Il Fatto: “Grilli, la casa e il mistero dei lavori ai Parioli”

Pubblicato il 23 Gennaio 2013 - 10:24| Aggiornato il 16 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La casa ai Parioli comprata sottocosto dal ministro anti-evasione Vittorio Grilli? A sganciare la bomba era stata l’agenzia di stampa economica Bloomberg che, in un’inchiesta a fine dicembre, aveva rilevato come il ministro uscente avesse chiesto un mutuo superiore al prezzo di acquisto dichiarato per la sua casa e lasciava intendere come Grilli potesse aver ceduto a una prassi molto comune all’epoca: dichiarare meno del valore reale della casa per pagare un’imposta di registro più bassa. Ancora una volta c’è di mezzo una casa a mettere nei guai un ministro ma Grilli non ci sta e in una lettera inviata all’agenzia newyorchese spiega la disparità degli importi.

Stefano Feltri, sul Fatto Quotidiano, rimette ordine tra le notizie susseguitesi da quando è scoppiato il cosiddetto “caso-mutuo”. Ricapitolando, a dicembre l’agenzia aveva riportato alcune carte secondo le quali Grilli avrebbe dichiarato nell’atto di compravendita di un appartamento nel quartiere Parioli di Roma, risalente al 2004, di aver pagato 1 milione e 65 mila euro, ma di aver chiesto e ottenuto un mutuo ipotecario di 1,6 milioni. Ma secondo il contratto di mutuo in possesso di Bloomberg, la banca e lo stesso Grilli attribuivano all’immobile un valore di 2,03 milioni di euro.

Il mutuo, spiega il ministro, era basato su valutazioni della proprietà che “prendevano in considerazione l’effettivo stato dell’immobile comprensivo delle migliorie operate” da “un congiunto del venditore”, con il quale c’è stata “una autonoma regolazione avvenuta lo stesso giorno della stipula dell’atto definitivo notarile, con un pagamento del tutto trasparente e tracciabile“.

Dunque, scrive il Fatto, Grilli avrebbe “comprato la casa da Massimo Tosato, già allora residente a Londra e oggi vicepresidente del fondo di investimento Schroeder’s. A lui ha pagato 1,065 milioni mentre un suo “congiunto” di cui non vengono indicati dettagli avrebbe versato altri soldi per lavori” di ristrutturazione. La banca ha quindi concesso un mutuo superiore al prezzo di acquisto perché i periti hanno valutato l’effettivo stato dell’immobile, “comprensivo delle migliorie operate dal predetto soggetto diverso dal venditore”.

Ma le motivazioni del ministro, secondo il Fatto, non convincono. Il tributarista Raffaello Lupi dell’università Cà Foscari, raggiunto dal giornale ha spiegato: “Il valore dei lavori a voler essere pignoli è una parte di quello dell’immobile”. E poi: “La scelta di dividere in due il pagamento ha una forte controindicazione. Mentre la somma incassata da Tosato non era praticamente tassata, il resto sarebbe finito nell’Irpef del congiunto. Una scelta fiscalmente masochista”. A meno ché il congiunto non fosse anche lui residente all’estero.

Sono molti gli interrogativi irrisolti ma Grilli è deciso a voler mettere un punto alla vicenda. L’inchiesta di Bloomberg gli ha certamente messo i bastoni tra le ruote, lui che dal dicastero delle Finanze era già proiettato verso una banca d’affari. Nella lettera conclude così: “Le notizie superficiali e poco professionali da Voi divulgate hanno comportato come effetto diretto un grave pregiudizio alla mia immagine professionale ed alla mia dignità, con inevitabili ripercussioni negative, economicamente ponderabili, anche con riferimento ai possibili futuri incarichi sia in ambito nazionale che internazionale”. E, aggiunge, “dei vari profili di danno sopra enunciati intendo essere risarcito da Codesta Agenzia nelle competenti sedi”.