“Esposto e nuova circolare. Altro duello Bruti-Robledo”, Luigi Ferrarella sul Corriere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Giugno 2014 - 11:51 OLTRE 6 MESI FA
Esposto e nuova circolare Altro duello Bruti-Robledo

Esposto e nuova circolare Altro duello Bruti-Robledo

ROMA – La crisi che tormenta la Procura della Repubblica di Milano ha avuto nuovi sviluppi, su cui riferisce Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera. Luigi Ferrarella dedica anche al tema un esemplare commento, che il Corriere della Sera ha pubblicato come articolo di fondo.

Nuovo botta e risposta fra un esposto del procuratore aggiunto Alfredo Robledo contro il capo Edmondo Bruti Liberati, e un’ulteriore circolare di Bruti che limita il ruolo di Robledo. Questi ha inviato al Csm un secondo esposto, stavolta contro la «palesemente illegittima» direttiva con la quale giorni fa Bruti ha stabilito che gli indagati Rognoni e Paris fossero interrogati solo da 3 dei 4 coassegnatari del fascicolo: Filippini-Pellicano-Polizzi, non Robledo. Per il quale l’«evidente» intento di Bruti è «non delegare gli atti ai tre sostituti, ma escludere me. Non c’è ragione per cui io non possa partecipare a quegli atti (…) essendone titolare dall’origine».

La controrisposta di Bruti è diramare ieri una nuova circolare: «in ragione del coordinamento» delle indagini Expo «che il Procuratore ha riservato a se stesso», «viene meno il coordinamento già attribuito agli Aggiunti coordinatori» del pool tangenti. Cioè il ruolo di Robledo, a tutela del quale chiede una pratica al Csm il togato di Magistratura indipendente Racanelli. Sul fronte delle indagini, l’interrogatorio dell’imprenditore Enrico Maltauro, depositato dai pm Gittardi e D’Alessio, lascia uno scorcio sul progetto della Città della Salute: all’aggiudicazione «avrei dovuto corrispondere una somma a Frigerio, Cattozzo e Greganti, che nel silenzio delle parti poteva quantificarsi nell’1%» di 323 milioni.

Continua Luigi Ferrarella:

Chi ottimisticamente non credeva che al Consiglio superiore della magistratura(Csm) una settimana fa potesse davvero «finire così», cioè a tarallucci e vino sullo scontro senza precedenti tra capo e vice alla Procura di Milano, dopo la pilatesca non-scelta del Csm ora non può credere che possa «continuare così»: cioè a piatti in testa ogni giorno, a colpi di circolari di Bruti Liberati che svuotano Robledo e di nuovi esposti al Csm di Robledo contro Bruti Liberati, per la gioia degli indagati (sinora nelle inchieste Sea, Expo e firme false) che si tuffano nelle contraddizioni regalate loro.

A parziale discarico dei pubblici ministeri milanesi va però osservato che il silenzio imbarazzato dell’intera categoria dei magistrati e l’impasse dei propri meccanismi di controllo sembrano stare facendo di tutto per disorientare i cittadini, intaccare un ventennale capitale di credibilità nella Procura italiana faro di indipendenza e capacità, indebolire la profondità delle indagini, e rendersi incomprensibili agli operatori stranieri che guardano a Expo 2015.
Da tre mesi i magistrati, di solito sensibili alle minacce alla propria indipendenza sia esterna sia interna, mettono la testa sotto la sabbia per fingere di non vedere quanto sia cruciale sciogliere il nodo dei poteri e doveri dei capi degli uffici giudiziari alla luce dei frutti avvelenati della gerarchizzazione delle Procure in base alle norme del 2006/2007. Le correnti, concentrate invece sulle elezioni per il rinnovo del Csm il 6 e 7 luglio, non fanno che strumentalizzare l’appoggio a priori a Bruti o a Robledo solo per contrapposti interessi di bottega. Fino al punto che al fondamentale autogoverno della magistratura abdica proprio chi dentro l’istituzione Csm, invece di incarnarlo, o non si è trattenuto dall’invocare l’interferenza esterna di una ispezione del ministero della Giustizia (dove è sottosegretario il capocorrente di chi la chiedeva pro-Robledo), o ha chinato il capo all’inopportuna anticipazione di giudizio pro-Bruti palesata a mezzo stampa dal vicepresidente Vietti dopo un incontro con il capo dello Stato. Così come i primi a svalutare le conclusioni proposte dalle due commissioni sono stati proprio i relatori che le avevano vergate, precipitatisi a ritirarle e a depennare talune flebili critiche a Bruti appena diffusasi la notizia dell’esistenza di una misteriosa missiva del presidente della Repubblica a Vietti: lettera di cui un uso improprio e ambiguo è stato consentito dal rifiuto di Vietti di leggerla ai consiglieri del Csm perché «allo stato non ostensibile».