Emergenza tifo violento. Imbarazzo Stato, Renzi: “Sbagliato parlare con ultrà”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Maggio 2014 - 11:15 OLTRE 6 MESI FA
Emergenza tifo violento. Imbarazzo Stato, Renzi: "Sbagliato parlare con ultrà" (prima pagina Gazzetta dello Sport)

Emergenza tifo violento. Imbarazzo Stato, Renzi: “Sbagliato parlare con ultrà” (prima pagina Gazzetta dello Sport)

ROMA – In Italia, dopo la finale di Coppa Italia, è scoppiata l’emergenza tifo violento. E’ imbarazzo di Stato con Matteo Renzi che afferma “Sbagliato parlare con gli ultrà“. Nella sentenza che squalifica per 2 turni il San Paolo, viene ricostruito il dialogo dell’Olimpico tra Hamsik e Genny ‘a carogna: «E’ stata evitata l’invasione di campo». Ne parla La Gazzetta dello Sport nella sua apertura odierna con un articolo a firma di Francesco Ceniti e Maurizio Galdi che riporteremo di seguito per la nostra rassegna stampa quotidiana.

«I tifosi del Napoli intendevano invadere il campo qualora il capitano della loro squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi degli ultrà». Non c’è voluta una delibera ad hoc per rendere pubblico il segreto dell’Olimpico. E’ bastato il comunicato del giudice sportivo, Gianpaolo Tosel, scritto come sempre in modo burocratico, ma chiarissimo come l’acqua: senza il colloquio tra Hamsik e Genny ‘a carogna la finale di Coppa Italia non si sarebbe giocata. Non solo, il rischio era una guerriglia dalle proporzioni gigantesche che avrebbe messo in pericolo l’incolumità di oltre 70 mila persone, compresi tanti bambini.

Squalifiche e audizioni Le frasi di Tosel hanno un duplice effetto: il primo è motivare in modo puntuale e senza zone d’ombra la squalifica del San Paolo, con il Napoli costretto a disputare due gare a porte chiuse (più 60 mila euro di multa, mentre la Fiorentina è stata sanzionata con una partita senza tifosi nella curva Fiesole, pena sospesa, e 20 mila euro di ammenda). Il secondo è di sicuro più dirompente: rende ancora più evidente lo scontro tra istituzioni, dopo che il ministro dell’Interno (Angelino Alfano) ieri mattina aveva in una audizione alla Camera rispedito al mittente le critiche: «Non c’è stata nessuna trattativa con gli ultrà: la partita si sarebbe giocata. Hamsik sotto la curva è andato per una decisione del Napoli, serviva solo a calmare gli animi». Certo, una risposta alle tante domande poste dai parlamentari (di ogni colore), ma letto in controluce sembrava quasi un dire a nuora perché suocera intenda. E la suocera in questione ha le sembianze del premier Matteo Renzi, presente sabato sera all’Olimpico è molto duro su quello che aveva visto: «Parlare con gli ultrà è stato un errore». Un concetto chiaro, rinforzato a inizio settimana dal capo dello Stato: «Con certa gentaglia non si deve mai trattare». Parole che avevano creato un certo imbarazzo perché fin dal giorno successivo alla finale le istituzioni (Viminale in testa) hanno negato e alzato un muro sul termine «trattativa» usato dai media per spiegare il colloquio tra Hamsik e Gennaro De Tommaso.

Il verbale svelato La questione sembrava rientrata, ma ieri la Gazzetta dello Sport l’ha rilanciata, svelando l’esistenza di una verbale redatto dalla Procura federale. Una carta che ricostruiva quello che era accaduto in quei minuti e spiegava come quella passeggiata del capitano del Napoli fosse stata decisa come strategia per consentire la disputa della partita e soprattutto garantire l’ordine pubblico. Un colloquio decisivo nel quale Hamsik ci mette la faccia, rassicurando Genny ‘a carogna sulle condizioni del compagno ferito (creduto morto dal passaparola) e spiegando la natura degli incidenti fuori dallo stadio (estranei a una faida tra tifoserie rivali). Parole che diventano un lasciapassare: gli ultrà desistono dalla intenzione di invadere il campo. Questo ha raccontato la Gazzetta sulla base di fonti qualificate e informazioni precise. Il pezzo non deve essere passato inosservato in alte sfere. Di sicuro Alfano in modo indiretto, durante l’audizione, risponde anche alla Gazzetta e ribadisce la versione diffusa da giorni. Il capo del Viminale soprattutto è ben attento a far cadere qualunque dubbio sull’esistenza di una trattativa: «La sequenza dei fatti all’Olimpico, con l’atteggiamento di De Tommaso ha fatto nascere il sospetto che la partita si sia svolta dopo l’assenso del capo ultrà. In realtà nessuna trattativa c’è stata, la gara si sarebbe svolta comunque anche per scongiurare rischi da deflusso». Insomma, nessun accordo e passeggiata di Hamsik decisa dal Napoli in modo autonomo.

La versione di Tosel Passano poche ore e il giudice sportivo con il suo comunicato spiega i fatti in modo molto diverso. Lo fa attingendo a pieni mani alla relazione stilata sabato notte dagli ispettori della Procura federale presenti all’Olimpico. Quindi la carta svelata dalla Gazzetta c’è. Eccome se c’è. Ed è destinata a creare imbarazzo perché sottolinea: «Verso le ore 20.45 alcuni steward avevano riferito ai collaboratori della Procura federale che i sostenitori del Napoli intendevano invadere il campo qualora il capitano della loro squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi ultrà. Il vice procuratore Ricciardi contattava il dottor Failla (responsabile dell’ordine pubblico) in quanto gli steward erano allarmati dalle richieste dei tifosi campani. Dopo i colloqui intercorsi tra Failla e i dirigenti del Napoli, il capitano veniva scortato sotto la Curva Nord, ove rassicurava i tifosi, comunicando loro che l’incidente occorso ai tifosi feriti circa 3 ore prima della gara non aveva alcun collegamento con ragioni di tifoserie e/o di Polizia». Tosel va oltre: «Hamsik trovava come interlocutore un individuo (Genny ‘a carogna), postosi a cavalcioni della vetrata delimitante la Curva Nord. Alla conclusione del “colloquio”, con 45’ di ritardo, la gara poteva iniziare».

La minaccia Ricapitoliamo: nel verbale si spiega come il responsabile dell’ordine pubblico contatta i dirigenti del Napoli perché preoccupato di una possibile invasione di campo. Gli ultrà vogliono parlare con la squadra e il rischio di una guerriglia è ritenuto talmente credibile dalle istituzioni che si decide di assecondare la richiesta. Il motivo è semplice: è l’unico modo per garantire tutti gli spettatori. E solo un giocatore può metterci la faccia e convincere gli ultrà a fare un passo indietro. Tosel lo mette nero su bianco: «Il Napoli deve essere sanzionato per l’atteggiamento gravemente intimidatorio assunto dai propri sostenitori, che avevano minacciato l’invasione del terreno di gioco qualora il capitano non avesse fornito ai capi curva delucidazioni sul ferimento di tre tifosi partenopei, avvenuto fuori dallo stadio. Una minaccia grave e credibile di cui vennero evitate le possibili conseguenze per la sicurezza pubblica attuando “il dialogo” richiesto dagli ultrà». Tutto chiaro? No, perché nella tarda serata di ieri Stefano Palazzi scende in campo cercando una difficile quadratura del cerchio: «Da giurista (e non da capo della Procura della Figc, ndr) posso solo dire che l’analisi della motivazione della decisione del giudice sportivo non consente la conclusione che ci sia stata una trattativa». Il cortocircuito istituzionale (sportivo e ordinario) è evidente. Da una parte la trattativa è negata (e non ci capisce il perché visto che era funzionale a garantire l’ordine pubblico) dall’altra sembra evidente. Forse è proprio il termine «trattativa» a creare frizioni. E se provassimo a usare un sinonimo? Tipo negoziazione o mediazione…

Palazzi dubbioso procuratore federale Palazzi spiega:
«Da giurista posso solo dire che l’analisi della motivazione della decisione del giudice sportivo non consente la conclusione che ci sia stata una trattativa».
Il San Paolo è stati chiuso per 2 gare per alcune «condotte violente» spiegate dal giudice Tosel. «Un’ora circa prima dell’inizio della gara, un migliaio di sostenitori del Napoli, in parte sprovvisti di biglietto di ingresso alla stadio, avevano forzato un cancello di pre-filtraggio ed un tornello». C’è poi la minaccia di «invadere il campo qualora il capitano della loro squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi degli ultras». Una «minaccia grave e “credibile”, di cui vennero evitate le possibili conseguenze per la sicurezza pubblica attuando “il dialogo” richiesto dagli “ultras”». Ad aggravare il quadro, la maglia con la scritta «Speziale libero» e l’invasione finale «non certo “festosa” per le appropriazioni e le provocazioni che l’hanno caratterizzata».