Dimissioni Pdl, Tarantini, Alitalia, Serie A: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Settembre 2013 - 09:52 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Pdl annuncia le dimissioni di massa. Il Corriere della Sera: “I parlamentari del Pdl si dimetteranno in massa se il 4 ottobre la Giunta delle elezioni voterà la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore dopo la condanna definitiva per frode fiscale.”

Irresponsabilità. L’editoriale a firma di Massimo Franco:

“Ci vuole una smisurata dose di irresponsabilità e di provincialismo per minacciare dimissioni di massa dal Parlamento mentre a Wall Street il presidente del Consiglio rassicura gli investitori internazionali sulla stabilità dell’Italia. La mossa, perché bisogna sperare che non sia ancora una decisione definitiva, di deputati e senatori del Pdl esaspera la sensazione di un partito in balìa di chi vuole fomentare il «tanto peggio tanto meglio»; e che per risolvere il conflitto interno tra oltranzisti e ala ministeriale, non esita a scaricarne i costi sul Paese nel nome di una malintesa fedeltà a Silvio Berlusconi condannato. Non si capisce come finirà. Formalmente, i ministri del Pdl restano in carica e le dimissioni degli eletti sono congelate fino al 4 ottobre, quando il Senato si pronuncerà sulla decadenza del Cavaliere da parlamentare. Ma la minaccia è evidente, benché suoni velleitaria e strumentale la pretesa di salire su un surreale «Aventino» fino a che Giorgio Napolitano non scioglierà le Camere. Siamo all’esito estremo di un cortocircuito nel quale si è smarrito il senso della realtà e della serietà. E qui, forse, il discorso va allargato anche ad altre forze governative che nelle ultime settimane hanno dato una prova scoraggiante di astrazione dai problemi dell’Italia: a destra e a sinistra. I comportamenti ai quali si è assistito raccontano una totale mancanza di rispetto non solo per gli elettori ma anche per le istituzioni e per l’interesse pubblico. Da una classe politica, e soprattutto da partiti che hanno ricevuto grandi consensi, ci si sarebbe aspettati un atteggiamento di umiltà: quello imposto da elezioni senza vincitori, e dall’incapacità prima di formare un governo e poi di eleggere un nuovo presidente della Repubblica. Invece, subito dopo l’estate, il retroterra di riserve mentali e calcoli miopi, personali e un po’ miserabili ha ripreso il sopravvento. Gli alleati di una maggioranza già anomala, difficile, irta di contraddizioni, si sono messi a scherzare col fuoco.”

I parlamentari pdl verso lo strappo «Via se il Cavaliere decade». L’articolo a firma di M.Antonietta Calabrò:

“Dimissioni in massa di tutti i parlamentari del Pdl, dalla Camera e dal Senato. Decisione presa all’unanimità e per acclamazione. Dimissioni che verranno consegnate nei prossimi giorni ai capigruppo, Renato Schifani e Renato Brunetta, ma che saranno operative, «qualora la giustizia fosse negata», cioè se per Berlusconi, dal 4 ottobre in poi, nel voto della Giunta per le autorizzazioni passerà la decadenza dal Senato. L’ex premier, presente alla riunione dei gruppi parlamentari al momento dalla decisione, raccontano, si è commosso. I parlamentari hanno risposto compatti e hanno aderito con applausi scroscianti così come avevano fatto al momento dell’arrivo del leader nella sala della Regina. Data per acquisita questa disponibilità a dimettersi ora verranno messi a punto alcuni passaggi formali ma si prevede che nei prossimi giorni ogni singolo deputato e senatore firmerà una lettera di dimissioni che consegnerà al proprio capogruppo il quale poi provvederà a formalizzarle in forma «collettiva» nelle rispettive assemblee dopo la decisione, che si presume negativa per l’ex premier, della giunta del Senato. La linea dura è stata decisa in un vertice pomeridiano a palazzo Grazioli (dove da ieri Berlusconi ha formalmente preso la sua residenza anagrafica, in vista dell’esecuzione della condanna definitiva). I parlamentari si sono schierati con il loro leader e hanno innescato una bomba ad orologeria che potrebbe minare la tenuta del governo Letta, proprio mentre il premier era in visita negli Stati Uniti, in un’ importante trasferta internazionale: all’Onu e a Wall Street, dove ha ripetuto che la stabilità è necessaria alla ripresa.”

«Non dormo da 55 giorni, persi 11 chili». L’articolo a firma di Paola Di Caro:

“Da giorni era angosciato, da giorni sentiva un cappio stringersi attorno al collo: «Mi arresteranno, è l’unica cosa che vogliono. Finirò a Poggioreale. E nessuno sta muovendo un dito per me». Da giorni Silvio Berlusconi ce l’aveva con tutti: con Napolitano, che dopo tante assicurazioni, non gli ha dato «niente di niente, anzi», con il premier Letta che non si è speso per lui, con il Pd che «spera mi mettano in galera per avere finalmente campo libero». E in parte anche con chi, nel suo partito, non aveva fatto abbastanza per difenderlo. Un malumore assoluto, un senso di accerchiamento senza uscita, o meglio con una sola possibile via di fuga: far saltare tavolo e governo, tornare al voto, o la va o la spacca, tutto o niente, baratro o salvezza. È la via che fin dal primo momento gli hanno indicato i falchi, quella che — al di là delle rassicurazioni ufficiose che filtravano da Arcore — Berlusconi in cuor suo ha sempre condiviso, dopo la condanna in Cassazione. Il lancio di Forza Italia, il videomessaggio, le caotiche 24 ore tra martedì sera e ieri notte nelle quali l’ex premier ha deciso prima di andare in tivù e poi di annullare la partecipazione, di tenere una convention sabato per subito sconvocarla, di dar retta alle colombe che gli consigliavano di mordersi la lingua e di riunire oggi i gruppi parlamentari, danno il senso dell’accelerazione improvvisa ma quasi inevitabile verso la rottura.”

«Dalle escort a Finmeccanica Le quattro bugie di Tarantini» Le versioni opposte L’inchiesta Bari. L’articolo a firma di Fiorenza Sarzanini:

“Silvio Berlusconi sapeva che le ragazze portate da Gianpaolo Tarantini alle sue feste erano escort. E infatti in alcune occasioni provvide direttamente a pagarle. La nuova accusa è agli atti dell’inchiesta di Bari dove il Cavaliere è indagato per aver indotto «Gianpy» a mentire. Perché l’ultima informativa consegnata ai pubblici ministeri dai finanzieri guidati dal colonnello Antonio Quintavalle elenca proprio le bugie che l’imprenditore pugliese avrebbe raccontato nel corso dell’istruttoria. E fissa i quattro punti che rischiano di aggravare la posizione dell’ex premier. Erano stati i magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Pasquale Drago a sollecitare una «rilettura» delle intercettazioni a confronto con le dichiarazioni di Tarantini e degli altri testimoni. Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno così esaminato nuovamente tutti gli atti e hanno consegnato una relazione che è stata adesso depositata a disposizione delle parti. L’indagine è ormai conclusa. Nei prossimi giorni l’accusa dovrà infatti decidere se sollecitare il rinvio a giudizio del Cavaliere.

Le feste – Tarantini ha sempre dichiarato che alle feste del presidente si faceva accompagnare «da alcune amiche». Il dossier della Finanza evidenzia invece quanto accadde «il giorno dopo la cena del 28 settembre 2008, quando Berlusconi manifestava a Tarantini la preoccupazione che due delle sue ospiti, tra cui una identificata in Daniela Lungoci, potessero fare qualche commento sulla serata trascorsa a Palazzo Grazioli. Tarantini faceva un’immediata verifica sulla effettiva riservatezza delle donne che pochi istanti prima aveva assicurato a Berlusconi, pur non conoscendo l’affidabilità delle stesse, tanto da dover chiedere conferma a chi gliele aveva presentate, vale a dire Barbosa Conceicao De Freitas».”

La sfida dei parlamentari Pdl. La Stampa: “I parlamentari Pdl sono pronti a dimettersi se, il 4 ottobre, la Giunta per le elezioni del Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi. «Sono i giorni più brutti della mia vita» dice l’ex premier ai suoi eletti. «E’ in atto un colpo di Stato» aggiunge. Epifani attacca: irresponsabilità nei confronti del Paese. Napolitano è infuriato: nessuno s’illuda che io sciolga le Camere.”

Pronti alla golden share ma la maggioranza è divisa. L’articolo a firma di Fabio Martini:

“La legge c’era, il governo Letta si è «dimenticato» di renderla operativa con il necessario regolamento attuativo e ora, per proteggere gli interessi strategici presenti in Telecom, il presidente del Consiglio ha deciso di correre ai ripari, di tamponare l’emergenza con un provvedimento, non imminente, che però ha contorni ancora indefiniti. Soprattutto perché, dentro la maggioranza, non esiste un indirizzo univoco sul bene da preservare: i presunti rischi alla sicurezza nazionale (ieri denunciati con pathos da tutti, persino da alcuni ministri), o invece la tutela degli urgenti investimenti sulla deficitaria banda larga? In altre parole, già in queste ore nella maggioranza si è aperta una discussione sotto traccia se togliere agli spagnoli di Telefonica – interessati in primis al business del telefonino – il controllo totale della rete (che necessita investimenti corposi) o soltanto il monopolio del circuito delle comunicazioni più sensibili. Per tutta la giornata di ieri Enrico Letta ha potuto dedicarsi al dossier Telecom soltanto nei ritagli di tempo, perché il presidente del Consiglio è stato impegnato a New York in una giornata intensa, che ha finito per ricalcare quella programmata un anno orsono da Mario Monti. E proprio il governo Monti aveva approvato la leggequadro sulla golden share che in linea teorica avrebbe consentito all’attuale governo di realizzare un Dpr in grado, per esempio, di arrivare allo scorporo della rete che nella giornata di ieri è improvvisamente assurta a questione strategica di primo livello. In tanti hanno invocato interventi urto, rendendo di nuovo attuale una questione per la prima volta fu oggetto di un pubblico dibattito, quando fu reso noto un progetto informale, preparato da Angelo Rovati, consigliere di Romano Prodi e che appunto prevedeva lo scorporo dal servizio telefonico della rete, per salvaguardare gli interessi strategici.”

Alitalia, il giorno della verità Aumento di capitale da 150 milioni. L’articolo a firma di Alessandro Barbera e Antonio Pitoni:

“In apparenza sembra una mossa difensiva, in realtà è il primo passo di Alitalia verso le nozze con i francoolandesi. Stamattina Colaninno e soci riuniscono il consiglio di amministrazione della compagnia italiana, all’ordine del giorno la richiesta di un aumento di capitale fino a 150 milioni di euro. Lo sottoscriverà per certo la Immsi del presidente Roberto Colaninno: fonti industriali riferiscono che ieri il suo consiglio di amministrazione avrebbe già deliberato il sì per una cifra compresa fra gli 11 e i 12 milioni di euro. Con molta probabilità diranno sì altri tre grandi soci: Intesa Sanpaolo, la famiglia Benetton (hanno circa il 9% ciascuno), e soprattutto Air FranceKlm, primo socio con il 25%. L’amministratore delegato Del Torchio e Colaninno vogliono evitare il rischio che il socio franco-olandese si metta ad attendere sull’argine i resti di un’azienda fallita: questo è ciò che ieri hanno riferito in un incontro con il ministro dello Sviluppo Zanonato. L’aumento di capitale serve ad allungare la vita ad Alitalia, ma in realtà, non potendo prescidere dal consenso del socio straniero, serve allo stesso ad avvicinare la fusione senza contraccolpi. Il problema non è il se, ma il come e il quanto.”

Juve con l’aiutino. L’articolo a firma di Marco Ansaldo:

“La Juve ha vinto a fari spenti. Ha raccolto tre punti importanti contro il Chievo ma ancora una volta non ne abbiamo visto la luce illuminare il percorso come nelle ultime due stagioni. L’hanno premiata un secondo tempo discreto per ritmo e l’autorete decisiva di Bernardini che ha infilato la propria porta tentando di anticipare Llorente, un combattivo. Tuttavia il gioco non ha convinto e sul risultato pesa la rete annullata a Paloschi, che avrebbe portato i veronesi sul 2-1 poco dopo il pareggio di Quagliarella: sulla «papera» di Buffon, la posizione di Paloschi che buttava la palla in porta era regolare, considerando il momento del tiro di Bentivoglio non trattenuto dal portiere juventino in una serata da dimenticare. Conte non sbaglia a dire che chiunque gioca contro la Juve come se fosse la partita della vita. Ma è da almeno un anno che i bianconeri si imbattono in questo atteggiamento degli avversari e non era mai stato un problema come dimostra l’ultimo scudetto vinto in carrozza. Ora lo è. Non sono cambiati gli altri, è cambiata la Juve nell’avvio di stagione in cui fatica a entrare in partita. Ieri è andata per la quarta volta consecutiva in svantaggio (su sette match ufficiali) e se non stupiva che ci fosse riuscita l’Inter ritonificata da Mazzarri lascia perplessi che l’abbiano fatto il Copenaghen, il Verona e il Chievo. Per un tempo abbiamo visto una squadra smorta prima che inconsistente. Conte ha scelto il turnover e non è certamente una colpa. Se si ambisce a vincere in Italia e in Europa e non ci sono i ricambi che mantengono alto il livello contro una delle formazioni che lotteranno per salvarsi dalla B, è inutile provarci.”

Serie A, comanda la Roma: colpo in casa della Samp. Il Corriere dello Sport: “enatia-Gervinho, trascinata da Totti la squadra giallorossa è prima da sola in testa alla classifica: non era mai accaduto prima nella storia che la squadra capitolina infilasse il filotto di cinque vittorie consecutive dall’inizio del campionato. Maicon ko nel primo tempo, Garcia espulso nella ripresa: poi entra il numero 10 e la partita si trasforma.”

“Una rivoluzione scuote il campionato. E chi, se non un francese, poteva comandarla. La Roma di Rudi Garcia vince anche a Genova, 2-0 alla Samp, e continua la corsa in testa alla Serie A, ma stavolta volando da sola in vetta. Una fuga arrivata grazie ad un filotto mai infilato prima nella storia del club giallorosso, cinque vittorie consecutive dall’inizio del torneo: erano anni che la squadra capitolina non respirava un’aria di primato così alta, tutta in solitaria.”