Elezioni comunali, governo, calciomercato: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Giugno 2013 - 09:51 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tutti i capoluoghi al centrosinistra. Il Corriere della Sera: “Elezioni amministrative 2013: ai ballottaggi i capoluoghi di provincia vanno ai candidati sindaco sostenuti dal Pd e dal centrosinistra che vincono tutti i duelli con il centrodestra, la Lega, i centristi. Successo del Pd anche nel primo turno in Sicilia. Ignazio Marino vince a Roma, battendo il primo cittadino uscente Gianni Alemanno. Sconfitto il Pdl. Perde la Lega, che deve cedere Treviso dopo 19 anni. Il presidente del Consiglio Enrico Letta: adesso il governo è più forte. Crolla l’affluenza: dal 59,8% al 48,6% in quindici giorni.”

Il centrosinistra vince i ballottaggi e si riprende Roma. La Lega in caduta. L’articolo a firma di Dino Martirano:

“I candidati sindaco sostenuti dal Pd e dal centrosinistra vincono tutti i duelli con il centrodestra, la Lega e i centristi. Da Roma — dove il chirurgo Ignazio Marino batte Gianni Alemanno, primo cittadino uscente, rastrellando ben 100 mila voti in più rispetto al primo turno — a Treviso (sconfitto lo «sceriffo» Gentilini), a Brescia (strappata al Pdl, con Emilio Del Bono), a Siena (nonostante lo scandalo Monte dei Paschi), a Lodi (Simone Uggetti), a Viterbo, ad Avellino (lo sfidante era dell’Udc), a Imperia, ad Ancona, a Iglesias: ovunque ha avuto la meglio il centrosinistra imponendo una vittoria netta che fa registrare un 16 a 0 se si contano anche i cinque Comuni capoluogo conquistati direttamente al primo turno. E anche a Catania, dove ieri si è votato al primo turno come in altri comuni della Sicilia, potrebbe essere eletto subito, senza passare per il ballottaggio, l’ex ministro dell’Interno Enzo Bianco (Pd) mentre Felice Calabrò (centrosinistra) potrebbe farcela a Messina. Al Nord, invece, crolla la Lega creando non pochi problemi all’alleato Pdl mentre il M5S si deve accontentare di conquistare il sindaco a Pomezia e ad Assemini (Cagliari): «Il cammino del Movimento è lento ma inesorabile», è il bicchiere mezzo pieno visto da Beppe Grillo che, forse, mirava a municipi più importanti e a Catania deve assistere alla scomparsa del M5S. In termini assoluti, però, il crollo dell’affluenza (dal 59,76% al 48,57% in soli quindici giorni nei comuni dove si è svolto il ballottaggio) ha determinato una vera e propria emorragia di voti che è quantificabile in circa tre milioni di elettori (500 mila in Sicilia). La doppia linea gotica dell’affluenza ha tagliato in tre l’Italia: al di sopra della soglia del 50% Piemonte (record in provincia di Cuneo con il 77,6%), Veneto, Lombardia, Emilia e Liguria. Sotto l’asticella, invece, tutto il centro: Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo (minimo storico all’Aquila con il 44,7%) e Calabria. Percentuali di nuovo sopra il 50% in Campania, Puglia e Sardegna. In Sicilia ha votato il 66% degli elettori, in controtendenza dunque rispetto alle Regionali di ottobre 2012 quando aveva votato solo un siciliano su due. La tendenza è sempre verso il basso ma, come ha ricordato il politologo Roberto D’Alimonte, «siamo sempre avanti ad altri Paesi europei» considerando che, per esempio, «il sindaco di Londra è stato eletto dal 38% degli elettori». Eppure c’è anche chi attacca la legge per l’elezione dei sindaci basata sul doppio turno: «La crepa si è ancora più allargata con il meccanismo dei ballottaggi e se qualcuno può ritenere fisiologico l’allontanamento dai seggi nel secondo turno, noi invece crediamo che questo sia un fatto estremamente negativo», azzarda Pino Pisicchio (Centro democratico).”

Letta, doppia mossa per blindarsi. L’articolo a firma di Francesco Verderami:

“L’abilità manovriera non fa difetto a Letta, se non fosse che la politica (dunque anche il governo) balla sul ponte del Titanic, e il drammatico dato dell’astensionismo testimonia la crisi di sistema, confermando le ragioni che hanno portato il presidente di Confindustria a paventare i «rischi sulla tenuta della coesione sociale del Paese». Ecco perché il premier ha annunciato un «piano nazionale per combattere la disoccupazione giovanile», e ha detto di attendersi dal prossimo vertice europeo «fatti concreti». È un modo per puntellare la situazione, mentre nel governo si è già palesato il nervosismo dei «non allineati», ministri cioè che non sono nè del Pd nè del Pdl. Se è vero che il destino di Letta è legato ai risultati, non sarà il monito lanciato da Alfano con l’intervista al Foglio a destabilizzarlo. Semmai l’avvertimento del segretario pdl al suo premier, quell’invito a «non discolparsi» dell’intesa con Berlusconi, mira a riequilibrare le quote del pacchetto azionario di governo. Nè il Cavaliere — a cui Letta ha voluto togliere la «golden share» — ha interesse oggi a far saltare il banco: per via delle sue vicissitudini giudiziarie più che per il disastroso risultato del suo partito alle Amministrative. Resta da capire come mai il centrodestra, che è dato in testa in tutti i sondaggi, ha perso ieri in tutti i ballottaggi e rischia il bagno anche in Sicilia.”

Marino non sfila in Campidoglio «Saremo guida morale del Paese». L’articolo a firma di Alessandro Capponi:

” Il timido Ignazio, com’è spesso parso nella campagna elettorale, di colpo sembra non esserci più. Trasformato da una vittoria che il centrosinistra, a Roma, attendeva da cinque anni e che forse nessuno s’aspettava tanto netta nel risultato: «Oggi è una giornata in cui in molte città d’Italia il centrosinistra ha raggiunto risultati straordinari, però questa è la Capitale ed è da qui che dobbiamo riacquisire un ruolo di guida morale per il nostro Paese». Ma i grandi orizzonti si alternano a quelle che possono sembrare sfumature, e sulle quali, comunque, Marino sembra decidere senza incertezze, timidezze, concessioni alla base: «Non andrò a festeggiare in Campidoglio, quello è un luogo sacro». È la piazza di tutti i romani, che fu preda dell’esultanza di Alemanno e dei suoi sostenitori nel 2008. In molti, nel centrosinistra, non hanno dimenticato quelle scene: e, in molti, hanno cercato di convincere Marino a lasciarsi almeno immortalare in una foto che fosse simbolo della riconquista. Ma le proporzioni della vittoria, forse, hanno aiutato Marino a decidere senza lasciarsi influenzare: certo l’affluenza non è da record, ma il risultato sì. In termini percentuali, 63,9 a 36,1, cioè quasi 28 punti più del rivale — che pure arrivava dopo cinque anni di governo — e tutti i Municipi della città vinti dal centrosinistra con un punteggio che non c’era mai stato, 15 a 0. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che pure aveva sostenuto la corsa di Marino fin dall’inizio, spiega il distacco record dato ad Alemanno con una formula che bada poco all’eleganza ma certamente è efficace: «Con Roma non si scherza, bisogna amarla e curarla bene, altrimenti s’incazza». E Marino: «Quindici a zero non era mai successo, vi pare poco?». In piazza, i militanti stappano bottiglie e cantano «Bella ciao».”

Lacrime e abbracci, l’addio di Alemanno. L’articolo a firma di Ernesto Menicucci:

“È la resa, dopo cinque anni di governo, di difficoltà, di polemiche e di scandali, del primo sindaco di centrodestra della Capitale, inesorabilmente sconfitto dalle urne. Una mazzata durissima: 374.883 voti complessivi, 290 mila meno di quelli di Ignazio Marino, 400 mila rispetto alla sua vittoria del 2008 contro Francesco Rutelli. Le prime parole di Alemanno sono per l’avversario: «Gli ho telefonato, per fargli le congratulazioni e mettermi a disposizione: faremo un’opposizione seria e non distruttiva come quella che ho subito io». Dice che «la colpa è dell’astensionismo», che bisogna «riannodare il legame con la politica», che «Roma ha ancora bisogno della nostra energia». Poi non ce la fa più, e va via, ancora un po’ scosso: «Verso le 18 torno». Nel frattempo, dentro e fuori il suo comitato elettorale, inizia il regolamento di conti interno. L’ex assessore Antonello Aurigemma, vicino ad Antonio Tajani, scrive in una nota «che la sconfitta sia stimolo per una nuova stagione politica». Anche gli alleati sono nervosi: «A Vince’, ma manco qui potevano venire i ministri?», dice Francesco Storace (La Destra) a Vincenzo Piso, coordinatore regionale Pdl. Mentre, poco prima, la deputata Barbara Saltamartini aveva litigato in diretta tivù col direttore del Fatto quotidiano Antonio Padellaro. ”

Il centrosinistra fa il pieno. La Stampa: “En plein del centrosinistra che trionfa a Roma con Ignazio Marino. In tutti gli 11 capoluoghi di Provincia finiti al ballottaggio il centrodestra esce sconfitto, con la Lega di Gentilini che perde Treviso. Il Pd la spunta a Siena al fotofinish. Crolla l’affluenza: appena il 48,5% è andato alle urne. Il Movimento Cinque Stelle si afferma solo in due Comuni, Assemini e Pomezia. Soddisfatto Enrico Letta: «Il voto rafforza le larghe intese».”

Il Pdl non ha più grandi città “Nel partito solo Silvio ha i voti”. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Politicamente, è come se un’onda si ritirasse lasciando qualche alga sparsa sul bagnasciuga. Eppure c’era stato un momento, non tanto lontano, dove quella stessa onda si era spinta impetuosa a lambire le capitali del potere «rosso». Qualcuna era effettivamente caduta nelle mani del centrodestra: in Emilia, nientemeno che Bologna insieme con le «ducali» Parma e Piacenza. In Toscana, s’era arresa Arezzo al pari di Lucca e di Massa. Forza Italia (quando si chiamava ancora così) aveva preso saldo controllo di Verona, Vicenza e Padova. Non temeva rivali in Sicilia, dove nel 2001 realizzò il celebre en plein (61 a zero), per non parlare della Puglia, di Bari, di Lecce… «Altri tempi», sospirano tristi dalle parti di Arcore, dove tra ricordi e rimpianti la débacle di questa tornata non è giunta del tutto inattesa. Specie la cacciata di Alemanno dal Campidoglio: Berlusconi se la sentiva dentro, per mesi aveva tentato di cambiare cavallo. Fosse ancora il duce di una volta, lui avrebbe puntato sul «piacione» Marchini. Non più tardi di venerdì scorso i sondaggi riservati di Alessandra Ghisleri gli avevano tolto ogni speranza. Per cui ieri ad Arcore non si è udito alcuno sfogo iroso del leader, né si annunciano gesti inconsulti tipo rovesciare il tavolo del governo. L’equilibrio politico, con le vacanze dei politici che si avvicinano, non corre il minimo rischio. È vero che in una conversazione con il direttore del «Foglio» Ferrara, Alfano si mostra stamane critico verso il premier. In qualche passaggio Angelino lancia una sorta di «avviso ai naviganti»: non tuttavia per reagire alla batosta ma per colpa di un’intervista a «Repubblica» dove Letta cestina il concetto caro a destra della «pacificazione». Unico ad additare le larghe intese come causa di un generale rammollimento, che a sua volta ha sparso il seme della sconfitta, rimane l’irriducibile Minzolini.”

Autostrade e reti. L’Italia chiede lo sconto all’Ue. L’articolo a firma di Marco Zatterin:

“Il primo imperativo è usare meglio i fondi comunitari, dei quali restano 31 miliardi da iniettare nel sistema entro il 2015. Proprio ieri il ministro per la Coesione, Carlo Trigilia, ha annunciato che a maggio si è raggiunto il 40% della spesa certificata, il che sorpassa l’obiettivo nazionale e raddoppia il dato dall’autunno 2011. Il traguardo è lontano, ma abbiamo accelerato. «L’idea di un’agenzia che coordini la spesa è positiva», assicurano alla Commissione Ue. Si faccia. Proprio agli assegni europei per sviluppo e competitività è legata quella che, impropriamente, è detta l’operazione golden rule. Mercoledì prossimo la Commissione svelerà la strategia per scorporare dal conteggio del deficit temporaneamente – la parte di competenza nazionale del cofinanziamento dei progetti sostenuti da Bruxelles che abbiano incidenza diretta su crescita, occupazione giovanile e reti. Potrebbe essere una boccata di ossigeno da 3 miliardi, se va bene disponibili dal 2014.”

“No al caro-traghetti” In Sardegna ora scatta il blocco dei porti. L’articolo a firma di Nicola Pinna:

“Qualcuno ha dormito in macchina, qualcun altro ha aspettato sotto la pioggia. All’alba, prima dell’arrivo dei traghetti, l’ingresso del porto Isola Bianca era già presidiato: circondato dai camionisti, assediato dalle bandiere e dagli striscioni. Le auto e i camion non hanno trovato ostacoli allo sbarco, ma il blocco è scattato in serata all’ora dei nuovi imbarchi. A Olbia, come a Porto Torres, ma anche a Cagliari e Livorno. La protesta andrà avanti per i prossimi giorni. E i manifestanti assicurano che si interromperà solo se il ministero delle Infrastrutture riuscirà a convincere gli armatori ad abbassare i prezzi dei biglietti. Il motivo della mobilitazione è proprio questo: il caro traghetti che nel giro di due anni ha fatto fuggire i turisti e messo in crisi diversi settori economici della Sardegna. Primo tra tutti quello degli autotrasportatori.”

Juve-Milan, non solo Tevez. Sul mercato è sfida continua. L’articolo a firma di Laura Bandinelli e Massimiliano Nerozzi:

“Ci si gioca Tevez, per il quale Galliani ha molta fede: «Carlitos non mi tradisce…», confida sulla «Crociera rossonera», al largo di Senigallia. Certezza testimoniata da un sms (ore 21,11 di domenica sera) spedito da Kia Joorabchian, agente dell’argentino: gli si comunicava la «fedeltà» assoluta del suo assistito. Tevez, insomma, sarebbe pronto ad accettare la corte rossonera, più di quella juventina. Una passione che l’ad milanista coltiva da un anno, quando l’Apache fu già a un passo da Milanello. Da lì in poi Galliani ha tenuto ottimi rapporti e buona amicizia. La punta non fa impazzire Berlusconi, ma piace ad Allegri. Lo stesso gradimento che ha Antonio Conte, ed è per questo che la Juve s’è mossa, da mesi. Con pari convinzione: Tevez sarebbe disposto a venire da noi.”