Elezioni regionali: incognite, resa dei conti… ma nessuno vuole il voto

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Giugno 2015 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA
Elezioni regionali: incognite, resa dei conti... ma nessuno vuole il voto

Elezioni regionali

ROMA – La diserzione dalle urne era prevista, a conferma che nessun partito sembra ancora in grado di trascinare l’Italia al voto: compreso il Movimento 5 Stelle. E certamente le elezioni regionali non erano il richiamo più attraente per invertire la tendenza. Rimane da vedere se da questo nuovo crollo della partecipazione il governo uscirà più o meno indenne.

Come scrive Massimo Franco sul Corriere della Sera,

è un’ombra, quella ligure, in grado di trasformare il risultato del partito di Matteo Renzi in una nuova guerra di logoramento con la minoranza interna. Riproporrebbe due fantasmi in un colpo solo: quello di un Movimento 5 Stelle sempre forte e in grado di erodere voti anche a sinistra; e di una lista degli avversari renziani del Pd determinati a dimostrare che non è sempre un vincente. Per quanto locali, le elezioni di ieri dovevano consentire al premier di puntellarsi e di brandire il risultato come una clava da usare contro quanti hanno scommesso su un risultato ambiguo.

Il partito di Renzi ha fatto e disfatto la campagna elettorale. Ed è al suo interno, dunque, che bisogna aspettarsi contraccolpi: anche perché il suo calo rispetto alle europee del 2014 è vistoso. Il prezzo pagato è stato di immagine, di tensioni. Ma anche di voti. Ha pesato un sabotaggio elettorale, a volte larvato, altre esplicito. Ed è difficile pensare che quanto è accaduto rimarrà senza conseguenze traumatiche: soprattutto per il voto ligure (…)

“Nei partiti, dal Pd a Forza Italia, inizierà le resa dei conti e muterà profondamente la geografia politica” scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera.

Gli effetti si vedranno — prima che sul territorio — in Parlamento, dove i gruppi di Camera e Senato si scomporranno e ricomporranno, diventando il laboratorio delle future formazioni, il luogo delle ristrutturazioni e degli esperimenti a medio termine, dato che nessuno scommette (e punta) sulla fine anticipata della legislatura.
Tutto avverrà all’ombra del governo di Renzi, che ha vissuto la tornata elettorale con il fastidio di chi riteneva questo passaggio se non una trappola, quanto meno un intralcio al timing che si era dato: «Vinciamo ‘ste c… di Regionali e poi torniamo a lavorare», si era sfogato con il suo staff alla vigilia del voto. È chiaro che i destini del premier non si giocavano a Genova o a Napoli. È a Bruxelles che dovrà vincere la scommessa per puntare a vincere in Italia: economia e immigrazione sono le sfide che lo attendono, e non a caso ha annunciato che in settembre «bisognerà alzerà la voce in Europa».

Ma il voto delle Regionali ha anticipato quel momento, e oltre a raccontare con l’astensione l’ulteriore distacco dei cittadini dalla gestione della cosa pubblica, ha fatto emergere — specie in Liguria — quanto la rottura a sinistra abbia incrinato la forza del premier, consentendo a Berlusconi di assaporare l’idea della rivincita con Toti, per un clamoroso ritorno sulla scena. Come se non bastasse, le forze anti-sistema assediano sempre più la cittadella politica: da un mese Renzi monitorava l’aumento di consensi nei sondaggi dei grillini, oltre che dei leghisti. E se, in vista delle prossime elezioni, queste forze decidessero di sfruttare insieme i meccanismi dell’Italicum, diverrebbero una seria minaccia per Palazzo Chigi.

Il premier ha il tempo per scongiurare l’eventualità, e ha in mente lo schema da portare avanti: avanzamento delle riforme in Parlamento e chiarimento nel partito. Ma il voto di ieri rende tutto molto più complicato. A sinistra come a destra. Le urne in Liguria rappresentano un ostacolo per Salvini, che già oggi voleva presentarsi come leader indiscusso del centrodestra. La vittoria di Toti a Genova intralcerebbe però il suo progetto, perché Forza Italia potrebbe nascondere il suo tracollo di consensi con il successo del suo candidato, e riproporre per lo schieramento luno «schema» di alleanze — che comprende anche Ncd — a trazione moderata e non leghista. Anche se lo spoglio dei voti renderà evidente la forza preponderante di Salvini (…)