epifani è sempre più convinto che, alla fine, il prossimo segretario vada eletto con «primarie aperte». E che almeno su questo fronte non ci sarà, «né ci deve essere», un muro contro muro tra renziani e bersaniani.”

Resa dei conti per i Cinquestelle Ma i «ribelli» frenano sulla scissione. Scrive Emanuele Buzzi:

“Con il fiato sospeso. Così i Cinque Stelle affrontano l’assemblea in programma oggi per sancire l’iter d’espulsione nei confronti di Adele Gambaro. Un finale thrilling, degno di un giallo. E i colpi di scena potrebbero non mancare. A partire proprio dal luogo (virtuale) del «delitto»: nelle ultime ore è spuntata l’idea — che sarà dibattuta dai pentastellati — di trasmettere la riunione in streaming, visibile a tutti, per «mettere ognuno di fronte alle proprie responsabilità», come sostengono fonti vicine al Movimento. Una strategia che potrebbe scoraggiare chi aveva in mente gesti eclatanti o toni un po’ sopra le righe. «Ci siamo battuti per la trasparenza? — dicono nel Movimento —. Allora a maggior ragione la trasparenza ci deve essere in un momento come questo».
Ieri giornata di contatti frenetici. I cinquestelle nelle loro discussioni telematiche si sono ricompattati: nemico comune i media. Alcuni senatori, accusati di far parte del gruppo dei dissidenti, intervengono anche sul blog di Beppe Grillo — con un post intitolato «La stampa fa schifo» —: «È evidente che la campagna mediatica in atto — scrivono — è tesa a minare le fondamenta del Movimento al quale si lascia spazio solo per sterili polemiche anziché informare circa il buon lavoro svolto in Parlamento». Per i possibili nuovi gruppi autonomi, però, si manifesta l’interesse del mondo politico. A partire proprio dagli ex, come l’espulso Antonio Venturino.”

La prima pagina de La Repubblica: “Iva, difficile evitare l’aumento.”

La Stampa: “Letta: Governo più solido.” La politica dei piccoli passi. Editoriale di Paolo Baroni:

“Passi concreti, pochi annunci (e pochi effetti speciali), ma tante piccole e grandi azioni di sostanza. E’ lo stile-Letta applicato all’azione di governo. Che un consiglio dei ministri dopo l’altro continua a tenere il suo ritmo ben cadenzato, ogni settimana un passo avanti, un problema che va a soluzione, un impegno rispettato: prima le emergenze economiche, le tasse (col congelamento dell’Imu) ed il rifinanziamento della cassa integrazione, poi il taglio dei finanziamenti ai partiti, quindi le riforme e adesso il decreto «del fare».”

Un’iniezione di 3 miliardi per l’edilizia e le infrastrutture. Articolo di Roberto Giovannini:

“Per qualcuno il pacchetto infrastrutture ed edilizia del decreto legge «del fare» si contende con il capitolo giustizia civile la palma dell’efficacia e dell’importanza. Non c’è dubbio, comunque, che l’iniezione di risorse e una serie di provvedimenti mirati a sbloccare piccole opere – quelle più facilmente spendibili, peraltro – potrebbe aiutare a far ripartire la macchina dell’edilizia. Questa è la speranza delle imprese del settore, che ieri hanno plaudito al varo del decreto, che contiene misure per un totale di 3 miliardi. Perché questo succeda davvero, però, occorre che i cantieri aprano davvero, che le risorse vengano spese, e che non succeda (in Italia è la norma) che i grandi progetti infrastrutturali «nuovi» poi alla fine manchino di progetti «cantierabili». Premesso che il testo del decreto con tutti i dettagli non c’è, i 2 miliardi (fino al 2017) del nuovo fondo presso il ministero delle Infrastrutture almeno in parte servono per sbloccare cantieri già avviati: 300 milioni per la sicurezza della rete ferroviaria, per il collegamento ferroviario tra la Piemonte e Valle d’Aosta, per gli assi autostradali della Pedemontana Veneta e della Tangenziale esterna Est di Milano, per il collegamento tra la Statale 640 e l’autostrada A19 in Sicilia.”

Gas urticanti sulla folla a Taksim Battaglia a Istanbul. Dalla corrispondente Marta Ottaviani:

“Due Turchie. Quella di Taksim, che ha paura per la tenuta della democrazia del Paese e che è composta da decine di anime diverse fra di loro e quella dei militanti dell’Akp, accorsi in migliaia (addirittura un milione secondo gli organizzatori) vicino all’aeroporto per ascoltare il premier Recep Tayyip Erdogan, secondo i quotidiani più maligni con pasto e trasporto pagato, e per i quali il primo ministro è il nuovo Atatürk. Quella che va in strada repressa da proiettili di gomma, gas e idranti ma che non molla pur di raggiungere Taksim, cuore della protesta, e quella che è arrivata nel luogo del comizio del premier comodamente e in mezzo a imponenti misure di sicurezza. Quella che secondo il capo di governo è composta solo da «çapulcu», saccheggiatori, e quella buona «che crede nel dialogo e non prende in mano le pentole per chiamare alla rivolta». Sono la faccia di due medaglie diverse, due modi completamente contrapposti di vedere il Paese che fino a questo momento, per fortuna, non si sono nemmeno sfiorati ma che, se dovessero entrare in contatto, potrebbero dare vita a una contrapposizione che nel Paese non si vedeva dai tempi del golpe militare del 1971.”

Il Giornale: “L’arma segreta di Napolitano.” Basta ipocrisie sui ragazzi. Il lavoro ai giovani? Pensate alle imprese. Editoriale di Nicola Porro:

C’ è un grande equivoco sugli sforzi, apparente­mente meritevoli, che si stanno facendo per trovare uno sbocco lavorativo ai giovani. In sintesi si cerca di sconfiggere il male curan­done solo gli effetti. Vediamo senza ipocrisie il perché.
A Si ha un’idea corporativa della società. Si ritiene che i giovani siano una categoria a sé. Si pensa che siano neces­sarie misure ad hoc (che servono, ma tra poco vedremo quali) e non soluzioni più generali che mettano in moto il sistema produttivo. L’occupazione non si fa con i decreti dei governi, ma con la prosperità delle imprese. Isolare il club dei giovani per poi proteggerlo può fare solo danni.
B Alcune ipotesi di lavoro disegnano riduzioni del co­sto del lavoro solo per i giovani. Sarebbe una follia. Si cree­rebbe una nuova frattura sociale. I non giovani che hanno perso l’occupazione sarebbero meno appetibili per l’im­piego e difficilmente riassorbibili dal settore produttivo.
C Il vero macigno da sollevare è la struttura del nostro welfare. Le pensioni dei più giovani saranno calcolate sui contributi versati: nell’arco della vita lavorativa si accumu­la 100 e al momento della pensione si otterrà 100 più gli in­teressi. La grande maggioranza dei pensionati di oggi ha invece assegni di quiescenza scollegati dai contributi ver­sati. Abbiamo veramente voglia di ridurre il costo del lavo­ro, riducendo il cuneo fiscale? Si abbia allora il coraggio di dire che oggi assistiamo a un gigantesco trasferimento di risorse dai più giovani agli attuali pensionati. I primi costa­no caro per sorreggere un sistema di welfare che non li ri­guarda. L’accomodamento all’italiana nasce dal fatto che i genitori pagano il sostentamento ai figli sempre più gran­di, grazie all’ingiustizia di cui proprio i figli sono vittime.
D Vi siete mai chiesti per quale motivo un cameriere in un ristorante americano è spesso un giovanotto? Per il semplice motivo che in un sistema di lavoro flessibile, la manodopera non è incastrata nel proprio destino per sem­pre. La flessibilità nel mondo del lavoro è una misura che si deve adottare per rendere la società più flessibile e me­no statica. In un’economia che cresce poco immaginare un set di regole giuslavoristiche fisse e rigide, sia pure pen­sate per tutelare i più deboli, non fa che cristallizzare le lo­ro posizioni per sempre.”