Dimissioni Papa. Rassegna stampa italiana e estera. Le prime pagine dei giornali

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Febbraio 2013 - 09:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Non ho più le forze, perdonatemi”. Il Corriere della Sera: “Il Papa annuncia a sorpresa le dimissioni dal 28 febbraio: lo faccio per il bene della Chiesa Il Conclave e la scelta del successore «prima della Pasqua». Napolitano: grande coraggio.”

L’addio del Papa deciso un anno fa. La Stampa: “Alle 20 del 28 febbraio Ratzinger si dimetterà dal pontificato: “Sento la fatica.”

Il Papa lascia, addio storico. La Repubblica: “Non ho più forza, me ne vado per il bene della Chiesa”. Entro Pasqua il successore.”

Il Papa si dimette, sfida alla Chiesa. Il Mattino: “Consapevole del gesto grave, ma non ho più le energie.” Conclave a marzo.”

Papa choc. Il Messaggero: “Benedetto XVI lascia il pontificato a fine marzo: “Sento l’età, non ho più le forze”.”

Il Papa scende dalla croce. Amen. Il Giornale: “Benedetto XVI si è dimesso: lascerà il 28 febbraio. E’ la prima volta che accade nell’era moderna.”

La rivoluzione di Benedetto. L’Unità: “Storico annuncio di Ratzinger: lascio il pontificato, non ho più le energie per continuare.”

Gli intrighi vaticani fanno dimettere il Papa. Libero: “Una decisione clamorosa mette fine a un pontificato segnato da scandali e complotti nella curia.”

La rassegna stampa italiana:

La rinuncia di Benedetto XVI «L’età è avanzata le forze inadatte». Il Corriere della Sera: “L’annuncio con voce fioca e volontà fermissima: «Chiedo perdono per tutti i miei difetti Dal 28 febbraio la sede di San Pietro sarà vacante» I cardinali attoniti, poi il bacio di Sodano Monsignor Dziwisz: «Dalla croce non si scende».” L’articolo a firma di Aldo Cazzullo:

“«Fratres carissimi, non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vitae communicem». «Carissimi fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa…». Sono le 11 e 41, quando Benedetto XVI — la voce fioca, il corpo sottile come un giunco, la volontà fermissima — inizia a parlare, in latino. Deve canonizzare i martiri di Otranto. Ma subito si intuisce che c’è qualcosa di inatteso nell’aria. Padre Georg china il capo. I cardinali si guardano l’un l’altro, attoniti. Nella Sala del Concistoro, scriverà l’Osservatore Romano, si sente «un lieve brusio». Il mondo non sa ancora nulla dell’annuncio che sta per turbare un miliardo di cattolici. «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Lo sgomento si disegna sui volti dell’elemosiniere, Guido Pozzo, e del reggente della prefettura della Casa pontificia, Leonardo Sapienza. Bertone, segretario di Stato, e Sodano, decano del sacro collegio, hanno in mano il testo che Ratzinger ha scritto di proprio pugno, e seguono le parole una per una. Sono tra pochissimi che già sanno: il Pontefice sta per dimettersi. «Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando…». Il «momento di terrore» che di solito accompagna la morte e la «velatio» del volto del Pontefice è ora vissuto in forme nuove. A differenza di Wojtyla, il suo successore non se la sente di affrontare una morte pubblica. Non accadeva da sei secoli, dai tempi di Gregorio XII. Ma il precedente più noto è Celestino V, il Papa di Dante. Anche lui diede l’annuncio in un Concistoro, leggendo un testo scritto in latino. Era il 13 dicembre 1294. «Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo. Vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato…». “

La commozione del Papa dopo il discorso più difficile. La Stampa: “Ratzinger meditava l’addio dal viaggio in Messico e a Cuba di un anno fa. ” L’articolo a firma di Andrea Tornielli:

“Poi con passo incerto, in silenzio, ha fatto ritorno nell’appartamento papale, dove rimarrà per altri diciassette giorni. Qui, al riparo da sguardi indiscreti, non ha più retto all’emozione e si è commosso. Le lacrime hanno rigato il suo volto di Papa anziano e stanco. Il volto del primo papa dimissionario dopo sei secoli. Benedetto XVI, 264° successore di Pietro, lascia il pontificato con un annuncio senza precedenti. Una scelta clamorosa, presa in solitudine, «dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio». Una scelta maturata al ritorno dal viaggio del marzo 2012 in Messico e a Cuba. Durante quella trasferta, un successo per l’accoglienza calorosissima, una caduta notturna, simile a quella avvenuta in Val d’Aosta con la frattura del polso, aveva preoccupato l’entourage. Joseph Ratzinger meditava da diverso tempo la sua scelta. Ne aveva parlato lui stesso nel 2010, rispondendo a una domanda dell’amico giornalista Peter Seewald: «Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi». Ratzinger aveva vissuto da vicino il calvario del predecessore, minato dalla malattia, e aveva fatto già allora intendere che non avrebbe voluto si ripetesse quell’esperienza. Non avrebbe mai voluto essere «gestito» dall’entourage. Nell’ottobre 2002, ancora cardinale, aveva ricevuto da monsignor Pasquale Macchi una copia della lettera con la quale Paolo VI dava disposizioni ai cardinali in caso di prolungata inabilità, invitandoli a convocare il conclave. «Questa è una cosa molto saggia che ogni Papa dovrebbe fare», aveva commentato Ratzinger. Ma l’ipotesi di Paolo VI riguardava una grave inabilità, il fine regno di Wojtyla una malattia invalidante come il Parkinson. Nulla di tutto questo è invece accaduto a Benedetto XVI, che ha l’artrosi ed è debole di cuore, però è riuscito fino ad oggi a svolgere ogni suo compito. «Il Papa non è depresso e non ci sono malattie», ha ripetuto il portavoce padre Federico Lombardi. «Non ci sono segni di decadimento» ha ribadito in queste ore il medico papale, Patrizio Polisca, con un riferimento discreto a facoltà dell’intelletto, che rimangono intatte, come ha dimostrato qualche giorno fa la meditazione tenuta a braccio davanti ai seminaristi romani. E allora, che cosa è accaduto? Perché Ratzinger prima di compiere 86 anni è arrivato a questa clamorosa determinazione, sapendo di provocare un terremoto dentro e fuori la Chiesa? «Il fatto di trovarmi all’improvviso di fronte a questo compito immenso – aveva detto nell’intervista a Seewald, parlando dell’elezione – è stato per me un vero shock. La responsabilità, infatti, è enorme… Il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce».”

Piegato dal peso del governo dopo gli scandali. L’articolo de Il Messaggero a firma di Franca Giansoldati:

“Chi conosce bene l’uomo Ratzinger assicura che egli ha valutato «liberamente e con lucidità per il bene della Chiesa». Il fatto di non potere più offrire all’istituzione ciò di cui necessitava per andare incontro al futuro, investendo – come è stato all’inizio – attenzione ed energie ai dossier più scottanti, pianificando viaggi oceanici, o dedicarsi all’ascolto dei nunzi, degli episcopati, degli ambasciatori e dare loro soluzioni concrete a problemi spesso complessi, è stato dirimente per la decisione. Del resto si trattava di una mole enorme di lavoro e di un carico di responsabilità non indifferenti per chiunque. E così man mano che in questi anni gli scandali scuotevano la Chiesa, lasciavano il pontefice svuotato. Per ultimo il tradimento del maggiordomo Paoletto, poi la «sporcizia» nelle strutture (già denunciata nella via Crucis del 2005 quando stava morendo Papa Wojtyla), la divulgazione di troppi documenti riservati, l’impossibilità di arrivare a comporre lo scisma con i lefebvriani e, per ultimo, la questione ancora aperta dei preti pedofili. Il peso del governo si è trasformato in un fardello pesantissimo anche per un uomo tanto scrupoloso, preoccupato da buon tedesco di dare sempre il meglio di sè all’intera struttura. Solo così è possibile motivare un gesto altamente dirompente come le dimissioni. Un gesto inusuale, inedito per un pontefice che di fatto lascia incompiuto persino l’Anno della Fede indetto da Papa Ratzinger con tanto entusiasmo, o la Giornata Mondiale della Gioventù già pianificata in Brasile per quest’estate e per la quale aveva dato rassicurazione al nunzio che sarebbe andato, o ancora la visita ad limina in corso dell’episcopato italiano. Persino l’enciclica della Fede quasi terminata resta appesa, così come l’inchiesta in corso sulle apparizioni di Medjugorie commissionata ad un gruppo di saggi tra cui il cardinale Ruini.”

Raniero La Valle: Da Benedetto XVI un gesto di coraggio. Huffingtonpost.it: ““Con le dimissioni, Papa Benedetto XVI ha compiuto un gesto di demitizzazione della figura del Papa. La politica ha molto da imparare…”. L’articolo a firma di Angela Mauro:

“E’ la riflessione di Raniero La Valle, 82 anni, ex direttore del Popolo e di Avvenire, senatore della sinistra indipendente negli anni ’70, promotore nel 2008 di un ‘Manifesto per la Sinistra cristiana’, firmato tra gli altri anche da Rita Borsellino e Adriano Ossicini, esperto di storia della Chiesa e in particolare delle tematiche del Concilio Vaticano II. Un gesto da uomo più che da Papa? E’ un gesto di demitizzazione della figura del Papa che non tiene conto di tutto quel sovraccarico messo sulla figura del Pontefice come di un dio in terra che non si può dimettere fino alla fine, di un papa dal carattere indelebile nel suo ministero. Benedetto XVI ha di fatto aperto alla visione del Concilio Vaticano II che ha ricollocato il Papa all’interno del collegio apostolico dei vescovi e, come i vescovi a un certo punto lasciano il loro incarico, così in via di principio, nulla deve impedire che il Papa possa non più ritenersi all’altezza del suo incarico, cosa peraltro prevista dal codice di diritto canonico anche se si tratta sempre di una scelta eccezionale, mai accaduta negli ultimi secoli.”

La rassegna stampa estera:

Editoriale in latino su Liberation, lo storico quotidiano della gauche parigina, che come già anticipato ieri sera, è sbarcato oggi in edicola con una copertina shock, in occasione delle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Nel giornale, il direttore, Nicolas Demorand – che si firma per l’occasione Nicolaus Demorandis – pubblica un lungo editoriale scritto interamente nella lingua di Virgilo e intitolato ‘Cogitatio’. Il giornalista – nello spiegare i motivi che possono aver condotto al clamoroso gesto del Pontefice – avanza anche l’ipotesi della “depressione”, che “non risparmia più i papi, umani, troppo umani: fallibili”. Come già emerso ieri sera, Liberation, apre la prima pagina con l’ironico titolo di ‘Papus interruptus‘, aggiungendo: “Benedetto XVI, 85 anni, ha annunciato ieri le sue dimissioni, assicurando di non avere più la forza necessaria. Un evento nella storia dei Papi”. “Dichiaro di rinunciare a ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro”: titola invece Le Figaro, che alle dimissioni di Benedetto XVI dedica un’edizione speciale, con in prima pagina un editoriale intitolato ‘L’umiltà di un Papa‘. “Il Papa sceglie di cancellarsi“, titola invece La Croix, il quotidiano cattolico della Francia, che definisce il Pontefice un “servitore fedele”. “La decisione di Benedetto XVI di rinunciare al suo incarico – continua il giornale – traduce una visione umile della sua missione e una grande audacia politica”. Nella sua versione online, Le Monde – la cui edizione cartacea esce a meta’ giornata – titola “Benedetto XVI rinuncia al suo pontificato, un nuovo Papa atteso per Pasqua”.